Il “semestre Covid-19” (da inizio marzo a fine agosto) pesa anche sul commercio mondiale di vino, con una contrazione senza precedenti.
Il responso delle dogane
Nei Paesi extra-Ue - secondo le elaborazioni dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su base doganale - gli scambi complessivi di vino hanno subito infatti un calo a valore del 15,2%, con una perdita equivalente di circa 1,4 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
I dieci top importer
Il decremento più significativo è relativo alle bollicine (-28,8%) che, sgasate dal lockdown, perdono quota in tutti i 10 mercati top importer, che rappresentano il 92% del commercio extra-Ue.
In tutto ciò il vino italiano, pur registrando il peggior risultato degli ultimi trent'anni, riesce a contenere le perdite e a chiudere il semestre di emergenza sanitaria a -8,6%, dopo un eccellente avvio di anno.
Nel primo bimestre il trend segnava infatti +14,5%. Per avere un raffronto, la Francia nello stesso periodo ha accusato una perdita del 27,7% tre volte superiore alla nostra.
Giro di vite sul commercio globale
Nel semestre più difficile per la storia e il business del vino è di 7,7 miliardi di euro il valore totale delle importazioni di vino nei Paesi terzi nel 'semestre Covid-19' a fronte di 9,1 miliardi di euro registrati nel pari periodo del 2019, secondo dati dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma.
Le performance dei top 5 extra Ue
A perdere terreno sono 8 tra i 10 top buyer considerati e tutti i primi 5 principali mercati extra-Ue:
- Usa (-20,7%),
- Regno Unito (-6,8%),
- Cina (-35,5%),
- Canada (-7,9%),
- Giappone (-17,5%).
Bollicine “sgasate”
A farne maggiormente le spese, come detto, proprio la tipologia che è cresciuta di più negli ultimi anni: gli sparkling pagano infatti con un -28,8% e trend negativo in tutte le piazze della domanda, con quella statunitense che paga oltre 1/3 delle vendite in valore.
Perdono la metà rispetto alle bollicine i fermi imbottigliati (-14,7%), a partire dalla Cina (-35,8%), con cali sopra la media anche da parte di Usa e Australia.
La chiusura dell’Horeca pesa sui prezzi
In generale, secondo il responsabile dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor
Denis Pantini, la contrazione del prezzo medio è da addurre a 2 fattori: le grandi difficoltà del canale horeca e di conseguenza dei vini a maggior valore e le condotte speculative lungo la filiera.
«Ma è una perdita che è una mezza vittoria»
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «In un altro periodo l'export
in calo di quasi il 9% significava crisi, oggi è una mezza vittoria se si guardano i competitor, ma il bicchiere rimane comunque mezzo vuoto e a pagare sono soprattutto le piccole e medie imprese di qualità, asse portante del made in Italy. A wine2wine exhibition & forum (22-24 novembre) faremo il punto sul settore e sulle alternative commerciali direttamente con gli attori internazionali del mercato».