Vinificazione dei rossi in tini di legno.
Fermentazione con lieviti autoctoni e senza termocondizionamento.
Vinificazione dei bianchi in particolari serbatoi inox AISI 316, stretti e lunghi, costruiti da un produttore locale su indicazioni precise di Salvo Foti.
Ma soprattutto la vinificazione del Nerello Mascalese negli antichi palmenti recuperati.
SINTESI DELL’ARTICOLO PUBBLICATO SU VVQ 3/2021
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Un Palmento su tre livelli
Il sistema di vinificazione più antico, un tempo diffuso in tutta la Magna Grecia, viene sfruttato da I Vigneri e impiegato per la pressatura, fermentazione e macerazione di un solo vino rosso.
«Nel nostro lavoro quotidiano cerchiamo l’armonia con la natura, con noi stessi e con il vulcano di cui ci sentiamo parte, e non al di sopra»
È quello tradizionale etneo, utilizzato da centinaia di anni e rappresentante l’anima dell’enologia locale: il Palmento. Un tempo ogni vigneto di proprietà era dotato di una costruzione rurale che comprendeva, da una parte, un’abitazione per la famiglia del proprietario e, dall’altra, il palmento, per la trasformazione dell’uva.
Costruiti in pietra lavica, i palmenti erano delle capienze più svariate – proporzionati all’estensione vitata di proprietà di ogni viticoltore – e per la vinificazione, attraverso opportuni sistemi di canalizzazione, sfruttavano la forza di gravità, grazie alla naturale pendenza e all’orografia accidentata del territorio: piano pigiatura, tini di fermentazione, zona torchiatura e cantina si trovavano ubicati a quote diverse.
Salvo Foti ha recuperato, migliorato e adeguato tecnologicamente il palmento de I Vigneri, sviluppato su tre zone digradanti.
La “pista” per la pressatura
«Il primo livello, la cosiddetta “pista”, nella parte più alta del palmento, ha pavimento in pietra lavica e pareti ricoperte da coccio pesto; qui – con i piedi o con macchina pigiatrice – avviene la pressatura dei grappoli, i quali, in un secondo momento, vengono spinti a mano nell’ambiente sottostante, la “tina”, dove si svolgono fermentazione e macerazione».
«In cantina cerchiamo
di curare ed esaltare
il più possibile la materia prima che arriva
dal vigneto»
L’estrazione nella “tina”
Quest’ultima è un’ampia vasca in pietra lavica ricoperta in coccio pesto, larga, ma bassa, e consente di usufruire di una superficie di scambio elevata tra le bucce e il mosto. «La tina – prosegue Foti – è il contenitore ideale per il Nerello Mascalese, al fine di estrarre quanto più possibile antociani e polifenoli; dopo una settimana di fermentazione-macerazione si passa alla svinatura, una fase per la quale, sempre per gravità, il vino viene indirizzato verso il livello sottostante, il “ricivituri”».
Affinamento in terracotta
Altre pratiche tradizionali vengono rispettate durante le operazioni di cantina, come nel caso di travasi e procedure di imbottigliamento, per effettuare le quali l’azienda tiene conto delle fasi lunari e di alcuni antichi simboli vitivinicoli, o, ancora, come per l’affinamento breve del vino prodotto nel palmento (6-8 mesi), per cui si impiegano più anfore di terracotta interrate, posizionate in una cantina attigua al palmento stesso.
Nuova vita al Consorzio de I Vigneri
Ad oggi I Vigneri produce circa 25.000 bottiglie per vendemmia – nel giro di qualche anno dovrebbero attestarsi sulle 35.000 – quasi esclusivamente destinate al canale HoReCa nazionale ed estero, quest’ultimo pari al 75% del totale – USA, Canada, Giappone, Germania, Inghilterra e Nord Europa sono i mercati di riferimento.
«Vado fiero di tutti i nostri vini, a partire da quelli di punta e storici (prima annata 2001), il Vinupetra Etna rosso e il VignadiMilo Etna Bianco Superiore: ogni prodotto è l’espressione di una particolare parcella e di uno specifico sistema di vinificazione, appositamente studiato. Fin dall’inizio abbiamo compiuto precise scelte di mercato: il nostro è un vino di nicchia e necessita di accurati partner commerciali e promozionali, con cui abbiamo, prima di tutto, un rapporto umano.
Per tutelare il marchio, che diversi anni fa ha subito un plagio, imbottigliamo in vetri personalizzati che riportano impresso il nostro logo». Esso raffigura una vite ad alberello centenaria a seguito della potatura, simbolo che risale al 1435, anno nel quale, a Catania, fu fondata per la prima volta la “Maestranza dei Vigneri”, storica associazione dei professionisti della vigna operante sull’Etna.
Dopo quasi 600 anni questo gruppo di viticoltori etnei è stato ricreato dallo stesso Foti, che nel 2009 ha rifondato il Consorzio de I Vigneri con l’obiettivo di unificare le aziende vitivinicole del territorio aventi in comune il rispetto per l’ambiente e per l’uomo, la coltivazione della vite ad alberello, i vitigni autoctoni e un team locale di viticoltori e professionisti.
Valorizzare e preservare il territorio
Il Consorzio, ancor prima di essere costituito legalmente, ha iniziato a operare sull’Etna nei primi anni Duemila e, in seguito, si è concentrato anche su diversi altri territori vocati della Sicilia Orientale. «Oggi le aziende aderenti sono sette – riferisce Foti – dislocate in alcune zone della regione a più alta vocazione vitivinicola e in ambienti dal particolare pregio paesaggistico e culturale: isole Eolie, Pantelleria, Noto.
I proprietari sono imprenditori, contadini, sommelier, professionisti, siciliani, italiani e stranieri che hanno voluto condividere una filosofia ben precisa: produrre vino valorizzando e custodendo il territorio». Gli ettari complessivi dei soci sono una trentina – un ettaro mediamente conta 8.000 viti, contro le 3.500 viti di un ettaro di vigneto meccanizzato a spalliera – e ogni impresa produce diverse tipologie di vini, dai bianchi ai rossi e rosati, dagli spumanti ai passiti, per un totale di oltre 200mila bottiglie, sulle quali è impresso il simbolo della vite ad alberello.
Salvo Foti, nei confronti delle varie aziende consorziate, ricopre un ruolo di guida, formazione e consulenza vitivinicola relativamente a tutti i processi produttivi e, spesso, si occupa anche di aspetti tecnico-promozionali e di divulgazione.
«Per me il Consorzio rappresenta una bellissima opportunità, un mezzo per realizzare una vita carica di umanità – specifica –. Oggi lavoriamo sulla formazione dei giovani viticoltori, con corsi pratici di viticoltura siciliana ed etnea, poiché crediamo che – proprio come recitava lo statuto costitutivo della Maestranza dei Vigneri nel 1435 – la nostra prima finalità sia il trasferimento delle conoscenze, dell’esperienza e della nostra civiltà contadina alle generazioni future.
L'obiettivo della continuità
Le vigne che impiantiamo oggi, così come i vini che produciamo, se ben curati nel tempo, ci sopravvivranno. La continuità, sotto ogni punto di vista – produttivo, qualitativo, economico e umano – è ciò a cui più aspiro: per questo la scelta di affiancarmi dei miei figli, uno enologo e l’altro diplomato presso il liceo viticolo di Beaune, in Borgogna, rappresenta e incarna il mio maggior successo e la mia più grande soddisfazione».
L'alberello etneo: uve eccellenti e vigneti duraturi
Il sistema di coltivazione utilizzato da I Vigneri è quello della più antica tradizione vitivinicola etnea: l’alberello, sistema di allevamento con circa 2000 anni di storia, caratterizzato da un’alta densità d’impianto (8-10.000 piante/ettaro), vincola il produttore a prendersi cura di ogni singolo esemplare di vite, rispettandone le esigenze naturali.
«Se svolta da viticoltori con esperienza e sensibilità, la coltivazione ad alberello non sfrutta le piante, né il territorio, tant’è che le viti possono vivere anche centinaia di anni – spiega Salvo Foti –».
«Esse divengono talmente armonizzate al loro ambiente che sono in grado di produrre uve eccellenti anche senza concimi e antiparassitari di sintesi».
«Il frutto matura nelle migliori condizioni possibili, in modo naturale, e durante la vinificazione occorre semplicemente stare attenti a non rovinare la materia prima che arriva dal vigneto, applicando alcune semplici tecniche di vinificazione e molta igiene».
Essere green: l’unica scelta possibile
L’ecosostenibilità, in azienda, è adottata anche in cantina:
- le bottiglie vengono acquistate da un fornitore certificato a basso impatto ambientale;
- parte dell’energia elettrica e termica necessaria alla produzione enologica è ottenuta tramite il solare fotovoltaico,
- l'azienda attua il riciclaggio del materiale di risulta delle potature invernali dei vigneti;
- è attivo un sistema di raffreddamento naturale della bottaia che sfrutta i venti freddi provenienti da Nord, un processo che si rifà alla cosiddetta “torre del vento iraniana”, un’architettura che permette di convogliare le correnti d’aria fredda all’interno di un intrecciato labirinto costruito sotto il pavimento della bottaia, al fine di favorire la circolazione dell’aria.
«Cerchiamo di utilizzare e promuovere soluzioni green ogni volta che ci è possibile – conclude il produttore –, poiché siamo consapevoli che la strada è ancora lunga e tanto c’è da fare. A breve, proprio per questo, investiremo ulteriormente sulle energie rinnovabili solare ed eolica, risorse che abbiamo la fortuna di poter sfruttare ampiamente sul nostro territorio».