Flavescenza dorata, ancora tu?
Quella che oggi è la più seria minaccia per la viticoltura italiana non è un avversario nuovo.
In Italia il fitoplasma è infatti arrivato, dalla Francia, nella seconda metà del secolo scorso, tra la fine degli anni ’70 e i ’90. Oltralpe le prime segnalazioni risalivano al 1950, le prime gravi epidemie nel nostro Paese si sono registrate invece solo nell’ultimo decennio del secolo, tanto da rendere necessaria l’attivazione della lotta obbligatoria in Europa fin dal 2000. La Dir.Ue 2000/29 dell’8/05/2000 (che in Francia ha, per reazione, fatto da innesco per lo sviluppo del movimento dei vini naturali) è stata subito applicata nel nostro Paese tramite il Dm del 31 maggio 2000 a cui hanno fatto seguito alcuni decreti regionali annuali.
Un piano che aveva funzionato
Il piano di lotta basato su un attento monitoraggio, trattamenti insetticidi ben posizionati ed espianto scrupoloso delle viti sintomatiche ha ottenuto successi significativi in Veneto (meno in Piemonte). Lo ha ricordato Elisa Angelini del Crea Viticoltura ed Enologia nel corso del convegno “Flavescenza dorata: una fitopatia da conoscere e contrastare” organizzato da Confagricoltura presso l’Auditorium Antinori, nella prestigiosa cantina nel Chianti Classico a Bargino, San Casciano Val di Pesa (Firenze).
La recrudescenza della malattia negli ultimi tre anni ha portato a una decisa espansione delle fallanze in vigneto (FD, se non contrastata, ha un esito letale per la vite). Le aree più colpite nel nostro Paese sono: Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, e anche in Toscana e Marche sono stati segnalati nuovi focolai. In Europa FD è presente in tutto l’arco alpino, nei Balcani, in Spagna e in Portogallo.
Le cause dell'espansione
Ma a cosa è dovuta questa espansione? In Veneto il progetto regionale FD.New sta indagando sulle cause. C'entra sicuramente il cambiamento climatico che favorisce il ciclo biologico del vettore, la cicalina Scaphoideus titanus, la cui presenza è in deciso aumento; ci saranno forse dei nuovi vettori ed altRe piante ospiti da individuare, ma quello che sta incidendo di più è la mancanza di contromisure efficaci.
La revoca delle contromisure più efficaci
Angelini ha infatti ricordato che gli insetticidi un tempo più efficaci (chlorpyrifos metile ed etile, thiametoxam, flufenoxuron), con un’attività in campo superiore all’80% e una persistenza fino a 30 giorni dal trattamento, sono stati revocati, per effetto della stretta della normativa fitosanitaria Ue, dal 2020.
Gli insetticidi che oggi abbiamo a disposizione (acetamiprid, flupyradifurone) hanno un’efficacia e una persistenza minore. I piretroidi, largamente utilizzati nei vigneti biologici, hanno alcune importanti controindicazioni. La loro efficacia è infatti minore, la persistenza nulla e il largo spettro d’azione ha il negativo effetto collaterale di limitare gli insetti utili, provocando, come un boomerang, il ritorno di pericolose acariosi che eravamo riusciti a controllare curando l’equilibrio biologico dell’habitat vigneto.
Il ritorno dei ragnetti
Tanto che il Ragnetto rosso (Panonychus ulmi) e quello giallo (Eotetranychus carpini) sono un problema ri-emergente a causa della rarefazione dei fitoseidi, loro predatori naturali.
La convivenza con la fitoplasmosi non è più possibile, servono, quindi, nuove soluzioni più ecosostenibili da accostare alla lotta tradizionale. «Servono soprattutto – ammonisce Angelini – maggiori fondi per consentire alla ricerca di mettere a punto queste nuove soluzioni».
I filoni di ricerca più promettenti
Il fitoplasma della Flavescenza dorata è infatti difficile da studiare, non è coltivabile in vitro, tanto da rimanere tuttora non pienamente identificato (Candidatus Phytoplasma vitis).
I filoni più promettenti riguardano:
- Endosimbionti;
- Parassitoidi e predatori;
- Induzione di resistenza;
- Silenziamento genico
- Sviluppo di nuove varietà resistenti attraverso le nuove tecniche di miglioramento genetico (Tea).
Il simbionte Asaia
Riguardo al primo punto gli studi di Alberto Alma del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino hanno verificato l’effetto di Asaia sp., endosimbionte naturale già presente nelle popolazioni europee di S. titanus.
Nella cicalina modello Euscelidius variegatus, vettore sperimentale di FD, nelle prove di Gonella et al. gli insetti colonizzati da Asaia hanno mostrato una riduzione significativa della capacità di acquisizione del fitoplasma di FD.
Parassitoidi cercansi
Le speranze riguardo ai parassitoidi sono state invece frustrate in passato dal cattivo esito delle prove con parassitoidi importati dagli States (quelli presenti in Europa sono infatti generalisti e con livello di parassitizzazione inferiore all’1%). Da 20 anni non si eseguono nuove prove e secondo Angelini i risultati ottenuti contro Metcalfa pruinosa e Halyomorpha halys dovrebbero incoraggiare nuovi tentativi.
Induttori di resistenza
Risultati ottenuti da elicitori come acibenzolar-S-methyl sembrano dimostrare la possibilità di attivare la stimolazione delle difese naturali della vite nei confronti del fitoplasma. Alcune prove con altri prodotti sono in corso al Crea-VE.
RNA-i, come applicarlo?
Il silenziamento genico basato sulla tecnologia dell’RNA interferente (ancora sperimentale in Europa) sembra in grado di controllare, anche in questo caso, le interazioni pianta-patogeno-vettore.
Nel vettore sperimentale E. variegatus i trattamenti con RNAi hanno portato a mortalità, mancanza di sviluppo delle uova e sterilità nelle femmine.
In S. titanus il silenziamento di un gene chiave (ATP synthase β) ha interferito con lo sviluppo delle uova della cicalina. Il problema ancora irrisolto riguarda l'individuazione della tecnica per applicare l’RNAi al vettore in vigneto.
Resistenza, due direzioni per la ricerca
«Riguardo alla resistenza – ha evidenziato Mario Pezzotti della Fondazione Mach – la ricerca ha due grandi capitoli da approfondire: il rapporto tra fitoplasma e vettore e il rapporto tra fitoplasma e pianta ospite».
Solo una volta capite queste interazioni si potrà immaginare di sviluppare varietà di vite tolleranti o resistenti attraverso le nuove biotecnologie sostenibili.
Gli studi in corso partono dalla constatazione che le diverse varietà di vite sono più o meno suscettibili alla FD. I tratti genetici associati alla resistenza a FD sono però ancora completamente sconosciuti, nonostante l’attivazione di specifici progetti ricerca (Progetto H2020 TropicSafe).
Progetti simili sono in corso anche in Francia, dove si stanno anche studiando le proteine che consentono l’interazione tra il fitoplasma e il vettore, per riuscire a inattivarle.
Difendere la resistenza
«Tutti questi metodi – commenta Angelini –, una volta che saranno messi a punto, possono aiutarci a contenere le popolazioni del vettore aumentando la sostenibilità ambientale e sociale della difesa nei confronti di FD».
«Ma attenzione – ammonisce – la resistenza va difesa: le nuove misure dovranno perciò essere accompagnate da protocolli di difesa classica, per quanto ridotti come numero di applicazioni».
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