Nesos, produrre e degustare un vino di 2500 anni fa

Il ripescaggio delle nasse di vimini dove sono posti ad appassire i grappoli di Ansonica da cui si ricaverà Nesos
Rivisitazione moderna della tecnica di appassimento che gli etruschi hanno appreso dagli antichi greci. I grappoli di Ansonica appassiti nelle profondità marine e poi invecchiati nelle anfore di Chio riportano alla luce i canoni sensoriali dell’epoca classica

Nesos, il vino realizzato all’Isola d’Elba da Antonio Arrighi in collaborazione con Attilio Scienza dell’Università di Milano e Angela Zinnai dell’Università di Pisa, è un esperimento di archeologia sperimentale che, riproducendo nei dettagli i metodi utilizzati per la produzione del pregiatissimo vino di Chio commerciato dai Greci in tutto il Mediterraneo, ha riproposto e permesso di degustare una delle prime frodi commerciali della storia, congegnata quasi 2500 anni fa dagli Etruschi ai danni dei produttori della piccola isola dell’Egeo.

Una grande attesa internazionale

Attilio Scienza e Stefano Arrighi hanno raccontato la storia di questo vino unico, prodotto in poche decine di bottiglie, proposto in degustazione alla stampa il 15 febbraio a Firenze in occasione di Primanteprima, l’inaugurazione delle Anteprime dei vini toscani, per presentare un esempio virtuoso di integrazione tra ricerca, storia, arte e cultura della vite e del vino. Un progetto per certi versi semplice che ha fatto parlare di sé in tutto il mondo e sul quale è stato realizzato il documentario Vinum Insulae del regista Stefano Muti, premiato al 26° Festival Oenovideo di Marsiglia.

Nelle anfore di Chio i progenitori di Inzolia e Ansonica

Tutto parte dai ritrovamenti in diverse regioni mediterranee delle anfore prodotte dagli Etruschi a perfetta imitazione del design dell’anfora di Chio, che la tradizione vuole disegnata da Prassitele e dall’identificazione delle analogie genetiche tra l’Inzolia o Ansonica e due vitigni già anticamente coltivati nelle isole egee, il Rhoditis e il Sideritis, caratterizzati dalla buccia particolarmente resistente. La ricostruzione storica spiega come le anfore di Chio possano aver raggiunto l’Etruria. I navigatori greci di ritorno dal Sud della Francia facevano scalo all’Isola d’Elba per caricare il ferro e trasportarlo in patria ed è lì che vennero in contatto con la civiltà Etrusca, che ne carpì i segreti della produzione di uno dei vini più pregiati del tempo.

Una tecnica “talassoterapica”

La tecnica usata da Antonio Arrighi nel 2018 e nel 2019 è stata quella applicata dai produttori di Chio e imitata dagli Etruschi: le uve sono state poste all’interno di ceste di vimini e immerse in mare a una profondità di 7-10 metri per 5 o per 3 giorni, successivamente esposte al sole per l’appassimento sui cannicci e quindi diraspate a mano e fatte fermentare nelle anfore.

È il sale che facilitando la rimozione della pruina dalla superficie degli acini e penetrando per osmosi al loro interno migliora il processo di appassimento, facilita l’estrazione dei costituenti nobili e svolge un’azione conservante, fondamentale nei trasporti per mare, nella successiva vinificazione in anfora, realizzata come in passato senza uso coadiuvanti o di solfiti.

Canoni sensoriali ancestrali

«Si tratta di un vino che esce dai canoni sensoriali moderni - ha commentato Attilio Scienza - In 10.000 anni da quando l’uomo produce vino i gusti sono cambiati in continuazione e il salto di qualità c’è stato soltanto più o meno nel 1800. Quello che penso è che questo vino ci porti ad avere emozioni diverse che non sono un invito di ritorno al passato ma di rispetto per la storia dei vitigni, i suoi rituali e il suo significato simbolico».

Il paradosso: con il sale, più zucchero

Le analisi svolte nell’ambito di due tesi di laurea di Viticoltura ed Enologia dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, hanno evidenziato come ha spiegato Angela Zinnai, una maggiore concentrazione in zuccheri degli acini sottoposti al trattamento in mare, oltre che una salinità più elevata e contenuti in composti fenolici doppi rispetto ai testimoni non trattati.

«C’è stata molta richiesta e un interesse che ha superato qualsiasi attesa - ha spiegato Antonio Arrighi -.Per il futuro l’intenzione è di continuare nell’esperienza per arrivare a produrre almeno 150-200 bottiglie.  Ma già l’emozione davanti alle due anfore di Nesos al momento della prima degustazione con Attilio Scienza di vivere un’esperienza e assaggiare un vino prodotto come 2500 anni fa è stata grande».

Nesos, produrre e degustare un vino di 2500 anni fa - Ultima modifica: 2020-02-27T17:30:39+01:00 da Lorenzo Tosi

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