«Il bio? Non soffre più del convenzionale»

Stefano Mantellini e i vigneti a cordone speronato basso dell'azienda Campo del Monte
Vendemmia ai minimi storici a Campo del Monte, l’azienda del Chianti di Stefano Mantellini. Un millesimo che conferma l’impatto pervasivo del climate change anche sulle pendici del Pratomagno. Un fenomeno da interpretare in vigneto per salvaguardare aromi e profumi. «Ma la colpa non è del metodo di coltivazione»

Azzurro d’inverno, grigio in primavera ed estate.

La vendemmia del terribile millesimo 2023 è come il treno dei desideri cantato da Celentano: all’incontrario va. La combinazione della siccità invernale e delle piogge estreme primaverili, doppia alluvione compresa, produce infatti alcuni risultati paradossali: le quantità vendemmiate potrebbero essere più elevate sulle uve a ciclo più precoce rispetto a quelle più tardive, sorprese dagli eccessi idrici in piena fioritura. O almeno questo è quello che è capitato nella zona del Chianti Docg.

L’impatto “selettivo” della peronospora

Stefano Mantellini è il titolare di Campo del Monte, a Terranuova Bracciolini (Ar), nel confine orientale del Chianti docg, un’area che è anche il cuore della più recente doc del Valdarno di Sopra. I vigneti sono tutti in collina in 4 corpi aziendali, a 270 metri di altitudine media. «In questa area – dice – a differenza del resto del Chianti, la peronospora è sempre stata più temibile rispetto all’oidio, ma mai come quest’anno».

La raccolta del Sangiovese è in programma proprio in questi giorni, da metà settembre in poi, ma quest’anno sarà molto veloce. «Nel nostro cru di maggiore pregio – ammette –, dove coltiviamo un’accurata selezione di cloni di Sangiovese grosso per il Chianti Docg e le riserve, ci sarà sì e no un grappolo ogni 4 viti, il danno è superiore all’80%».

Nell’unico precedente di rilievo, registrato a Campo del Monte quasi vent’anni fa, i danni da peronospora non avevano superato il 30%. Molto meglio è andata invece al Syrah, staccato a inizio settembre e destinato al blend di Isei, il Supertuscan di Campo del Monte.

«La pioggia non lo ha sorpreso in piena fioritura come è capitato al Sangiovese, la riduzione di resa in questo caso non supera il 30%». Mantellini è un convinto sostenitore del biologico, estesamente diffuso in questa zona, tanto che la doc Valdarno di sopra aveva chiesto di prevederne l’obbligatorietà nel disciplinare di produzione («non è stato concesso, ma spero che riusciremo a valorizzare questa scelta condivisa con la menzione “vigna bio”»).

Non è colpa del metodo di produzione

Le previsioni vendemmiali “ufficiali” di solito sono benevole. Devono infatti salvaguardare la reputazione del millesimo anche in annate difficili come quella che si sta chiudendo. Eppure quest’anno non lesinano di puntare il dito contro la conduzione biologica del vigneto, responsabile di una presunta minore sanità delle uve. «La differenza in realtà – ribatte Mantellini – l’ha fatta la possibilità di entrare tempestivamente in vigneto per effettuare i trattamenti. E la frequenza con cui sono stati effettuati, vale per il bio come per il convenzionale».

Anche la produzione integrata dovrebbe infatti seguire le indicazioni dei disciplinari. Ribattere con i fungicidi sistemici ogni 4-5 giorni non sarebbe consentito, ma l’obiettivo di salvare la produzione può avere indotto alcuni produttori a non guardare troppo all’etichetta. Una “flessibilità” che per il biologico, sottoposto ai vincoli di tracciabilità e al controllo degli enti di certificazione, non è praticabile.

Il tetto per il rame

«Certo, i forti attacchi di peronospora di quest’anno complicano la necessità di rispettare il vincolo dei 28 kg/ha di rame in sette anni». «La media di quest’anno è infatti salita a 6,4 kg/ha, mentre quella degli ultimi due anni è stata contenuta sotto i 3 Kg/ha». Se l’emergenza peronospora non si ripeterà con la stessa entità l’anno prossimo, non sarà difficile rispettare il vincolo settennale.

Climate change da interpretare

Un “se” obbligatorio, perché anche gli eccessi idrici e termici del millesimo 2023 confermano quello che Mantellini osserva da anni nei suoi vigneti, ovvero l’impatto sempre più pervasivo del climate change. Un cambiamento da saper cogliere e interpretare, ad esempio cambiando l’esposizione del vigneti. «Il cru – spiega - dove la Malvasia lunga destinata a “Il Conio”, il nostro VinSanto, sviluppa i maggiori profumi è quello, di più recente impianto, orientato a Nord». Un versante che a queste latitudini difficilmente veniva destinato alla vite solo pochi decenni fa.

«Il bio? Non soffre più del convenzionale» - Ultima modifica: 2023-09-27T21:15:23+02:00 da Lorenzo Tosi

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