Sun-burn e fotoinibizioni, l’effetto del caolino calcinato

Immagine rilevata con termocamera FLIR nell’intervallo 12.00-13.00, con temperature decisamente elevate capaci di innescare scottature fogliari e di grappoli e successivo sviluppo di infezioni fungine
Scottature solari di acini e foglie sempre più diffuse. Alla prova l'effetto di contenimento assicurato dal caolino calcinato con e senza aggiunta di adesivante. Una contromisura praticabile contro questi effetti collaterali del climate change

Si chiamano fotoinibizioni croniche con clorosi e necrosi dei tessuti fogliari e scottature solari a carico degli acini (sun-burn) (fig. 1).

Si tratta di fisiopatie ben note da alcuni anni, che causano drammatiche decurtazioni produttive e non vendemmiabilità dell’uva.

L’attacco dei funghi

In tali situazioni i grappoli sono maggiormente predisposti ad attaccati da parte di vari funghi (Aspergillus, Mucor, Cladosporium, Penicillium, ecc.) laddove si hanno precipitazioni in pre-vendemmia più o meno intense. Circostanza che si è drammaticamente verificata nel 2020 in numerose aree del paese. Le numerose lesioni delle bucce, conseguenti alle disidratazioni e scottature, rappresentano una via di ingresso per questi patogeni, favoriti anche da una matrice zuccherina particolarmente appetita.

Il vantaggio della riflettanza

In questa ottica, una tecnica di contrasto efficace, flessibile e poco onerosa è rappresentata dall’uso del caolino, argilla bianca a base di silicato di alluminio caratterizzata da una elevata proprietà riflettente, sia nei confronti della radiazione visibile (l’insieme delle radiazioni solari con lunghezze d’onda da 300 a 700 nm, attive dal punto di vista fotosintetico), sia quella infrarossa e ultravioletta.

Di conseguenza, nelle giornate più calde, il caolino riduce la temperatura dei tessuti vegetali ed il relativo potenziale di traspirazione ed evaporazione, preservando molte funzioni fisiologiche ed elementi della qualità dell’uva. Inoltre, esercita indirettamente un effetto deterrente nei confronti di vari insetti nocivi (tignoletta, cicalina verde, Drosophila suzukii, fillossera, Popillia japonica, Scaphoideus titanus, ecc.).

La calcinatura

Il trattamento ad alte temperature rende il caolino “calcinato”, ovvero silicato di alluminio in forma anidra, quindi più bianca e con maggior potere riflettente, amorfo a pH 7 e senza possibilità di reazioni chimiche; tale processo di produzione elimina anche i minerali indesiderati.

Tuttavia, quando il caolino è puro, ovvero non additivato di adesivanti, vi è il problema della facilità di dilavamento a seguito di piogge anche di bassa intensità. Per tali ragioni nell’estate 2019 si è testato l’efficacia di un caolino calcinato, ossia Polvere di Roccia (Biogard) sia da solo che addizionato di un adesivante naturale (Nu-Film-P, Biogard) costituito dal polimero terpenico pinolene ottenuto dalla distillazione delle resine di conifere.

La copertura fogliare

Il trattamento con caolino (3%), senza e con Nu-Film-P, ha determinato una copertura fogliare pari rispettivamente al 33% e 38% della superficie fogliare (fig. 2, tab. 1).

Riguardo al livello termico fogliare, misure eseguite sia con termometro laser ad infrarossi che con termocamera FLIR nell’arco 12:00-13:00 hanno evidenziato nelle chiome di entrambe le tesi irrorate con caolino cali medi di temperatura fogliare variabile da -2,2 a -5,4 °C rispetto ai controlli non trattati.
Riguardo al dilavamento del caolino dopo eventi piovosi, è emerso che le piogge, anche di bassa intensità con appena 2,3 mm, esercitano un elevato potere dilavante (tab. 1).

Tale effetto è stimato pari all’80% nella tesi solo caolino e al 66% in quella addizionata dell’adesivante Nu-Film-P. Piogge di 8 mm di intensità hanno invece ridotto la copertura fogliare dell’81% nella tesi con solo caolino e del 54% in quella con l’adesivante aggiunto.

Funzionalità fogliare e scambi gassosi

Misure di fisiologia di base eseguite 3 giorni dal 1° trattamento denotano nelle foglie situate esternamente alla chioma in entrambe le tesi trattate e coperte dal caolino valori di fotosintesi netta (Pn), conduttanza stomatica (gs), efficienza di uso idrico (WUE) e Fv/Fm simili a quelli espressi dalle foglie delle viti non trattate.

Al contrario delle tesi trattate, dopo 8 giorni dal trattamento, le foglie esterne delle viti controllo hanno mostrato una significativa riduzione di tutti i parametri fisiologici esaminati, a causa di una fotoinibizione in atto, seppur reversibile, come denota Fv/Fm inferiore a 0,70. Da notare come, in entrambe le tesi trattate con il caolino, la WUE è stata decisamente potenziata, con oltre 20 µmoli di CO2 organicati in più per ciascuna mole di acqua fuoriuscita dagli stomi per traspirazione.
In entrambe le tesi trattate, le foglie interne imbiancate dal caolino hanno esibito una drastica riduzione di Pn, gs e WUE, non solo nei confronti di quelle esterne, ma anche rispetto alle foglie interne accidentalmente non coperte dal trattamento (NC), con valori dei 3 parametri esaminati più che dimezzati.

Rese produttive

In vendemmia, eseguita il 22 settembre, la produzione unitaria e le relative componenti non hanno mostrato variazioni significative, mentre a livello compositivo si conferma la capacità del caolino di preservare meglio sia il quadro acidico che gli antociani totali, con aumenti medi pari rispettivamente a 0,9 g/L e 81 mg/kg rispetto alle uve delle viti non trattate (tab. 2).

Considerazioni applicative

In un’annata non particolarmente calda, quale il 2019, ma caratterizzata dal bimestre luglio-agosto con 26 giorni con temperature massime dell’aria superiori a 35 °C, e quindi pericolosi per le fotoinibizioni, l’uso del caolino ha consentito di salvaguardare il funzionamento fisiologico della chioma, eludendo le fotoinibizioni croniche e le susseguenti clorosi e necrosi, nonché di ottenere una migliore composizione delle uve, soprattutto in termini di acidità e concentrazione in antociani.

Tuttavia, nelle foglie interne alla chioma ed imbiancate dal caolino è emersa una certa limitazione dei tassi fotosintetici, causata dalla schermatura della poca luce disponibile che non permette la piena saturazione di tutti i fotosistemi presenti nei cloroplasti delle foglie, compensata però da un funzionamento fisiologico migliore delle foglie interne su cui il trattamento con caolino non è arrivato.

Questo suggerisce un aspetto importante riguardo l’utilizzo di caolino, ovvero la tempestività nell’utilizzo, poichè il trattamento esplica al meglio la sua funzione nel momento in cui si hanno temperature e livelli di radiazione elevati, mentre, al contrario, con livelli luminosi bassi può risultare non particolarmente efficace.

L’uso dell’adesivante consente un minor dilavamento del caolino calcinato aumentando pertanto sia la permanenza sulle foglie sia la sua efficacia nel tempo.

Infine, non meno importanti risultano:

  1. economicità,
  2. flessibilità,
  3. semplicità di esecuzione,
  4. positivo effetto secondario come barriera fisica su numerosi insetti nocivi;
  5. possibilità di trattare soltanto la parete del filare assolata nel pomeriggio, notoriamente la più sensibile, con un sostanziale dimezzamento dei costi.

Sintesi dell’articolo pubblicato su VVQ 2/2021, a cui si rimanda per materiali e metodi e dettagli su dati sull’efficienza fogliare

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Alberto Palliotti, Lucia Giordano
Università di Perugia

Cecilia Squeri, Tommaso Frioni
Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

Sun-burn e fotoinibizioni, l’effetto del caolino calcinato - Ultima modifica: 2021-06-14T12:26:23+02:00 da Lorenzo Tosi

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