Le terre del vino, in Italia come all’estero, sono sempre più oggetto dell’attenzione di investitori, del settore e di tipo finanziario, alla ricerca di nuove opportunità di immissione di capitali, acquisizioni e allocazione di risorse.
E' il tema posto al centro dell'edizione 2024 di Changes, la due giorni promossa dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani per presentare le anteprime delle nuove produzioni vinicole dell'area.
Territorio, identità e valore della comunità
Dopo quello del 2023 sulla manodopera, il tema di quest'anno - “Langhe (not) for sale, l’identità e il valore della comunità” - è stato scelto per analizzare questi trend, per valutare il sentiment dei proprietari delle cantine e dei vigneti rispetto all’ipotesi di vendita, o meno, delle proprie aziende, realtà che producono vini di pregio e qualità e che sono sotto i riflettori per l’alto valore simbolico ed economico del loro territorio.
Lo studio “Langhe (NOT) for Sale”
Il convegno ha preso le mosse da un intervento di Bruno Bertero, Presidente dell’ATL Langhe, Monferrato e Roero che ha inquadrato gli andamenti dello sviluppo del “brand” Langhe anche a livello turistico e dalla presentazione della ricerca “Langhe (NOT) for Sale”, svolta dal Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (CERISVICO) dell’Università Cattolica di Milano e Brescia e coordinata dalla professoressa Maura Pozzi e dal ricercatore Adriano Mauro Ellena.
I Grandi Investitori Esterni
Lo studio è stato condotto in tre fasi: una survey qualitativa e quantitativa ha inizialmente connotato la figura dei “Grandi Investitori Esterni (GIE)” rispetto a due cluster: le generazioni Junior (minori di 40 anni) e Senior nelle imprese vitivinicole familiari delle Langhe.
Propensione alla vendita di Junior e Senior
A seguire, si è proceduto, mediante focus group, ad approfondire la visione e l’identità del territorio langarolo per evidenziare quali siano i fattori che limitano o ostacolano l’ipotesi di vendita delle aziende.
Infine, la somministrazione di un questionario ha inteso verificare le connessioni e le interrelazioni tra i fattori emersi nelle fasi precedenti e le propensioni alla vendita.
Progetti industriale e dotazioni di capitali
I risultati emersi mostrano come la tematica sia vissuta in maniera diversa dalle diverse generazioni familiari.
Gli Junior considerano gli investitori in un’ottica complessa e strutturata - non monolitica, ma differenziata rispetto alle varie tipologie (fondi di investimento, multinazionali, grandi gruppi, singoli investitori) - portatori di progetti industriali e forti dotazioni di capitali.
Investitori del settore oppure della finanza
I Senior, al contrario, hanno una visione più univoca degli investitori “esterni” che operano a fini speculativi e mossi da pure logiche di tendenza e di finanza.
Per entrambi i cluster si attivano processi psicologici differenti a seconda che gli investitori appartengano, o meno, al settore vitivinicolo.
La vendita? Una questione comunitaria
La posizione rispetto alla vendita dell’azienda degli Junior è quella di considerare come una questione comunitaria cioè che incide sul patrimonio identitario e valoriale del territorio e per questo va ponderata in un’ottica collettiva.
I Senior ne fanno, invece, una questione aziendale perché in essa si identificano al punto tale da connettere la vendita dell’azienda alla vendita di parte di sé.
Tavola rotonda intorno ai dati della ricerca
Il tema è stato approfondito nella tavola rotonda condotta dalla giornalista Valeria Ciardiello a cui hanno partecipato insieme al Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani Matteo Ascheri, anche da Massimo Romani, Amministratore Delegato di ARGEA, Francesco Mulargiu, dell’Associazione Vini Mamoiada e da Massimiliano Cattozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo.
Mantenere i valori distintivi e della qualità
“Non è possibile pensare a uno sviluppo – ha detto Matteo Ascheri – che non passi da un mantenimento dei valori distintivi e della qualità che hanno reso le Langhe una eccellenza. Se penso al domani immagino più che una crescita, in termini di produzione, un incremento della qualità, fatta dalle persone, dalle cantine e dai valori”.
Investimenti esterni ma in una logica di continuità
“Il modello che riteniamo vincente – ha dichiarato Massimo Romani – è quello di un corretto mix fra investimenti esterni, fatti però nella logica di continuità e di un coinvolgimento diretto delle ex proprietà e un tessuto di aziende, spesso famigliari, che mantengano inalterato il tessuto sociale e di valori”.
Salvaguardare identità, no a fenomeni speculativi
In sintesi è emerso come l'interesse esterno possa rischiare di distorcere il mercato e portare a fenomeni speculativi, in funzione anche del passaggio generazionale.
Una situazione che impone, dunque, attenzione per le necessità legate alla tutela del terroir, inteso anche come comunità, e per la salvaguardia dell’identità competitiva.
10 mila ettari, 66 milioni di bottiglie
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani conta 568 aziende vitivinicole associate, 10 mila gli ettari di vigneti delle denominazioni tutelate così suddivisi: Barolo 2214 ettari; Barbaresco 812; Dogliani 761; Diano d’Alba 209; Barbera d’Alba 1672; Nebbiolo d’Alba 1125; Dolcetto d’Alba 927; Langhe 2396 ettari (di cui 939 Langhe Nebbiolo).
Sono 66 milioni le bottiglie prodotte e nove le denominazioni tutelate: Barolo, Barbaresco, Dogliani, Dolcetto di Diano d’Alba, Barbera d’Alba, Langhe, Dolcetto d’Alba, Nebbiolo d’Alba, Verduno Pelaverga.
I numeri del Consorzio di Tutela Roero
Il Consorzio di Tutela Roero vede invece 250 aziende vitivinicole associate, 1300 ettari di vigneti, 7,5 milioni di bottiglie.
La denominazione tutelata si esprime in 5 tipologie: Roero Bianco, Roero Bianco Riserva, Roero Rosso e Roero Rosso Riserva e Roero Spumante.