Enoturismo da remoto

L'anteprima dell'editoriale di VVQ 3

Virtual Wine Tasting
Le visite in cantina sono il fenomeno che ha più inciso nell’evoluzione del settore enologico negli ultimi anni, ma dopo mesi di isolamento forzato si deve adattare. A rischio un business da 2,5 miliardi di euro

Mai più “baci dal mare”

o “saluti dai monti”.

Nessuno più spedisce cartoline, la svolta digitale delle nostre vite, con l’avvento di

Lorenzo Tosi

Instagram e degli altri social, ha cancellato in un colpo solo tutte quelle immagini stereotipate, immutabili nel tempo, con cui comunicavamo a parenti e amici le nostre esperienze turistiche.

L'impatto indiscreto dei food selfie

Il loro posto è stato preso dai souvenir enogastronomici, vino in primis, e soprattutto dai

food selfie, il ricordo virtuale di quello che mangiamo e beviamo.

Dai riscontri di un’indagine dell’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor, illustrati all’ultima edizione

L'editoriale di VVQ 3

in presenza della fiera veronese, emergeva che il 23% del campione intervistato aveva fatto una vacanza da enoturista negli ultimi 12 mesi e tre quarti del campione era attratto dall’idea.

Tra le mete più gettonate c’erano soprattutto la Toscana (27%), poi Piemonte, Veneto, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Puglia. È un fenomeno giovane: gli enoturisti erano concentrati tra i millennials e i boomers.

In un’indagine condotta per la World food association su un campione internazionale il 69% degli intervistati dichiarava che le proposte enogastronomiche erano un importante stimolo per visitare una zona. L’enogastronomia era la prima attrattiva verso l’Italia per i viaggiatori stranieri e i luoghi del vino gli unici immediatamente pronti a trasformarsi in destinations.

Meno romanticismo, più dinamismo

Il romantico “viaggio in Italia” tendeva così a diventare più movimentato, perché apparire online impone di seguire il ritmo di un racconto in continuo divenire, in cui non si possono ripetere le stesse esperienze o bere gli stessi vini.

Un fenomeno di cui hanno beneficiato i territori e le cantine più dinamiche, quelle in grado di valorizzare le attività di accoglienza e di diversificare l’offerta. Un’evoluzione significativa non solo per l’approccio al turismo, ma che stava incidendo profondamente sull’enologia nazionale dando finalmente un significato concreto ad una piramide qualitativa incentrata sul concetto di legame con il territorio.

La logica del distretto

Una testimonianza arriva dalla crescita dei distretti del vino, registrata soprattutto nei territori dove è più forte l’enoturismo (ad esempio la Puglia). La condivisione dei visitatori impone infatti di fare rete e di realizzare un minimo comune denominatore di coerenza territoriale.

Tipicità e sostenibilità da comunicare

Un altro indice è quello dell’aumento dei vitigni locali tipici, anche di varietà talmente poco conosciute da apparire inedite.  Negli ultimi anni sono aumentate le attività di ricerca e le registrazioni, stimolate anche dall’interesse di cantine che puntavano ad allargare la gamma di vini prodotti, grazie alla chance di illustrare in maniera più efficace ai visitatori concetti come tipicità e sostenibilità. Il vino d’altronde è il testimonial più duttile per descrivere le evoluzioni storiche, stilistiche e tecniche di ogni territorio.

Bloccati in una bolla spazio-temporale

O almeno tutto questo succedeva fino a ieri. Improvvisamente viviamo in una dimensione in cui il tempo è sospeso e le distanze si sono improvvisamente allungate.

L’organizzazione della filiera ha preso di nuovo il sopravvento sul concetto di distretto mettendo a rischio un comparto strategico da oltre 2,5 miliardi di business, sostenuto da 5-8mila cantine attrezzate per l’accoglienza, 20-25mila cantine aperte al pubblico per la vendita del vino, 150 strade del vino (dati ricavati dal manuale Edagricole “Turismo del vino on Italia” di Dario Stefàno e Donatella Cinelli Colombini, recentemente presentato al Senato).

clicca per conoscere il programma dell'evento

clicca per la cronaca dell'evento

La promozione del territorio si è dovuta gioco forza adattare. I Consorzi di tutela e le Strade del vino più attive hanno sfruttato internet per sviluppare percorsi digitali che permettono di viaggiare da fermi e ispirare degustazioni a distanza. Un enoturismo da remoto che rischia di far ripiombare il settore negli stereotipi immutabili delle cartoline dalle vacanze, senza concedere la possibilità di evoluzioni o di emersioni di nuovi territori.

Oppure al contrario potrebbe essere una chance per arricchire l’esperienza enogastronomica.

Un nuovo modo di comunicare

Il lockdown non durerà in eterno, l’isolamento forzato è destinato a finire e si preannuncia l’arrivo di un’estate di turismo di prossimità (se non altro perché il grosso delle vaccinazioni è previsto per luglio e agosto e andare all’estero non conviene) in cui l’enoturismo è destinato a giocare un ruolo di primo piano.

Il nuovo modo di comunicare che abbiamo imparato in questi mesi può essere sfruttato per amplificare l’esperienza enoturistica, stimolando virtualmente la curiosità e prolungando il ricordo di visite in cantina e degustazioni.

Enoturismo da remoto - Ultima modifica: 2021-04-12T19:33:04+02:00 da Lorenzo Tosi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome