L’esigenza di difendere una quota di export arrivata a 6,4 miliardi nel 2019

Il successo del vino made in Italy nel mondo è sostenuto dall'immagine di convivialità offerta dal nostro stile di vita. Ora occorre evitare che la sospensione della socialità indotta dall'emergenza coronavirus vanifichi tutti gli sforzi fatti per fare crescere l'export
Record nelle esportazioni quello rilevato dall’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini – Ismea per tutta l’anno 2019: Sfiorati i 22 milioni di ettolitri con un aumento del 10,3% a volume  Toccati i 6,4 miliardi (+3,2%). Ora bisogna evitare che, con lo shock per l’emergenza coronavirus il vino italiano faccia un tonfo clamoroso precipitando da questi valori record

L’export del vino italiano continua a crescere e nel 2019 vale 6,4 miliardi di euro (+3,2% sul 2018). L’incremento maggiore si riscontra sui volumi, che sfiorano i 22 milioni di ettolitri (+10% sul 2018) e che, seppur di poco, permettono all’Italia di riconquistare il primato mondiale in volume. L’evoluzione degli introiti è stata però inferiore alle attese, con i prezzi medi in discesa, sia per dinamiche legate ai listini dei vini sia per quella correlata al diverso mix che compone il paniere delle esportazioni.

Questi i dati definitivi sull’export 2019 del vino italiano, elaborati dall’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini – ISMEA su base ISTAT, convalidando le stime diffuse nei mesi scorsi.

L’exploit dei vini comuni

Ad avere avuto l’incremento più importante sono stati, infatti, i vini comuni che con 4,9 milioni di ettolitri, per lo più sfusi, sono cresciuti del 18% in volume con una flessione degli introiti (-3%), conseguenza della decisa riduzione dei listini alla produzione che nell'ultima campagna 2018/2019, ha toccato il 27%. Solo da settembre in poi i prezzi alla produzione di vini comuni hanno ripreso a crescere, ma anche in questo caso senza recuperare le perdite accumulate nei mesi precedenti.

Lo sfuso trascina l’intraUe

Il forte aumento delle esportazioni di vini sfusi da tavola, che hanno una naturale destinazione verso mercati comunitari, in particolare la Germania, ha contribuito a far registrare una progressione complessiva più marcata in termini quantitativi verso i Paesi Ue (+12%) rispetto a quella verso i Paesi terzi (+7%).

Ma il valore pende sull’extraUe

La situazione è ribaltata, invece, sul fronte del valore (Ue: +1% e Paesi terzi: +6%). L’export in valore verso i Paesi terzi, pari a 3,22 miliardi di euro, si posiziona quindi poco sopra i 3,20 miliardi di euro verso la Ue. I Paesi terzi, quindi, sono riusciti nel sorpasso sull’area comunitaria in termini di spesa per vini italiani.

Il traino delle bollicine

A trainare le esportazioni italiane sono anche gli spumati per i quali, pur considerando positivo il risultato del 2019, si evidenzia, tuttavia, un sostanziale rallentamento della corsa che per anni aveva registrato incrementi a due cifre. Per la prima volta il 2019 ha segnato un export di bollicine superiore ai 4 milioni di ettolitri (+8%) su base annua, per un corrispettivo di quasi 1,6 miliardi di euro (rispettivamente +4,5% su base annua). Un importante aspetto da sottolineare è che, pur essendo cresciuto tutto il settore spumantistico, la domanda estera è trainata essenzialmente dal Prosecco e in molti vedono questa eccessiva dipendenza da un unico prodotto come una debolezza del sistema.

I dati evidenziano, infatti, in maniera inequivocabile tale situazione. Alla decisa progressione del Prosecco, il 65% dell’intero export a volume del segmento spumanti, che registra +21% in volume e +16% a valore, si contrappone un anno piuttosto negativo per l'Asti (-10% in volume e -2% a valore) e per altre tipologie di bollicine DOP.

Più Dop che igp

In decisa progressione anche i vini Dop, soprattutto fermi (+13,5% a volume e + 9 a valore), che compensano la riduzione registrata nel segmento delle Igp. Questo “trasferimento” è dovuto, almeno in larga parte, al consolidamento sul mercato del Pinot grigio Delle Venezie Dop. Le Igp, peraltro, hanno mostrato una decisa battuta d’arresto sia nei vini fermi in bottiglia (-5% a volume e -4% a valore) e negli sfusi (-10% a volume e -13% a valore), mentre hanno messo a segno una performance particolarmente positiva nei bag in box (+8% a volume e +8% a valore). Questa tipologia di confezione, peraltro, nel 2019 è cresciuta in maniera importante rispetto all'anno precedente ( +8% a volume e +10% a valore). I frizzanti, invece, hanno mostrato una domanda sì in aumento, ma senza la dinamicità degli altri segmenti (+6% a volume ma con valori sostanzialmente stabili rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).

Mercati troppo concentrati

Scorrendo la lista dei Paesi clienti sembra opportuno sottolineare che, benché il vino italiano raggiunga ormai un gran numero di destinazioni, le prime tre destinazioni assorbono più della metà del totale esportato sia in volume che in valore.

In tema di clienti si evidenzia il recupero in valore realizzato soprattutto nell’estate delle esportazioni verso gli Stati Uniti, che cresce del 3,6%. Bene anche gli spumanti, molto bene anzi, la cui progressione è stata del 14% a volume e dell’12% a valore. Da sottolineare anche nel mercato Usa l’andamento a doppio binario tra il Prosecco, che cresce ad un ritmo del 40% sul 2018, e il resto delle bollicine italiane che invece perde terreno. In tema di Usa, c’è attesa e preoccupazione in merito all’aumento dei dazi: sebbene anche in questa seconda “revisione” il vino italiano non sia stato colpito, l’attenzione rimane alta.

In decisa progressione l’export in Germania dove le esportazioni italiane sono cresciute del 20%, trainate dal +39% dei vini sfusi che, con oltre 2.8 milioni di ettolitri, rappresentano il 46% del totale importato dall’Italia, a cui si contrappone, per i motivi sopra citati, addirittura una flessione degli introiti (-11%). Bene anche i vini in bottiglia, mentre il mercato tedesco è in controtendenza rispetto agli spumanti italiani con una domanda in flessione del 7% in volume determinata da una drastica riduzione delle richieste sia di spumanti comuni che di Asti (-33%), mentre il Prosecco continua la sua progressione mettendo a segno un +11% in quantità per un fatturato cresciuto del 3%.

Nel Regno Unito, l'export a volume ha tenuto (+1%) anche se in valore si regista una flessione complessiva del 5% su base annua. Sono stati soprattutto i vini fermi in bottiglia a segnare la maggior domanda britannica con una progressione del +2% sia in termini reali che dei corrispettivi. Frena, invece, la richiesta di spumanti pur restando, quello britannico, il principale mercato di destinazione dell'Italia per questo segmento.

Bene anche nell'Estremo Oriente, a partire dal Giappone che ha registrato incrementi a doppia cifra (+18% in volume e +13% in valore), grazie anche alla firma dell’accordo di libero scambio con la UE. La ‘sorvegliata speciale’ Cina ha messo a segno un +10% nella domanda di vini italiani, attestata a 364 mila ettolitri per un valore di 134 milioni di euro (+5%).

L’emergenza coronavirus

Ora la situazione di emergenza sanitaria spegne ovviamente sul nascere ogni entusiasmo suscitato da questi exploit del nostro export. L’impegno dei produttori e soprattutto delle istituzioni deve essere quello di evitare che, con lo shock per l’emergenza coronavirus il vino italiano faccia un tonfo clamoroso precipitando da questi valori record.

 L’esigenza di difendere una quota di export arrivata a 6,4 miliardi nel 2019 - Ultima modifica: 2020-03-18T15:33:44+01:00 da Lorenzo Tosi

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