I grandi vini del Canavese, ampio territorio del Piemonte settentrionale, si aprono a un ripensamento dei disciplinari di produzione.
Sono tre le denominazioni di origine sotto la lente del Consorzio di tutela:
- il Carema Doc,
- il Canavese Doc,
- l’Erbaluce di Caluso Docg, prodotti in provincia di Torino.
Ne parliamo con il presidente del Consorzio, Antonino Iuculano, anche produttore nonché sindaco del comune di Cuceglio (To) in questa video intervista a cura di Max Rella.
Un territorio più ampio per assicurare continuità
Ma vediamo in sintesi le varie proposte di modifica. Riguardo al Carema Doc, vino rosso “eroico” prodotto esclusivamente Carema, da 20 ettari di vigne terrazzate al confine con la Val d’Aosta, si pensa a un allargamento della denominazione ai vicini e simili territori di Nomaglio e Settimo Vittone.
L’alternativa, lancia l’allarme il presidente Iuculano, è di sparire in pochi anni.
Autoctoni ed Erbaluce da valorizzare
Per il Canavese Doc, invece, si pensa a due modifiche: la valorizzazione con una tipologia dedicata dei vitigni autoctoni “minori” Neretto di San Giorgio e Chatus; e inoltre la specificazione in etichetta del vitigno Erbaluce per la tipologia Canavese Bianco.
Solo il nome del territorio nella Docg, come vuole l'Europa
Infine la Docg Erbaluce di Caluso. Tre le proposte del consorzio, non senza malumori, soprattutto sul terzo punto. La prima riguarda l’allargamento della zona di produzione a tre nuovi Comuni, che salirebbero così da 36 a 39.
La seconda prevede il riconoscimento della tipologia Riserva sia per il fermo (18 mesi) che per il metodo classico (48 mesi). Il terzo punta a concentrare l’attenzione sul nome del territorio a scapito del vitigno. Senza forzature il Consorzio vorrebbe convincere i produttori a usare il solo nome di Caluso Docg.