Climate change, una soluzione radicale

I VIDEO DEGLI INTERVENTI, LE RELAZIONI DA SCARICARE, I RISULTATI DEI SONDAGGI

I relatori del webinar "Portinnesti M, una scelta radicale"
I risultati agronomici ed enologici dei portinnesti della serie M illustrati nel webinar “Portinnesti M, una scelta radicale”

Non si può costruire il futuro con gli strumenti del passato. La viticoltura affronta sfide epocali (nuovi territori, il cambiamento degli stili enologici, nuovi mercati e, soprattutto, i pesanti effetti del climate change) e per riuscirci deve puntare sull’innovazione.

L'intervento di apertura di Eugenio Sartori, direttore VCR

I portinnesti possono avere un ruolo decisivo nella risoluzione di questi problemi. Il problema è che per oltre un secolo, dopo l’emergenza fillossera di fine ‘800, la filiera del vino non si è più occupata delle radici.

«Negli anni ’30 a Rauscedo avevamo a disposizione 7 portinnesti. Fino a pochi anni fa ne utilizzavamo 24 su 37 iscritti a registro, ma il 96% della superficie di piante madri riguardava solo 6 tipologie (1103P, Kober5bb, SO4, 110R, 420A, 140Ru)». «Oggi per fortuna, grazie alla lungimiranza dell’Università di Milano e alla concretezza di Winegraft, possiamo contare sulle opportunità offerte dai materiali della serie M».

Lo ricorda Eugenio Sartori, direttore di Vcr, nel corso del webinar “Portinnesti M, una scelta radicale” organizzato da Vivai Cooperativi Rauscedo assieme a Università di Milano, WineGraft e la nostra rivista VVQ lo scorso 12 marzo.

L'intervento di Attilio Scienza

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Quarant’anni di dati

I 4 portinnesti della serie M derivano infatti da un intenso programma di miglioramento genetico avviato dall’Università di Milano dall’inizio degli anni ’80 e culminato nel 2014 con l’iscrizione al registro nazionale. Un’attività che va avanti ancora oggi con le valutazioni delle performance quali quantitative dei nuovi portinnesti nei diversi areali vitati.

«Nel corso di questo processo lungo e complicato – puntualizza Lucio Brancadoro dell’Università di Milano da 8mila semenzali sono stati selezionati solo 4 portinnesti, i più meritevoli in base ad una selezione continua su fenotipi».

L'intervento di Lucio Brancadoro

Oggi, grazie alla collaborazione di importanti gruppi di ricerca, sono disponibili molti dati ricavati in diverse condizioni pedoclimatiche dal Trentino (piovosità da 965 mm all’anno) fino alle aree interne della Sicilia (498 mm all’anno).

I confronti con portinnesti considerati resistenti allo stress idrico come SO4 e 1103P hanno evidenziato la maggiore efficienza d’uso dell’acqua dei portinnesti M2 e M4 e la loro maggiore tolleranza a salinità e calcare attivo. Importante l’effetto sulla produttività, non correlato linearmente alla vigoria indotta. Sei anni di confronti con diversi portinnesti hanno infatti messo in evidenza il vigore minore dei portinnesti M1 e M3, alto invece per M2 e M4. In queste prove il portinnesto più vigoroso è risultato 110Richter, ma M2 ha garantito i risultati produttivi migliori.

Le sperimentazioni hanno anche confermato la tendenza di M1 e M3 a garantire maggiore concentrazione di polifenoli e antociani nelle uve, assicurando una migliore qualità enologica.

SCARICA LA RELAZIONE DI LUCIO BRANCADORO

«Tutti questi dati consentono di identificare il portinnesto migliore da utilizzare in base alle condizioni pedoclimatiche dei diversi areali (v. tab.)».

Il portinnesto M più giusto in base alle caratteristiche del terreno
Portinnesti Caratteristiche Stato nutrizionale Umidità
M1 compatti medio impasto/profondi fertili freschi
M2 argillo-calcarei magri siccitosi
M4 argillo-calcarei, sassosi, aridi magri siccitosi
M2 / M4 calcareo-argillosi, sassosi, aridi magri siccitosi++
M1 / M3 medio impasto argillosi freschi
M2 argillo-calcarei
e silicei profondi, permeabili
fertili freschi
M2 compatti     sassosi e
permeabili
profondi freschi
M1/M3 tend. sciolti No in zone umide e impermeabili freschi
M2 medio impasto /compatti argilloso-calcarei magri siccitosi
M2 medio impasto/argillo-calcaree profondi, non troppo ricchi, anche umidi e compatti poveri freschi
M1/M3 medio impasto/compatto argillo-calcarei, umidi, compatti fertili freschi
M2 compatti profondi, umidi freschi
Fonte: Lucio Brancadoro, Università di Milano, "Le caratteristiche dei nuovi portinnesti M", webinar Portinnesti M, una scelta radicale

Un ponte fra ricerca, vivaismo e viticoltura

Oggi la necessità di fare fronte agli effetti del climate change è sotto gli occhi di tutti, otto anni fa questa esigenza non era così evidente. In quegli anni è partita l’esperienza di Winegraft, l’associazione di scopo che gestisce i diritti commerciali dei nuovi portinnesti e che ha garantito i finanziamenti per il progetto di sviluppo dei portinnesti M.

Marcello Lunelli, patron di Cantine Ferrari è presidente di questa associazione di scopo, un ponte tra ricerca, vivaismo e viticoltura, creato da nove aziende vitivinicole di riferimento del panorama nazionale. «Non esiste nessuna esperienza simile con cui confrontarci e siamo stati i primi a testimoniare la necessità di affrontare le sfide della sostenibilità e del climate change con l’ingrediente dell’innovazione, una posizione che ora, con il Green Deal, è diventata la principale linea politica europea».

Alcuni numeri possono chiarire il contributo dei portinnesti M sul fronte della sostenibilità. «Considerando– calcola Lunelli - una produzione media di 120 quintali di uva per ettaro, per 85 ettolitri di vino, il consumo idrico stimato è di circa 82mila hl/ha».

«Secondo la associazione Water Footprint Network il ricorso ai portinnesti M consente di risparmiare 25mila hl/ha ogni anno (-30%). Considerando una produzione media lombarda di circa 1,5 milioni di hl di vino, se tutti gli ettari fossero innestati su M si risparmierebbero ogni anno 458 milioni di hl di acqua. Un volume pari a tre volte il lago di Iseo solo in questa regione».

Innesti in crescita esponenziale

La moltiplicazione e commercializzazione dei nuovi portinnesti è affidata in esclusiva a Vivai Cooperativi Rauscedo.

«Attualmente – informa Yuri Zambon, Responsabile Tecnico di Vcr - la produzione della serie M è ottenuta da 55 ettari di piante madri (saranno 60 entro la fine dell’anno). Gli impianti sono stati realizzati dal 2015-2016 e stanno entrando in produzione. La resa è variabile a seconda della varietà innestata».

L'intervento di Yuri Zambon

Nel 2020 a Rauscedo sono state prodotte 290mila barbatelle di diverse varietà innestate sulla serie M, commercializzate quasi tutte in Italia. Nel 2021 sono previste già più del doppio, ovvero 650mila e entro l’annata 2024-25 si arriverà a 3milioni di barbatelle all’anno. «La scelta dei viticoltori ricade su M1 e M3 se l’obiettivo è quello di ottenere più qualità; M2 e M4 per chi cerca maggiore vigoria e resistenza agli stress idrici».

SCARICA LA RELAZIONE DI YURI ZAMBON

Questi sono infatti i risultati emersi nei confronti tra i 4 portinnesti della serie M e 110R usato come standard di riferimento:

  • M1: vigoria -30%, antociani e polifenoli +15%, resa al calcare elevata;
  • M2: stesso vigore di 110R, produzione indotta +20%, antociani e polifenoli -4%. Alta propensione al reimpianto;
  • M3: vigoria -40%, antociani +15%,
  • M4: vigore +10%, resistenza alla siccità molto elevata.

«Dati che mettono in evidenza – conclude Zambon – come i portinnesti della serie M siano risorse preziose nella duplice necessità di mitigare gli stress biotici ed abiotici indotti dal cambiamento climatico e al tempo stesso di ridurre gli input (prima di tutto di acqua) rendendo più sostenibile la produzione vitivinicola».

Il diverso portamento delle piante madri di portinnesti M in un impianto palificato a Rauscedo

Le esperienze dei produttori

I portinnesti M sono già in campo e una tavola rotonda organizzata in occasione del webinar ha messo a confronto i pareri dei produttori.

La tavola rotonda

Maurizio Bogoni, Direttore delle Tenute Ruffino (Castellina in Chianti), vanta l’esperienza di più lunga data. «Abbiamo raccolto dieci anni di dati da un impianto sperimentale eseguito nel 2003 su un appezzamento siccitoso caratterizzato da terreni calcarei e un’esposizione non ottimale. Le varietà utilizzate sono Sangiovese e Cabernet sauvignon innestati sui quattro portinnesti M oltre ai più diffusi tradizionali». M2 ed M4 si confermano i più vigorosi, garantendo i migliori risultati produttivi e soprattutto una stabilità produttiva anche nelle annate più siccitose, M1 e M3 si sono rilevati i più adatti per la produzione di Sangiovese strutturati.

Paolo Storchi, del Crea Viticoltura ed Enologia di Arezzo ha seguito l’impianto sperimentale eseguito presso Castello Banfi a Montalcino (Si) e ha rilevato la tendenza dei portinnesti M, a parità di rese, di indurre la produzione di acini e grappoli più piccoli, caratteristica che si collega a migliori risultati in cantina. Importante anche la tendenza ad un pH più basso (dato da apprezzare in annate caratterizzate da siccità e temperature elevate), in particolare con una maggiore presenza di acido tartarico oltre che di antociani su M1 e M2, ma con meno zuccheri e alcol (dato positivo per i nuovi stili enologici).

Anche Claudio Quarta, nei suoi vigneti pugliesi, è partito più tardi nella sperimentazione. Ma i risultati ottenuti su Negroamaro con i portinnesti M2 e M4 sono stati talmente positivi da spingerlo a investire subito su un nuovo vigneto commerciale di Primitivo innestato su queste due tipologie.

L’angolo geotropico delle radici è un indice empirico della resistenza allo stress idrico. Tutti i portinnesti tolleranti presentano infatti un angolo stretto che testimonia l’attitudine a ricercare le risorse idriche negli strati di captazione più profondi del terreno. M4 presenta un angolo geotropico più stretto anche dei più usati ibridi di V. rupestris, mentre M2 e M3 ha radici meno folte (ma non meno performanti), ma questa condizione dipende anche dalle condizioni pedoclimatiche. Prove eseguite in Italia dal Crea Viticoltura enologia testimoniano infatti una diversa distribuzione radicale a seconda della disponibilità di acqua dimostrando la maggiore plasticità dei portinnesti della serie M.

I risultati enologici

Interessanti evidenze sul potenziale enologico dei nuovi portinnesti M sono emerse dalle sperimentazioni illustrate da Nicola Biasi, Consulente enologico e coordinatore di Wine Research Team, la rete che mette insieme 40 diverse aziende vitivinicole in Italia e all’estero.

L'intervento di Nicola Biasi

SCARICA LA RELAZIONE DI NICOLA BIASI

Le prove sono iniziate nel 2017 e si sono svolte in 15 aziende nazionali lungo tutta la penisola, su 13 vitigni innestati sui 4 portinnesti M a confronto con quelli più comunemente utilizzati nelle diverse aree. «Le prove confermano la capacità di portare le uve a perfetta maturazione preservando un’acidità maggiore e una minore alcolicità».

Risultati che aprono nuove prospettive per il settore dei portinnesti, ma Attilio Scienza dell’Università di Milano sottolinea l’importanza di pensare al futuro continuando a investire tempo e risorse nel miglioramento genetico.

150mila semi per il futuro

I portinnesti oggi dominanti, selezionati con gli obiettivi principali della resistenza alla fillossera e della tolleranza alla clorosi ferrica, sono stati infatti ottenuti da incroci tra V.riparia, V.berlandieri e V. rupestris effettuati con un numero esiguo di genitori.

«È strategico recuperare una maggiore variabilità genetica partendo dalle specie americane che vivono in condizioni estreme». A questo fine l’Università di Milano sta collezionato 150mila semi di viti selvatiche provenienti da aree come il Grand Canyon (Vitis cinerea var. helleri, il nome “moderno” della V. berlandieri) o laghi salati (V.arizonica). I nuovi portinnesti della serie M arriveranno da qui.

Scarica i risultati dei sondaggi proposti durante il webinar

Domande e risposte finali:

Climate change, una soluzione radicale - Ultima modifica: 2021-04-02T19:08:31+02:00 da Lorenzo Tosi

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