Una vendemmia in più, anzi due.
Il millesimo 2020 sarà ricordato per numerose anomalie.
L’Ocm torna al passato
La pandemia da coronavirus non ha sconvolto solo il mercato del vino, ma anche la sua normativa di riferimento, con la misura promozione in brusca frenata, il ritorno in grande stile delle distillazioni di crisi e l’improvvisa fiducia sulle virtù salvifiche della vendemmia verde.
Quella che negli ultimi anni era la Cenerentola dell’Ocm vino, ovvero una misura spesso disertata dai produttori, con un budget sempre più striminzito, passato in Italia da 30 a 2,6 milioni di euro in poco meno di 10 anni, ora assume il ruolo di talismano contro gli effetti nefasti del Covid 19.
Anteprima dell'Editoriale del numero 5/2020 di VVQ
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Un supercannone da 100 milioni
Tanto da meritare il bis. Oltre ai tradizionali interventi di riduzione volontaria della resa legati al piano nazionale di sostegno effettuati in giugno, sono arrivati quelli dettati dal decreto rilancio (art 221 Dl 34 del 19 maggio), sostenuti da un super cannone finanziario da 100 milioni, effettuati in luglio.
L’obiettivo è duplice: garantire un po’ di liquidità alle aziende vitivinicole che producono vini doc e igt e prevenire il temuto crollo dei prezzi all’origine alla prossima vendemmia. E per aumentare l’appeal della misura sono state pensate regole applicative del tutto differenti. Non la distruzione totale dei grappoli di intere particelle vitate, ma un intervento parziale, una sorta di diradamento, con riduzione di almeno il 15% della resa rispetto alla media delle 5 annate precedenti (escluse la più e la meno produttiva), effettuata però su tutti i vigneti aziendali.
Una buona pratica agricola?
Tecnica e politica, così, per una volta, possono andare d’accordo. La vendemmia verde “parziale” non è solo una misura di mercato, per governare il comparto in un momento di crisi, ma può essere assimilata a una buona pratica agricola.
Una sorta di completamento della potatura invernale, un ridimensionamento del carico produttivo per ceppo (un po’ oneroso a dire il vero) che può avere effetti utili dal punto di vista qualitativo per i vitigni a bacca nera (soprattutto se fosse stata attivata per tempo e non a luglio avanzato), con un potenziamento del quadro fenolico e talvolta anche aromatico, un po’ meno per quelli a bacca bianca.
Un precedente per cambiare le regole
Un’esperienza che può costituire un precedente per rivedere le norme un po’ rigide dell’ocm vino. Il mancato successo della vendemmia verde tradizionale è infatti legato a vincoli giustificati solo dall’ossessione dei controlli. Un vero peccato, visto che la misura era stata pensata proprio come utile strumento per una gestione flessibile delle produzioni (ed evitare così che eventi congiunturali – come appunto l’epidemia da covid 19 – determinassero effetti strutturali negativi con una corsa agli espianti). Ora però, nell’era della digitalizzazione, non serve verificare se sulle piante sono rimasti i piccioli dei grappoli eliminati: i controlli si possono fare ex- post sui registri telematici e sulle dichiarazioni di produzione. In questo modo il fine supera i mezzi e il risultato della riduzione della resa, rispetto ad un periodo assunto come storico, può essere svincolato dal metodo con cui viene realizzato.
Pratiche più sostenibili e flessibili
Perché invece che agire solo sui grappoli, per ridurre le rese può essere utile affidarsi ad altre pratiche agricole.
Più sostenibili e flessibili, anche alla luce dei cambiamenti climatici in atto, come ad esempio:
- le potature tardive,
- la scacchiatura dei germogli fertili,
- la cimatura in post invaiatura,
- oppure il contenimento della vigoria (spesso responsabile di alte produzioni).
Il successo della vendemmia verde parziale però non può essere generalizzato, perchè dipende anche dal binomio “peso del grappolo - fertilità gemmaria”, ovvero per i vitigni a grappolo grosso e ad alta fertilità può essere risolutiva, mentre per quelli a grappolo limitato e/o a bassa fertilità tecnicamente la sua applicazione è un grosso errore.