
Chi vive la campagna sa perfettamente che ogni annata è diversa dall’altra. Siccità, piogge insistenti, alte temperature, colpi di freddo. Tutto un variegato armamentario di situazioni ambientali diverse che fanno di ogni annata viticola un evento a sé stante, che si concretizza in sfumature sempre diverse e ben riconoscibili dei nostri vini e che apprezziamo durante quelle degustazioni “in verticale” alle quali tanto amiamo partecipare.
E anche quest’anno, A.D. 2025, la regola è confermata. Il clima in molte parti d’Italia si è presentato con una primavera anticipata seguita da un giugno molto caldo e umido, che ha poi lasciato il passo a un luglio dalle temperature non particolarmente elevate. Solo ad agosto su social e TV si è tornati a parlare di canicola e “bollini rossi”.
Per il 2025 sarà però necessario, per molti produttori di vino, annotare sul taccuino un’altra peculiarità: le farfalle.
In trenta anni di lavoro professionale in vigneto (e cantina) non abbiamo mai visto una presenza tanto alta di lepidotteri come in questa annata. Dopo i primi normali “nidi” (crisalidi) di Lobesia botrana che abbiamo osservato sui grappolini in fioritura, la deposizione di uova della seconda generazione è stata decisamente sopra la media per numerosità e per la scalarità temporale. Risultato? Uova, larve, crisalidi e adulti contemporaneamente presenti nei vigneti con percentuali di grappoli attaccati anche superiori al 50% se non trattati.
Una situazione già difficile, che ha guidato la strategia di difesa sul terzo volo: due, tre e anche quattro (dipende dal tipo di prodotti utilizzati) trattamenti consecutivi nel tentativo di contenere una terza generazione che, come atteso, si è presentata con una ovideposizione abbondante ed estesa per molte settimane.
I nuovi danni di tale generazione si sono aggiunti a quelli già causati dagli acini secchi (punto di partenza ideale per marciumi e botriti) derivanti dall’attacco della seconda generazione. E a un quadro già decisamente complicato si è aggiunta un’altra “farfalla” che si è fatta vedere in giro per l’Italia, altamente polifaga e occasionalmente presente in vigneto: la tignola rigata, Cryptoblabes gnidiella. Essa è in grado di distruggere in pochissimo tempo grappoli interi di uva, attaccando non solo gli acini ma anche i raspi. Questo insetto sfuggevole e di difficile controllo ha danneggiando la produzione a macchia di leopardo in varie zone viticole di tutta Italia.
Tale massiccia presenza ha creato numerosi problemi a viticoltori ed enologi ma ha anche permesso di testare a fondo l’efficacia di nuove tecniche di difesa.
Fra le altre abbiamo visto “eserciti di cacciatori” combattere al nostro fianco nella difesa delle uve: circa due miliardi di nematodi entomopatogeni distribuiti per ettaro hanno banchettato con le numerose giovani larve dei vari lepidotteri presenti, riducendone significativamente la numerosità e il relativo danno.
Una delle numerose nuove strategie di difesa più sicure per ambiente e operatori, ma che richiederanno tecnici di campo sempre più attenti, preparati e competenti.
Editoriale di VVQ 6/2025