Ogni vino è una soluzione complessa.
Ciascuno con una specifica capacità di resistere agli effetti negativi dei processi ossidativi, da cui dipende direttamente la potenziale shelf life del prodotto stesso. La composizione chimica del vino considerato, in termini di concentrazione di composti antiossidanti naturalmente presenti o aggiunti nel corso dei processi produttivi, assume un ruolo determinante nel determinare tale specificità.
Articolo pubblicato su VVQ 3/2021
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L’anidride solforosa come marker dei fenomeni ossidativi
Tra tutti i possibili composti ad attività antiossidante ammessi in vinificazione, l’anidride solforosa (SO2) gioca un ruolo di primissimo piano grazie alla sua efficacia e versatilità, che la rendono uno dei prodotti più utilizzati a tale scopo.
Allo stesso tempo l’SO2 sembra avere tutte le potenzialità per essere impiegata come marker del decorrere dei processi ossidativi a carico di un vino al variare delle condizioni di conservazione impiegate. Generalmente l’SO2 in un vino si può trovare in due forme chimiche principali: SO2 combinata (CSO2) e libera (LSO2), di cui quest’ultima è la componente attiva, ma rappresenta un intermedio di processo la cui concentrazione è fortemente influenzata dal decorso di diverse reazioni chimiche non solo di carattere ossidativo.
Essendo queste due forme in equilibrio dinamico tra loro, la reale capacità protettiva svolta dalla SO2 nel contrastare la degradazione ossidativa di un vino è influenzata da vari fattori (ad es. pH, concentrazione e tipologia di composti che si possono combinare più o meno stabilmente con la SO2 libera, potenziale redox e così via) per cui la loro somma (SO2 totale, TSO2 = CSO2 + LSO2) appare la scelta più promettente per individuare un marcatore interno che possa essere efficacemente impiegato come indice per seguire l’andamento del processo ossidativo in un vino al variare delle condizioni di conservazione. Senza scendere troppo nei dettagli chimici e matematici, è possibile individuare una funzione che rappresenti l’andamento nel tempo della concentrazione della TSO2 durante la degradazione ossidativa.
Questa funzione matematica segue un andamento asintotico tendente a zero e la tendenza di un vino a subire più o meno pesantemente la degradazione ossidativa può essere espressa in funzione dei valori che di volta in volta vengono attribuiti ai due parametri funzionali che rappresentano la funzione stessa.
Questi due parametri sono la costante cinetica kTSO2 e la concentrazione iniziale di TSO2 e potremo utilizzarli in pratica per confrontare il grado di ossidazione di un vino al variare delle condizioni operative adottate: più la costante cinetica è elevata, più la degradazione ossidativa è rapida.
Evoluzione sensoriale del vino conservato
Nel corso degli ultimi decenni la valutazione sensoriale è divenuta una disciplina scientifica che può essere utilmente impiegata per evocare, misurare, analizzare e interpretare le sensazioni percepite dai sensi della vista, dell’olfatto, del gusto, del tatto e dell’udito fornendo un risultato di sintesi che si rivela fondamentale per prevedere/interpretare le risposte dei consumatori e dei mercati.
In questo contesto, è possibile introdurre il concetto di “shelf life sensoriale” di un prodotto conservato indicando con esso il tempo di conservazione in cui la qualità organolettica complessiva, o l’intensità di uno specifico attributo sensoriale, raggiunge un valore minimo predeterminato o “limite minimo di accettabilità organolettica”, supponendo che una volta che il prodotto ha raggiunto questo punto non sia più vendibile.
Pertanto, i descrittori utilizzati durante i test sensoriali condotti durante l’intero periodo di conservazione dovranno includere il monitoraggio di specifici attributi relativi ai parametri visivi, olfattivo/aromatici e gustativi che verranno selezionati come indici di qualità sensoriale specifici per il prodotto considerato. Nello specifico, la maggior parte dei cambiamenti organolettici che influenzano negativamente la qualità di un vino durante la conservazione sono associati all’ossidazione e all’idrolisi dei composti fenolici e volatili con particolare riferimento agli esteri.
L’entità del loro impatto sulla qualità globale del prodotto dipende dallo stile del vino, dalle tecniche di produzione, dall’origine varietale, dalle condizioni di conservazione e dalle aspettative dei consumatori.
Casi di studio - Evidenze sperimentali
Passando dalla teoria alla pratica, si prendono in esame i risultati di un lavoro sperimentale svolto recentemente dal nostro gruppo di ricerca allo scopo di approfondire la dinamica dell’evoluzione dei vini rossi durante la conservazione, al variare del packaging e delle condizioni di conservazione adottate. Il piano sperimentale adottato è schematizzato in Figura 1 (immagine di apertura).
Viene valutata l’influenza delle condizioni di conservazione (temperatura, materiale di imballaggio e volume dell’imballaggio) sull’evoluzione chimico-composizionale e organolettica di un vino rosso durante un periodo di conservazione di 12 mesi. Uno stesso vino rosso (contenuto iniziale di TSO2 pari a 0,106 g/L) è stato confezionato utilizzando una linea di imbottigliamento/riempimento completamente automatizzata impiegando materiali di imballaggio diversi, come rappresentato schematicamente in Figura 1.
Influenza della temperatura di conservazione
(due temperature per ogni imballaggio)
Come riportato nella Tabella 1, dopo 12 mesi di conservazione, si può osservare che la degradazione del vino conservato è stata significativamente ritardata al diminuire della temperatura, indipendentemente dal tipo di imballaggio adottato.
L’unica eccezione all’andamento generale è rappresentata dal vino conservato in bottiglie di vetro chiuse con tappi di sughero naturale. In quest’ultimo caso, infatti, la temperatura di conservazione non sembra aver avuto un’influenza significativa sull’evoluzione del vino. Bisogna però sottolineare come, per accelerare l’evoluzione dei vini nel tempo, in questa sperimentazione abbiamo impiegato bottiglie chiuse con tappo di sughero ma prive di capsula protettiva e conservate in posizione verticale. Questo punto meriterà un approfondimento successivo in quanto è stato oggetto di una successiva sperimentazione specifica.
Influenza del volume
(due volumi per ogni imballaggio)
Come mostrato nella Tabella 2, dopo 12 mesi di conservazione, si può osservare che il tasso di degradazione della TSO2 è aumentato significativamente quando il volume del contenitore è diminuito, indipendentemente dalla tipologia di imballaggio utilizzata. In questo caso, l’unica eccezione è rappresentata dal vino conservato in bottiglie di vetro chiuse con tappi a vite in cui l’effetto volume non è apparso significativo.
Influenza del materiale di imballaggio
(bottiglie di vetro dotate di diverse chiusure e Tetra Brik®)
Sulla base dei dati sperimentali descritti (Tabella 2), per verificare l’impatto dei diversi contenitori impiegati per conservare il vino sulla sua evoluzione ossidativa abbiamo scelto le condizioni operative più sfavorevoli, confrontando tra loro i vini conservati a temperatura ambiente nei contenitori più piccoli (sottogruppo di campioni a, b, c, d, e).
Le diverse tipologie di imballaggio hanno influito diversamente sulla degradazione ossidativa del vino conservato, come indicato dalla differente velocità di riduzione della TSO2. Applicando l’analisi della varianza ai dati relativi al sottogruppo di campioni evidenziati in grigio in Tabella 2, tali differenze appaiono statisticamente significative (dati non mostrati). In particolare, nel vino conservato in TetraBrik® la riduzione della concentrazione di TSO2 si è verificata ad un ritmo più rapido rispetto al vino in bottiglie di vetro, indipendentemente dal tipo di chiusura. Questo risultato indica chiaramente che il vetro è un materiale più efficace del multistrato nell’isolamento da gas. Confrontando tra loro i tassi di ossidazione della TSO2 nei vini conservati in bottiglie di vetro, il tappo a vite si è rivelato il sistema di chiusura più efficace.
In Figura 2 si riportano i valori medi attribuiti da un panel di degustatori addestrati ai principali parametri sensoriali valutati nei vini rossi al variare del contenitore impiegato in fase di confezionamento. Indipendentemente dalla chiusura, dopo 12 mesi di conservazione il vino conservato in bottiglie di vetro presentava valori ancora elevati per gli attributi sensoriali positivi “franchezza”, “armonia dell’odore” e “piacevolezza complessiva”. Al contrario, nello stesso arco temporale il vino confezionato in TetraBrik® ha evidenziato un significativo peggioramento delle sue caratteristiche organolettiche, con alti valori attribuiti al “grado di ossidazione” e al “retrogusto negativo”.
Conclusioni
La discussione dei dati sperimentali dà la possibilità di trarre alcune conclusioni seppur preliminari:
- per seguire l’andamento del processo ossidativo in un vino rosso conservato per 12 mesi è possibile impiegare la concentrazione di anidride solforosa totale (TSO2) come marcatore interno di processo. Gli elevati valori assunti dal coefficiente di correlazione tra dati teorici e sperimentali (R2) riportati nelle Tabelle 1 e 2 confermano la validità di tale ipotesi;
- nell’arco dei 12 mesi di osservazione è stato possibile mettere in evidenza un impatto significativo sulla velocità di degradazione di un vino rosso sia della temperatura di conservazione che del volume del contenitore. La degradazione più veloce è stata registrata quando si sono impiegati contenitori dal volume ridotto e il vino è stato conservato a temperatura ambiente;
- nonostante i vantaggi legati alla facilità di utilizzo, l’impiego di contenitori multistrato per il confezionamento del vino rosso ne riduce significativamente la shelf life.
Gli autori sono dell'Università di Pisa