Un'altra estate si è appena conclusa e presto arriveranno le stime della superficie che anche quest’anno è andata a fuoco, colpita dagli incendi boschivi e non solo. Ai grandi e drammatici eventi della Grecia si aggiungeranno gli ettari che in Italia e nelle altre regioni del mondo erodono ogni anno territori forestali e rurali, senza risparmiare le regioni viticole. Sono ancora una volta i cambiamenti climatici che, per le condizioni progressivamente più calde e siccitose, facilitano lo sviluppo dei fuochi e che, insieme a una serie di altri fattori (la diffusione degli insetti e dei venti, ad esempio) portano all’alterazione degli ecosistemi forestali e rurali.
Sebbene l’Italia sia nel bacino del Mediterraneo tra le regioni più colpite dal fuoco (nel solo 2017 sono bruciati nel nostro paese 141.000 ettari di boschi) e il frazionamento fondiario ponga in tutte le zone viticole aree boschive e vigneti a stretto contatto, le relazioni tra gli incendi e i danni qualitativi, strutturali ed economici per il settore vitivinicolo sono state scarsamente approfondite e i dati non sono disponibili.
I primi a studiare gli effetti del fumo e degli incendi sulla qualità delle uve e dei vini, a partire dal 2003, sono stati i ricercatori australiani - alcune regioni australiane sono colpite in modo particolare da incendi ricorrenti e talvolta programmati - che negli anni hanno sviluppato linee guida e decaloghi di best practice per stimare e gestire i danni sulla qualità dei vini e sui vigneti (Jiranek, 2011, Krstic et al., 2015).
Dalla pirolisi delle lignine si sviluppano quantità consistenti di fenoli volatili come guaiacolo, 4 metil guaiacolo, siringolo e orto, para o meta cresolo, che trasportati dal fumo sono facilmente assorbiti dalle foglie e dai grappoli, per essere poi rapidamente legati a uno zucchero, mono o disaccaride, e divenire più solubili e trasportabili negli organi della vite (Jiranek, 2011).
L’accumulo dei glicosidi dei fenoli volatili negli acini, dove si localizzano principalmente all’interno delle bucce, dipende dalla densità del fumo, dal tempo di esposizione e dalla fase fenologica di sviluppo del grappolo e del germoglio al momento dell’incendio. Gli studi hanno infatti dimostrato che il rischio di presenza di fenoli volatili nelle uve cresce con l’avanzamento della maturazione ed è massimo nel periodo che va dall’invaiatura fino alla raccolta (Kennison et al., 2009).
L'ARTICOLO COMPLETO A FIRMA DI ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI E' PUBBLICATO A PAGINA 50 DI VVQ 7/2018 - OTTOBRE
Bibliografia
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