Il moralismo diventa una questione di etichetta.
Il vino è da anni nel mirino di salutisti e ambientalisti che hanno finalmente trovato il punto debole su cui fare breccia. Invece che mettere al bando il contenuto, le nuove tentazioni proibizioniste si concentrano infatti sul contenitore.
Una sigla per ogni componente
Dal 1° gennaio di quest’anno i produttori si devono infatti già misurare con l’etichettatura ambientale degli imballaggi. Un obbligo non semplice da osservare, soprattutto per contenitori multicomponente come una bottiglia munita di tappo, capsula, gabbietta ed etichetta. Le linee guida del Mite (oggi Mise, Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica) emanate la scorsa primavera definiscono le due tipologie di informazioni da indicare (v. VVQ 4/2022).
Ovvero la codifica alfanumerica di ciascun materiale (GL71 per la bottiglia verde, ALU40 per la capsula, FOR51 per il sughero..) che, nel caso di vendite dirette a consumatori, deve essere prevista per ciascuna componente separabile manualmente. In più occorre anche riportare le indicazioni per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi. Un tema caldo riguarda la responsabilità della conformità di queste indicazioni, che il Mite attribuisce direttamente ai produttori, trascurando i fornitori di bottiglie e materiali di imballaggio. Nel caso di involucri di piccole dimensioni come le bottiglie viene concessa la possibilità di utilizzare strumenti digitali come i qr code, preservando così il layout grafico delle etichette.
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Silenzio-assenso in Irlanda
Che comunque rischia di essere compromesso dall’altra grande battaglia che riguarda il vino, quella della salute. Scongiurato a inizio dicembre, grazie all'intervento dell'EuroParlamento, il rischio del suo inserimento nella black list dei prodotti dannosi per i quali è precluso l’accesso ai fondi promozione, il vino vede ricomparire dal basso, a livello nazionale, il pericolo di un’etichetta dissuasoria (nello stile di quelle utilizzate per il tabacco) per colpa di un’iniziativa irlandese.
Dublino ha infatti notificato a Bruxelles lo scorso giugno l’intenzione di riportare avvertenze sanitarie sui prodotti che contengono alcol come il vino. Scaduti sei mesi dalla notifica, nonostante il parere negativo di Italia, Spagna Francia e di altri sei Paesi membri, in mancanza di rilievi da parte dell’Esecutivo comunitario, è scattato il silenzio- assenso. Un esempio che rischia di essere imitato da altri Paesi del Nord Europa e contro cui si è scagliato l’intero arco di rappresentanza della filiera vitivinicola italiana.
Le calorie in Usa
Ma le brutte notizie non finiscono qui. Mentre l’Ue è distratta dalla battaglia sul Nutriscore, il sistema a semaforo sviluppato in Francia per l'identificazione dei valori nutrizionali fortemente osteggiato dal nostro Paese, gli Stati Uniti (mercato numero uno per il nostro vino) vanno oltre pensando di indicare le calorie direttamente sulla bottiglia.
L'Alcol and Tobacco Tax and Trade Bureau, l'agenzia che regola l'etichettatura in gran parte dell'industria degli alcolici negli Usa, raccogliendo l’invito di alcune associazioni di consumatori, ha infatti dichiarato a metà novembre l’intenzione di stabilire regole per l'etichettatura obbligatoria delle informazioni nutrizionali, sugli allergeni e sugli ingredienti per birra, vino e alcolici entro la fine del 2023.
Resterà spazio sulle bottiglie per descrivere il tipo di vino contenuto?
(Anteprima da Terra e Vita 2/2023)
Torna il vuoto a rendere?
La Commissione Ue ha recentemente pubblicato una proposta di regolamento con l’obiettivo di disciplinare la gestione e il riutilizzo degli imballaggi (Per approfondire leggi VVQ 1/2023). Si tratta di un tema che rientra nello spazio di lavoro del Green Deal, la cui politica è finalizzata a favorire la transizione ecologica dei processi e dei sistemi di produzione. Ma che tuttavia – ed è qui la maggiore preoccupazione – mette al centro il riutilizzo degli imballaggi e non il loro riciclo: un orientamento praticamente controcorrente rispetto ai modelli di riduzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti e alle modalità di recupero e di riciclo, la cui filiera, almeno in Italia, ha già raggiunto importanti traguardi.
Il testo pubblicato fissa degli obiettivi per i produttori e i distributori che dal 1° gennaio 2030 dovranno garantire che il 5% dei vini immessi sul mercato utilizzino contenitori riutilizzabili, impegno destinato a raggiungere il 15% entro il 1° gennaio 2040.
Per il vino si tratterebbe di un’impresa quasi impossibile vista la necessità di recuperare e igienizzare bottiglie non standardizzate, ma differenti per colore, forma e capacità (spesso anche personalizzate) e sempre più destinate a mercati esteri sempre più lontani.
S.Seq.