I vantaggi competitivi dei vitigni resistenti

Il Vcr Research Center e i motivati ricercatori impegnati nel miglioramento delle prestazioni di sostenibilità delle varietà italiane e internazionali
Crescono in Italia le superfici dei vitigni resistenti (+124% in tre anni) nonostante le resistenze di alcune Regioni. I produttori prendono le misure, accumulando conoscenze agronomiche ed enologiche che consentono di produrre vini di qualità premiata nei concorsi dedicati. I Vivai Cooperativi Rauscedo sono in prima linea con un programma di sviluppo che ha già raggiunto i 60mila genotipi resistenti in osservazione e che si propone di migliorare la sostenibilità della gestione di tutti i vitigni italiani. Un impegno in favore della competitività del Vigneto Italia che andrebbe maggiormente assecondato

Le varietà resistenti sono il futuro della viticoltura. Quelle che hanno le migliori prospettive di mercato. Strumenti tecnici evoluti in grado di offrire le più affidabili garanzie per fare fronte alle crisi (economica, energetica e climatica) che stanno lasciando un pesante segno sul vigneto Italia.

Eugenio Pomarici, ordinario di Economia ed Estimo Rurale presso l’Università degli Studi di Padova lo ha ribadito nel corso della recente convention organizzata dai Vivai Cooperativi Rauscedo a Offida (Ap), nell’entroterra marchigiano.

 

Il ruolo di gamechanger

«I Piwi – ha detto – sono i potenziali gamechanger della nostra vitivinicoltura, gli elementi capaci di cambiare le carte in tavola».

Un cambiamento fortemente sostenuto dalla Commissione europea che sta spingendo l’acceleratore della transizione ecologica ribadendo, con la strategia Farm to Fork, la volontà di «intraprendere azioni ulteriori per ridurre, entro il 2030, l'uso e il rischio dei pesticidi chimici del 50% (una percentuale che, nelle intenzioni del vicepresidente della Commissione Frans Timmermans potrebbe arrivare al 62% per l’Italia)».

Una mission impossible (o quasi) che in viticoltura può essere realizzata solo sostenendo una più massiccia diffusione delle varietà capaci di ridurre fortemente il ricorso alla chimica. Ovvero quelle ottenute attraverso incroci di nuova generazione tra Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis, in modo da ottenere nuove varietà caratterizzate da almeno il 95% dei geni del parentale “nobile”, tolleranti/resistenti alle più diffuse malattie crittogamiche (peronospora, oidio e presto altre) ma con buone/ottime caratteristiche organolettiche.

In una parola… Piwi

In una parola, in attesa che i guru del marketing vitivinicolo trovino altre sigle in lingua italiana, i Piwi per l’appunto (dal tedesco Pilzwiderstandfähig, vitigni resistenti alle malattie fungine).

Dal 2023, con l’entrata in vigore della nuova Pac e della nuova Ocm unica, questi vitigni potrebbero essere utilizzati anche per le Doc e le Docg, se previsto dal disciplinare e non essere solo confinati agli ex vini comuni e agli Igt.

Il condizionale però è d’obbligo perché il Testo Unico della vite e del vino continua a vietarne (art 33 co. 6 della L.238/2016) l’utilizzo nelle denominazioni d’origine italiane «e questo comma – spiega Pomarici - non decade automaticamente con l’entrata in vigore della nuova Ocm, ma è necessario un passaggio legislativo a modifica dell’articolo citato».

C’è quindi ancora molto da fare per cogliere in pieno questa opportunità e metterci alla pari con competitor come la Francia che, dopo lo scetticismo iniziale, ha ormai abbracciato con convinzione la causa dei vitigni resistenti autorizzandone l’uso in alcune Aoc e stimolando specifici progetti di ricerca nazionali.

Boicottaggi immotivati

Le superfici italiane sono per ora limitate, ma in espansione. In tre anni si è infatti passati dai 626 ettari del 2019 ai 1.400 circa stimati del 2022 (+124%).

«Una crescita significativa -testimonia Eugenio Sartori di VCR-  soprattutto perché frenata, in maniera del tutto innaturale, dalle difficoltà con cui le amministrazioni regionali (non) concedono le autorizzazioni per l’utilizzo di questi vitigni».

Oggi le cantine che investono sull’innovazione dei vitigni resistenti hanno infatti un preciso gradiente geografico sbilanciato verso Nord-Est. Si tratta infatti di 53 aziende vitivinicole in Veneto, 33 in Alto Adige, 31 in Trentino, 20 in Lombardia, 16 in Friuli Venezia Giulia, 2 in Piemonte, 2 in Abruzzo. Nelle Marche e in Emilia-Romagna sono per ora concesse “in osservazione” presso alcune realtà.

da sinistra: Pietro D'Andrea, presidente VCR; Eugenio Sartori, direttore generale, Yuri Zambon, Technical sales manager nel corso della convention di Offida (Ap)

Partire prima conta

Produttori che, grazie alla maggiore apertura all’innovazione delle amministrazioni regionali dove operano, si stanno assicurando un significativo vantaggio competitivo, accumulando le conoscenze agronomiche ed enologiche necessarie per ottenere vini di qualità da questi nuovi vitigni.

Il nostro Paese ha infatti oggi a disposizione un’ampia scelta di varietà resistenti che possono essere vantaggiosamente impiegate nelle diverse aree vocate della penisola. E molte di queste sono state messe a punto in Italia grazie all’impegno sostenuto dai Vivai Cooperativi Rauscedo assieme all’Università degli Studi di Udine e a Iga (Istituto di Genomica applicata di Udine) e alle prove sperimentali compiute presso il VCR Research Center.

I vitigni resistenti più impiantati

Soreli tra i bianchi e Merlot Khorus tra i rossi sono i vitigni resistenti per ora in testa come numero di barbatelle innestate nel corso degli ultimi 5 anni, con una disponibilità che ha superato le 300mila unità all’anno.

Seguiti, con disponibilità medie attorno alle 100/150mila unità all’anno da: Fleurtai, Cabernet Eidos, Cabernet Volos, Merlot Khantus, Sauvignon Kretos, Sauvignon Nepis, Sauvignon Rytos.

In crescita le varietà resistenti di Pinot disponibili dal 2020: Pinot Iskra, Pinot Kors, Volturnis e Kersus, in attesa della ormai prossima registrazione delle prime due varietà resistenti di Glera messe a punto a Rauscedo.

Varietà commercializzate finora soprattutto nel nostro Paese, ma ora in crescita costante anche all’estero tanto che, se non cambierà l’atteggiamento delle autorità registrative locali, si potrebbe presto prefigurare un pareggio tra il numero delle barbatelle commercializzate entro e oltre confine.

Le varietà resistenti figlie di Glera di prossima registrazione

I programmi di ricerca in corso

Il Vigneto Italia conserva ancora un notevole vantaggio competitivo, garantito dalla presenza  della realtà di maggiore peso nel vivaismo viticolo mondiale. I Vivai cooperativi Rauscedo producono e commercializzano  infatti più della metà delle circa 140 milioni di barbatelle prodotte in Italia; più del 20% di quelle prodotte in tutta Europa.

Il 90% delle barbatelle esportate dal nostro Paese proviene dal piccolo borgo friulano di Rauscedo, dove questa struttura cooperativa costituita da 210 soci produttori ha da poco costituito un centro di ricerca all’avanguardia (il VCR Research Center).

Elisa De Luca nei laboratori del VCR Research Center

È qui che vengono gestiti i nuovi programmi di ibridazione di VCR che puntano a sviluppare nuovi genotipi di vite da vino con:

  • profilo enologico di elevata qualità e comunque superiore a quello del genitore nobile;
  • buone attitudini agronomiche, tolleranza agli stress idrici, germogliamento e maturazione medi o tardivi;
  • elevata resistenza (poligenica) alla peronospora ed oidio;
  • tolleranza alle malattie secondarie, in particolare a Black Rot ed escoriosi;
  • tangibile riduzione dei trattamenti (-70-80%);
  • elevata sostenibilità ambientale ed economica.

Una ricerca che si rivolge anche allo sviluppo di nuovi portinnesti dotati di elevata resilienza al cambiamento climatico e a genotipi di vite tavola caratterizzati da:

  • maggiore grandezza degli acini;
  • apirenia;
  • shelf-life;
  • trasportabilità;
  • ottime proprietà organolettiche.

Grani e vitigni antichi

«I genotipi resistenti - spiega Yuri Zambon di VCR - in osservazione presso i Vivai Cooperativi Rauscedo sono oltre 60mila e il programma di miglioramento genetico riguarda praticamente tutte le varietà italiane e le maggiori varietà internazionali».

A chi, anche dopo un’annata caratterizzata da ondate di calore e siccità record, è convinto che la nostra vitivinicoltura debba rispondere all’emergenza climatica, alla crisi economica e alla necessità di una veloce transizione ecologica solo con la forza dei vitigni tradizionali, si può ricordare che anche varietà di grano come la Senatore Cappelli ottenute per ibridazione da Nazareno Strampelli un centinaio di anni fa presso l’Abbazia di Fiastra, poco lontano dalla sede della convention 2022 di VCR, erano innovazioni tecnologiche contestate e ora sono invece considerati “grani antichi” testimoni della nostra “tradizione contadina”.

È la dimostrazione che l’innovazione non si può fermare, che la ricerca e lo scambio di esperienze deve continuare. E che la promettente innovazione dei vitigni resistenti merita più aperture, meno pregiudizi e una più corretta comunicazione verso i produttori e i consumatori.

Per info: https://www.vivairauscedo.com/

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I vantaggi competitivi dei vitigni resistenti - Ultima modifica: 2022-10-26T12:46:53+02:00 da Lorenzo Tosi

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