È forte e chiaro il messaggio emerso dalle due relazioni tecnico-scientifiche di Tito Caffi, ricercatore presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, e Gabriele Posenato (Agrea) a Conegliano Veneto (TV) in occasione della tappa veneta dell'Accademia in Campo BASF (tenutasi il 2 marzo 2016 presso la sede del Cirve - Università di Padova): solo una conoscenza approfondita di oidio e botrite ci consente di impostare in modo razionale le strategie di lotta, che devono basarsi su una corretta gestione agronomica del vigneto e sull'uso mirato di principi attivi e formulazioni.
Chi è il nemico?
"Insieme alla peronospora, l'oidio è il principale avversario che dobbiamo contrastare in vigneto. La sua aggressività è testimoniata dal fatto che, dal primo riconoscimento in Inghilterra nel 1845, entro il 1852 l'oidio si è diffuso ed è stato individuato in diversi vigneti europei", ha affermato Tito Caffi. "Per chi, come il mio gruppo di ricerca, si occupa di modellistica, il ciclo del patogeno - ha proseguito il ricercatore - è il punto di partenza. Ciclo che, attraverso l'analisi dei sistemi, abbiamo scomposto nei suoi passaggi chiave, focalizzandoci in particolare sullo svernamento". L'oidio sverna sulla vite in due modi, nelle gemme infette come fungo latente o sotto forma di cleistoteci, corpi fruttiferi derivanti dalla riproduzione sessuale di ceppi compatibili. Nel primo caso, alla ripresa vegetativa primaverile dalla gemma si sviluppa il cosiddetto germoglio a bandiera (flag shoot). A seguito della colonizzazione da parte del micelio, le foglie rachitizzano e si presentano avvolte da un feltro biancastro. "Se il vigneto viene adeguatamente gestito - ha sottolineato Caffi - i germogli a bandiera sono una rarità, in quanto l'oidio è in grado di penetrare all'interno dei tessuti della gemma fin tanto che essa è erbacea, cioè all’allegagione. Se quindi arriviamo alla post-fioritura in condizioni di assenza di mal bianco in vigneto, le gemme saranno esenti da oidio. Se, al contrario, abbiamo infezioni importanti durante la fioritura, mentre avviene la differenziazione delle gemme, l'anno successivo dovremo individuare in modo tempestivo i germogli a bandiera". I cleistoteci invece, che in base alla più recente tassonomia dovrebbero in realtà essere chiamati casmoteci, si formano su tutte le parti della pianta - rachide, germogli, foglie e bacche - e assumono una colorazione che a seconda dell'età vira dal giallo, all'arancione, al marrone e infine al nero, quando sono maturi e pronti per liberare ascospore, fonte di infezione. "Studi da noi condotti dal 2005 al 2009 - ha proseguito Caffi - in diversi vigneti dell'Emilia Romagna per valutare la dispersione dei cleistoteci durante la stagione vegetativa, hanno dimostrato che la stragrande maggioranza dei cleistoteci contenenti ascospore è già presente in tarda estate - inizio autunno, periodo nel quale queste ultime vengono già rilasciate, nonostante il momento non favorevole per l'avvio di una nuova infezione, allo scopo di aumentare la variabilità genetica del fungo. Il 60% circa delle ascospore viene rilasciato prima della caduta delle foglie e il rimanente 40% dopo l'apertura delle gemme (stagione successiva). Questo ci dice che il 40% delle ascospore è sufficiente a darci problemi in vigneto. Le ascospore sviluppano i conidi, che determinano lo sviluppo epidemico della malattia. I conidi si depositano su nuove foglie, sviluppano gli appressori per la penetrazione del tessuto e inizia il rapporto trofico patogeno-pianta. La colonia cresce e si sviluppa, aumentando la superficie attaccata, poi il fungo inizia a riprodursi e a sporulare, dando nuovi conidi che generano nuove infezioni". La pianta manifesta talora reazioni di ipersensibilità, che limitano la gravità dell'infezione sul grappolo, a 30-35 giorni dalla fioritura. Pertanto più in avanti spostiamo l'eventuale attacco di oidio nel corso della stagione vegetativa e maggiori probabilità abbiamo che il danno sia più contenuto. Su cosa si basa la difesa antioidica della vite? Sulla riduzione delle infezioni ascosporiche, sulla riduzione dei siti di infezione e sul contenimento della fase conidica. L'approccio tradizionale è più focalizzato su quest'ultimo aspetto e colloca gli interventi dalla pre-fioritura in poi. "Ci siamo allora chiesti - ha affermato Caffi -se ponessimo sufficiente attenzione alle infezioni ascosporiche e, sulla base di ricerche finanziate dalla regione Emilia Romagna e svolte in collaborazione con le principali industrie dell'agrochimica, abbiamo testato diversi prodotti per valutarne la miglior efficacia in relazione al momento di utilizzo, dimostrando la capacità di alcuni specifici fungicidi di agire su cleistoteci e ascospore".
Un aiuto al processo decisionale
Ma come possiamo capire quale sia il momento per intervenire con questo o quel principio attivo? "Qui si inserisce il discorso sui modelli previsionali - ha proseguito Caffi - o meglio ancora sui sistemi di sostegno alle decisioni, DSS, nei quelli tali modelli vengono fatti confluire. Il DSS vite.net® di Horta, spin-off dell’Ucsc di Piacenza e divulgato anche con la collaborazione di BASF, integra dati meteo, informazioni sulla fenologia, sulla presenza di malattie e la loro gravità etc., analizzandoli e producendo scenari da proporre all'utente (il tecnico, l'agronomo, il produttore) che viene guidato nella scelta del prodotto da utilizzare e del momento in cui distribuirlo". L'impiego di DSS come vite.net®, ha tenuto a sottolineare Tito Caffi, ha risvolti positivi sul contenimento dei costi aziendali (si distribuisce il prodotto solo se effettivamente serve e lo si pone nelle condizioni per avere massima efficacia) ma anche sul rispetto per l'ambiente e le esperienze condotte in campo dimostrano il raggiungimento dell'efficacia con un numero di trattamenti inferiore a quello consigliato sulla base delle indicazioni da bollettini fitosanitari.
L'importanza delle buone pratiche agronomiche
Sull'importanza della gestione congiunta e coordinata di botrite e oidio si è concentrata la relazione di Gabriele Posenato, che ha tenuto a sottolineare come per entrambe le malattie sia possibile adottare tecniche agronomiche in grado di contenere le infezioni, consentendo un uso più limitato dei prodotti chimici. Nel caso della botrite sono da tenere sotto controllo, quali fonti di inoculo, sopratutto i residui fiorali, in particolare nelle varietà che chiudono velocemente il grappolo e vanno così a creare una barriera alla penetrazione di qualsiasi prodotto. Una sfogliatura meccanica effettuata anche allo scopo di asportare i residui fiorali residui può risultare molto efficace. Poi occorrerà contenere la malattia con interventi in pre-chiusura e all'invaiatura ed effettuare una adeguata lotta alle tignole, mezzo di disseminazione della botrite in vigneto. "Ma è bene comprendere - ha sottolineato Posenato - che i trattamenti anti-oidici effettuati all'epoca giusta hanno anche un effetto di contenimento sulla botrite. A patto che gli interventi sul mal bianco siano assolutamente tempestivi. Le infezioni primarie si hanno dal 10-15 maggio al 10-15 giugno, a seconda della precocità delle annate, e alla maggior parte dei produttori i sintomi di queste infezioni sfuggono. Oppure vengono attribuiti a cause diverse dall'oidio. Siamo portati a pensare che il mal bianco si manifesti solo sulla pagina superiore delle foglie, ma in realtà le macchioline gialle su quella inferiore ci devono immediatamente mettere in un atteggiamento di attenzione". E le macchine che si utilizzeranno per i trattamenti, ha specificato Posenato, dovranno essere in grado di spostare le foglie e di depositare il prodotto anche sul lembo inferiore. (Costanza Fregoni)