Pac ed ecoschemi, proposte concrete per migliorarli

Vigneto con inerbimento artificiale
L’eco-schema 2 del Piano strategico nazionale vuole favorire l’inerbimento dell’interfila. Ma così come è concepito rischia di diventare un flop nei vigneti

La nuova politica agricola comune interviene a gamba tesa sul settore vitivinicolo.

Nel quinquennio di programmazione che parte il prossimo primo gennaio ci sono infatti cospicue novità: alcune positive, altre meno.

Per un settore abituato a guardare con particolare interesse solo all’Organizzazione comune di mercato, con l’importante impatto delle misure della promozione, della ristrutturazione dei vigneti e degli investimenti, diventerà infatti importante fare riferimento anche al capitolo degli aiuti diretti. Finora il vigneto è stato tagliato fuori da questa fonte di sostegno al reddito, ma l’effetto della convergenza interna porterà ad un progressivo aumento degli importi disponibili per il settore, proprio però nel periodo in cui Bruxelles ha deciso di tagliarli.

Anteprima da VVQ 3/2022

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La nuova condizionalità della Pac 2023-2027 prende infatti la forma dei cosiddetti “ecoschemi” che assorbono il 25% del primo pilastro.

L’obiettivo è nobile: ridurre l'impatto ambientale delle attività agricole, ma la strada scelta per arrivarci oggi è tutta in salita. Ne abbiamo parlato assieme a tecnici e produttori nel convegno “Ecoschemi Pac, un'opportunità di crescita” organizzato all’ultima Fieragricola di Verona dal Comitato Tecnico Scientifico di Edagricole.

I membri del Comitato tecnico scientifico di Edagricole relatori al convegno sugli Ecoschemi a Fieragricola

Le criticità dell’eco-schema 2

  • Il divieto di lavorazione del suolo durante tutto l’anno rende l’eco-schema 2 inapplicabile in numerosi areali caldi e siccitosi del centro e soprattutto del sud Italia, ove vi è la necessità di utilizzare tecniche di dry-farming, soprattutto lavorazioni superficiali ripetute in estate al fine di limitare le perdite idriche per risalita capillare. Suggerimento: sarebbe utile consentire 1 o 2 lavorazioni superficiali durante i mesi di luglio e agosto.
  • Negli ambienti del sud, il 15 maggio come data ultima di mantenimento obbligatorio dell’inerbimento potrebbe comportare dei problemi, in quanto la competizione idrica potrebbe essere già elevata.
    Suggerimento: nelle aree del sud Italia anticipare tale data al 15 aprile.
  • La concimazione di produzione diventa problematica, è necessario ricorrere agli spandiconcimi interratori oppure localizzare i nutrienti nel sottofilare (la cui gestione è libera) o al di sotto delle chiome.
  • Negli impianti inerbiti e/o pacciamati i rischi delle gelate primaverili aumentano, poichè il terreno si raffredda maggiormente e tali coperture agiscono come barriere per il trasferimento del calore alla pianta.
  • Costi: i 120 euro/ha l’anno previsti dalla normativa non coprono i costi di gestione, poiché anche in caso di inerbimento naturale, occorrono 3-4 trinciature l’anno con tempi operativi di 9-12 ore totali di lavoro, ai quali si aggiungono il carburante e gli oneri di ammortamento del trattore e della trinciatrice o sfalciatrice..
  • La tecnica del sovescio, meglio se fortificato, è pienamente praticabile forse anche in alcune aree del Sud in quanto necessita di almeno due interventi meccanici, ovvero un’erpicatura in autunno pre-semina ed un intervento meccanico primaverile per l’interramento della massa vegetale dopo averla trinciata e lasciata in situ ad essiccare per almeno 2-3 giorni.

Le scelte italiane

Per la prima volta Bruxelles ha delegato infatti agli Stati Membri il compito di definire con precisione questa misura all’interno dei Piani strategici nazionali per la Pac (Psn).

E una volta tanto il nostro Paese è stato puntuale, risultando tra i primi a consegnare il proprio Psn. Nel fitto confronto tra Ministero delle Politiche agricole, Regioni e filiere agroalimentari si è affermata la scelta di introdurre 5 nuovi regimi ecologici che prevedono un pagamento annuale disaccoppiato a superficie per l’esecuzione di alcune pratiche benefiche per il clima e l’ambiente.

Tra questi, per la viticoltura, si adatta solo l’eco-schema 2, denominato “Inerbimento delle colture arboree”, che prevede un plafond finanziario di 153 milioni di euro (il 18% circa del finanziamento totale dell’intera misura eco-schemi, pari a 874 milioni).

L’elemento debole

Sono molti oggi i vigneti italiani che hanno adottato la scelta dell’inerbimento dell’interfila. Un ampliamento di questa soluzione avrebbe un impatto sicuramente positivo sugli obiettivi di transizione ecologica e neutralità climatica della nuova Pac, ma i vincoli (vedi riquadro) che oggi accompagnano questa misura potrebbero scoraggiarne l’applicazione.

L'intervento di Giovanni Battista Conselvan, agronomo di Genagricola

L’elemento debole dell’inerbimento è infatti rappresentato dalla competizione, idrica e talvolta nutrizionale, esercitata nei confronti della specie arborea principale cui possono seguire riduzioni di resa e peggioramenti nella composizione dei frutti.

La scelta della corretta tecnica da utilizzare è complessa, poichè dipende da numerosi fattori, quali condizioni pedo-climatiche, influenza sulle rese e sulla qualità dei frutti, costi di esecuzione.

In Italia, considerando la complessità orografica e pedo-climatica degli areali interessati alle colture arboree, non si possono stabilire regole fisse che valgono sempre e ovunque. In funzione delle situazioni occorre sfruttare al meglio le varie tecniche di inerbimento disponibili, ergo totale o parziale, permanente o temporaneo, naturale o artificiale.

Nel caso di inerbimento naturale, praticamente a costo zero, l’attenzione va focalizzata sulla relativa gestione, ovvero trinciature e/o sfalci in tempi e modalità corrette, onde evitare competizioni eccessive ed ottimizzare i risultati, quali quelli indicati nella tabella sotto.

Tab.1 Confronto tecnico tra inerbimento rispetto a lavorazioni e/o diserbo

1) Complessità biologica - aumento delle popolazioni di micro e macro-organismi utili e/o indifferenti (batteri, funghi, lombrichi, artropodi, simbiosi micorriziche, ecc.)
- diminuzione della complessità floristica nell’inerbimento artificiale e aumento nel caso di inerbimento naturale
2) Erosione  - riduzione di erosione, smottamenti e frane negli impianti collinari e dell’effetto battente della pioggia sul terreno (contribuisce a stabilizzare i versanti collinari)
- aumento della velocità di infiltrazione dell’acqua e dello sgrondo idrico in profondità
3) Caratteristiche fisiche del terreno  - aumento della portanza, porosità e stabilità degli aggregati strutturali del terreno
- miglioramento della struttura e della capacità di ritenzione idrica
- riduzione della formazione di ormaie e costipamento per transito mezzi meccanici e delle fluttuazioni termiche del suolo
4) Caratteristiche chimiche del terreno - aumento della sostanza organica
- miglioramento della distribuzione in profondità degli elementi poco mobili (P, K e Mg)
- aumento della disponibilità nel tempo degli elementi nutritivi
- abbassamento del pH (positivo per rendere più disponibile Fe e P)
- sequestro temporaneo dell’N nitrico e sottrazione alla lisciviazione nelle acque di falda
- aumento della capacità degradativa degli agrofarmaci nel suolo
5) Disponibilità idrica  - aumento della competizione idrica nei confronti della specie arborea
- aumento o diminuzione del contenuto idrico del suolo in relazione alla natura del terreno
6) Disponibilità nutrienti  - aumenti della disponibilità di P e K
- possibili riduzioni nella disponibilità di N
7) Comportamento delle piante - riduzione del vigore e della crescita dei germogli, con chiome meno espanse e dense, quindi meno suscettibili agli attacchi parassitari
- riduzione delle rese
- miglioramento della qualità (spesso)
SVANTAGGI -   competizione minerale e soprattutto idrica

 

Nel caso di inerbimenti artificiali è opportuno utilizzare miscugli di graminacee nelle situazioni in cui è necessario contenere il vigore (festuche, loietto, poa, ecc.), mentre in caso contrario è bene utilizzare le leguminose (favino, veccia, sulla, lupino, trifogli, ecc.) in quanto azotofissatrici. Considerando che l’eco-schema 2 prevede obbligatoriamente la presenza di copertura vegetale erbacea tra il 15 settembre e il 15 maggio dell’anno successivo, i sovesci rientrano a pieno titolo tra le modalità di gestione applicabili.

Gestione interfilare

Le testimonianze raccolte durante l’evento di Fieragricola hanno fatto emergere come l’elemento più vincolante nelle scelte sull’eco-schema 2 adottate dal nostro Paese sia legato al divieto di lavorazione con mezzi meccanici dell’interfilare e, per le colture non a filare, dell’esterno della proiezione verticale della chioma durante l’intero anno.

Minori preoccupazioni riguardo al vincolo del controllo delle erbe naturali o seminate solo mediante falciatura o trinciatura con l’obbligo di mantenere in situ il materiale di sfalcio/sfibratura/trinciatura. L’applicazione della misura deve comportare inoltre un arricchimento della banca naturale dei semi e l’utilizzo di una gestione degli sfalci dell’erba che mira a mantenere per il periodo più lungo possibile una riserva di piante fiorite e quindi di polline utile per gli impollinatori e gli insetti entomofagi è da consigliare, quale ad esempio gli sfalci a filari alterni o a scacchiera.

Il vincolo della non lavorazione può tuttavia diventare particolarmente limitante per i vigneti del sud, a causa della minore disponibilità  idrica, ma può scoraggiarne l’adozione anche al nord.

L’approvazione del Psn italiano da parte di Bruxelles è prevista entro giugno, la sua applicazione è prevista per l’anno prossimo. L’auspicio è quello che si possa tenere conto dei suggerimenti espressi nel primo riquadro di questo articolo per non rischiare di disinnescare l’impatto di questa misura lasciandola come semplice opportunità aggiuntiva per le aziende che già utilizzano questo tipo di gestione, quali ad esempio la maggior parte di quelle a conduzione biologica, soprattutto del nord Italia.

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Gli impegni previsti

L’applicazione dell’ecoschema 2 prevede i seguenti impegni:

  1. assicurare la presenza di copertura vegetale erbacea spontanea o seminata (nel rispetto dell’impegno 3) nell’interfila o, per le colture non in filare, all’esterno della proiezione verticale della chioma, tra il 15 settembre e il 15 maggio dell’anno successivo.
  2. Limitare ulteriormente e progressivamente l’uso di prodotti fitosanitari sull’intero campo, incluso il bordo.
  3. Non effettuare lavorazioni del terreno nell’interfila o, per le colture non in filare, all’esterno della proiezione verticale della chioma durante tutto l’anno, fatta salva la pratica del sovescio. È consentito qualsiasi metodo di semina che non implichi la lavorazione del suolo.
  4. Durante tutto l’anno, gestire la copertura vegetale erbacea mediante operazioni di trinciatura-sfibratura della vegetazione erbacea, senza asportazione della vegetazione erbacea dal terreno.

Il sostegno economico

Il sostegno economico della misure è concesso per tutta la superficie oggetto d’impegno sotto forma di pagamento top up (aggiuntivo) al sostegno di base al reddito. L’importo unitario è pari a: 120 euro/ha l’anno. Tale importo è maggiorato per le Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (Zvn) e nelle zone Natura 2000.


Gli indicatori di efficacia

L’ampliamento dell’estensione mira a:

  • Contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici: l’inerbimento riduce l’emissione di CO2 che si avrebbe per mineralizzazione della sostanza organica ricorrendo all’ordinaria lavorazione del terreno.
  • Migliorare il sequestro del carbonio: carbonio organico nel suolo nei terreni agricoli. L’inerbimento determina maggiori apporti unitari di sostanza organica nel suolo.
  • Ridurre l’erosione dei suoli: l’inerbimento attenua l’effetto battente sul suolo delle piogge, favorisce le infiltrazioni d’acqua, limita il deflusso idrico superficiale, aumenta la rugosità superficiale del terreno e lo stabilizza con le reti di radici.
Pac ed ecoschemi, proposte concrete per migliorarli - Ultima modifica: 2022-03-30T00:46:21+02:00 da Lorenzo Tosi

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