«Esiste una differenza netta tra l’abuso di alcol, da combattere dati i rischi che ne derivano in termini di salute pubblica, e il consumo moderato e responsabile di vino e bevande alcoliche».
«Quest’ultimo, in combinazione con diete e stili di vita sani quali la dieta mediterranea, può avere effetti positivi scientificamente provati, in particolare per quanto riguarda malattie cardiovascolari».
«Questa differenza, più volte sottolineata anche dalla Commissaria Ue alla salute Stella Kyriakides, deve essere messa in risalto anche all'interno della relazione della commissione speciale contro il cancro (Beca) dell'Europarlamento».
150 firme
È quanto dichiarano Herbert Dorfmann e Paolo De Castro, primi firmatari di quattro emendamenti al Piano europeo anti-cancro che sarà votato dalla plenaria di Strasburgo la settimana prossima. «Per questo, – aggiungono De Castro e Dorfmann - grazie al sostegno di oltre 150 colleghi appartenenti quasi esclusivamente ai tre Gruppi politici della "maggioranza Ursula" (PPE, S&D e Renew Europe), siamo voluti intervenire sul testo del rapporto, chiedendo una differenziazione tra uso e abuso di alcol».
No a etichette con teschi
«Non solo, – proseguono i due - al fine di evitare di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, chiediamo l'eliminazione della richiesta paradossale di avere sulle bottiglie di vino avvertenze sanitarie come sui pacchetti di sigarette. Al contrario – spiegano – vogliamo sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano ai consumatori informazioni sul consumo moderato e responsabile».
«Ora la battaglia si sposta in Plenaria, - concludono Dorfmann e De Castro - dove occorrerà una maggioranza solida a sostegno di queste proposte, perché il testo finale possa avere un approccio bilanciato e, soprattutto, fondato su basi scientifiche».
Il sostegno di Unione italiana vini
Anche Unione italiana vini contro il report della Commissione Beca (Beating cancer). «Sono stati depositati oggi – riporta una nota di Uiv - gli emendamenti di modifica legati al vino al voto del Parlamento europeo in sessione plenaria a Strasburgo il prossimo 15 febbraio».
Le proposte di modifica riguardano in particolare la differenza tra consumo moderato e abuso di alcol quale fattore di rischio, la revisione del concetto di “no-safe level” (nessun livello sicuro di consumo) per il vino e della proposta sugli avvisi salutistici, modello sigarette.
«Supportiamo – ha detto Sandro Sartor , vicepresidente Uiv e presidente dell’Associazione europea Wine in moderation– le proposte migliorative presentate dagli eurodeputati». «Il primo obiettivo è quello di evitare che il 15 febbraio diventi una data spartiacque per il futuro del vino italiano ed europeo e gli emendamenti proposti, prioritari ma decisivi, vanno in questa direzione. Senza la fondamentale distinzione tra consumo e abuso, tra diversi contesti e modelli di consumo – ha concluso Sartor – lo scenario che si delineerebbe per il settore sarebbe disastroso sul piano socio-economico”.
Rischio tsunami sul settore
Secondo Uiv, senza gli emendamenti al testo il vino subirebbe nel medio-lungo termine un effetto tsunami solo in parte calcolabile. La contrazione dei consumi stimata è attorno al 25/30% ma ancora maggiore sarebbe quella del fatturato del settore, che calerebbe del 35% per un equivalente di quasi 5 miliardi di euro l’anno. Senza considerare i danni agli asset investiti – dalle cantine ai vigneti alle stesse aziende – che si svaluteranno di pari passo e i danni all’indotto. Ma il gioco a perdere si rifletterà molto anche sui consumatori, costretti a pagare di più a fronte di una minore qualità. La riduzione dei contributi porterà infatti all’aumento dei costi di produzione; al contempo però si assisterà a un appiattimento della qualità, a una riduzione del valore medio del vino alla cantina ma paradossalmente a un aumento allo scaffale, a causa delle maggiori accise.
Veti sulla promozione
Inoltre, la difficoltà a lavorare sui brand, anche a causa dei veti alla promozione, porterà progressivamente a un proliferare di etichette prive di marchi: private label che deprimeranno la diversificazione dell’offerta data in particolare dai piccoli produttori artigianali con minori economie di scala, ma anche dalle imprese medie che fondano su qualità e politiche di branding l’attuale fortuna del vino tricolore. Complessivamente si stima una contrazione del margine lordo alla produzione del 50%, con migliaia di aziende agricole che scompariranno.
Uno scenario, secondo Uiv, che si farà grigio anche in chiave turistica nelle campagne italiane (con l’enoturismo che da solo vale 2,5 miliardi l’anno); ma soprattutto lo svilimento del vino - simbolo dello stile di vita “made in Italy” e ingrediente irrinunciabile nella Dieta mediterranea - sarà un danno d’immagine incalcolabile per il Belpaese.