La storia dell’industria italiana del vino raccontata agli stranieri

Manuel Vaquero Pineiro, Paolo Tedeschi e Luciano Maffi sono gli autori di "A History of Italian Wine. Culture, Economics, and Environment in the Nineteenth through Twenty-First Centuries"

La crescita di un comparto tra intervento pubblico e iniziativa privata, aziende familiari e cooperative, consumo interno e commercio internazionale, fino alla nascita delle DOC e dell'enoturismo

E' uscito in agosto "A History of Italian Wine. Culture, Economics, and Environment in the Nineteenth through Twenty-First Centuries", un volume in lingua inglese, a cura di Manuel Vaquero Pineiro, Paolo Tedeschi e Luciano Maffi per l'editore "Palgrave Macmillan", che ricostruisce la storia del vino italiano tra intervento pubblico e iniziativa privata, aziende familiari e cooperative, consumo interno e commercio internazionale. Un lavoro a sei mani, durato un paio d'anni, da parte di autori non nuovi alla collaborazione sui temi dell'enologia con particolare riferimento a Spagna, Francia e Portogallo.

Amplificare l'interesse internazionale per il vino italiano

Chiediamo al Professor Manuel Vaquero Pineiro quale ritiene sia il tratto distintivo di questa iniziativa editoriale rispetto ad altre che l'hanno preceduta sullo stesso tema. "Non ci sono molti libri in inglese che parlano dell'industria italiana del vino" - risponde. "Ce ne sono diverse su alcune zone significative ma un compendio non c'era. La lingua inglese amplifica l'interesse internazionale, come già accaduto per il comparto di altri Paesi produttori verso i quali gli americani e gli inglesi hanno già mostrato interesse".

Il ruolo dello Stato nella nascita dell'industria del vino

Dal volume emerge che un ruolo centrale per il rilancio del settore lo abbia giocato lo Stato. "E' così. Lo Stato iniziò ad intervenire già nel 1870, ma il vino finiva per lo più nelle fabbriche di alcool. Poi è arrivata, seguendo l'esempio della Francia, una statalizzazione indiretta, con l'aiuto alla nascita delle cooperative, l'apertura di linee di credito dedicate, l'istituzione dei premi. Uno slancio arrivò anche dall'istituzione delle scuole di enologia, Avellino, Conegliano, Alba, fondamentali per la crescita dell'ammodernamento dei vigneti e delle cantine".

Il successo si decide sui mercati internazionali

La consacrazione del vino italiano quando avviene? "Il successo o il fallimento dei grandi vini italiani si decide sui mercati internazionali e non sui mercati locali. E' una consapevolezza che arrivò presto e portò a promovere uffici di rappresentanza nelle principali capitali straniere. Fondamentale anche la presenza di un primo gruppo di imprenditori lungimiranti, toscani, piemontesi ma anche del meridione, che seppero fare innovazione e investire in promozione. Questo vale almeno fino al 1962, quando con la nascita della DOC le dinamiche cambiano".

Due grandi svolte: la nascita della DOC e l'enoturismo

A riguardo delle DOC cosa emerge dalla vostra ricerca? "All'inizio una grande resistenza al cambiamento: saltano alcuni equilibri tra le regioni e all'interno dei territori. Con le Denominazioni però si guadagna prestigio, qualità e quindi mercato. E' una svolta importante, alla quale segue quella di quando il vino incrocia il turismo. L'Italia lo incrocia dopo la Germania, dove l'enoturismo era nato negli anni Trenta, e dopo la California, ma gli operatori ne hanno capito presto la portata: in un momento di crisi dell'agricoltura, l'enoturismo dà vita ad un'impresa mista e diventa una grande risorsa a disposizione dei territori".

Quando all'estero il vino italiano era solo il Chianti

Qualche curiosità trovata negli archivi? "Oggi il vino è la chiave del food italian system e le DOC sono un punto di riferimento, ma negli anni '50 del XX secolo non era così e quindi ci ha sorpreso trovare una mostra di vini italiani a New York nella quale i Marchesi Antinori portarono la "Lacryma Christi": era un vino meridionale ma veniva imbottigliato in Toscana, che nel mondo era allora percepita come la sola terra di produzione di vino italiano di qualità. Bastava imbottigliare un vino rosso e metterlo nel caratteristico fiasco e il Chianti era fatto!".

La storia dell’industria italiana del vino raccontata agli stranieri - Ultima modifica: 2022-09-11T21:48:21+02:00 da Gilberto Santucci

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