Barbatelle sane, di qualità e pure biologiche

Il video e le relazioni del webinar di chiusura del progetto VitisBio

(da sin.) Cristina Micheloni, Laura Mugnai, Elisa Angelini, Sara Falsini, Lorenzo Tosi, Giacomo Manzoni, Angelo Divittini nel corso dell'evento "La qualità della barbatella come premessa per la longevità del vigneto" presso la sede di Vitis
VitisBio Lo sviluppo di una filiera vivaistica sostenibile e bio. I risultati del progetto di ricerca divulgati in occasione del webinar tenuto presso la sede di Vitis

Vvq incontra bbq.

Un gioco di sigle viticolo-editoriali che mette in evidenza come vigne e vini di qualità possono avere origine da barbatelle biologiche di qualità.

Una produzione oggi molto limitata, visto il sistema di deroghe in vigore, assai permissivo, che consente ancora di utilizzare materiale vivaistico convenzionale per i vigneti certificati bio, ma sicuramente promettente (anche perché le deroghe non durano in eterno).

Il segreto della longevità

Il progetto di ricerca VitisBio, sostenuto dal Psr della Regione Friuli-Venezia Giulia (vedi riquadro) ha puntato proprio a questo obiettivo: contribuire allo sviluppo di una filiera vivaistica sostenibile e biologica.

I risultati sono stati divulgati in occasione del webinar “La qualità della barbatella come premessa per la longevità del vigneto” trasmesso in diretta dalla sede di Vitis, a San Giorgio della Richinvelda (Pn) e moderato dalla redazione della rivista Vvq e si sono rivelati utili non solo per il bio, ma per l’intero settore vitivinicolo italiano.

Oggi infatti i viticoltori sono alle prese con la diffusione di malattie del legno, batteriosi, fitoplasmosi, nuove virosi: una differente gestione della fase vivaistica può contribuire a contenere l’espansione di queste problematiche sul vigneto Italia?

Il video dell'evento:

 

La sfida della sostenibilità

Angelo Divittini, di Sata Studio agronomico

 

«La sfida principale per la viticoltura moderna – commenta Angelo Divittini di Sata Studio agronomico – è quella di coniugare produttività con sostenibilità e protezione sanitaria». Tra Green Deal e strategia Farm to Fork, il contesto normativo europeo è in progressivo cambiamento a favore di un’agricoltura a basso impatto.


VitisBio sviluppo di una filiera vivaistica sostenibile e biologica, scarica la relazione di Angelo Divittini


 

Ciò può costituire l’opportunità per lo sviluppo di strategie vivaistiche ecocompatibili. Un obiettivo che ha spinto a costituire, all’interno dei vivai di Vitis, un’area sperimentale in pieno campo nelle vicinanze del fiume Tagliamento, per le prove pluriennali di VitisBio.

Il progetto ha confermato che il vivaismo viticolo di qualità non ha alcun ruolo nella diffusione dei patogeni, ma ha individuato alcuni punti critici su cui intervenire:

  • l’importanza del portinnesto nella sanità intrinseca della pianta;
  • la corretta modalità di disinfezione dei materiali;
  • l’influenza del tipo d’innesto sulla longevità della pianta;
  • l’influenza di alcuni virus nella disaffinità tra bionti;
  • il mantenimento della variabilità genetica del patrimonio viticolo.

«Negli ultimi anni – sostiene Laura Mugnai dell’Università di Firenze – sono state pubblicate sulle riviste scientifiche internazionali numerose segnalazioni per il rinvenimento di patogeni del legno (ad esempio agenti del piede nero come i Cylindrocarpon- simili e vari altri) nel materiale vivaistico».

«Si tratta di agenti fungini latenti, ma comunque patogeni e che determinano la necessità di ridurre le occasioni di infezione e contaminazione».

Impianti striscianti o impalcati

Laura Mugnai, Università di Firenze

Malattie che non hanno bisogno di vettori per essere diffuse: si sviluppano nel tessuto dopo averlo infettato e lì si conservano. Ciò ha spinto il progetto VitisBio ad indagare sul microbioma presente nei portinnesti e sul ruolo della forma di allevamento.


Malattie del legno e materiale di propagazione: sfide e opportunità, scarica la relazione di Laura Mugnai


 

Utilizzando la tecnica del DNA Metabarcoding è emerso che il microbioma fungino e batterico del ritidoma dei portinnesti è molto più numeroso di quello del legno e caratterizzato da maggiore biodiversità. In più le prove su portinnesti come Kober 5BB e 110 Richter ne hanno messo in luce la maggiore presenza nelle forme d’allevamento “striscianti” (le più utilizzate) rispetto a quelle impalcate o alla gestione del vigneto di piante madri pacciamato.

La presenza di questi microrganismi è risultata maggiore nel portinnesto rispetto al nesto e quelli potenzialmente patogeni erano molto più numerosi nel punto di innesto rispetto alla base del portinnesto. Sottolineando così l’importanza di una corretta sanificazione di questi materiali, che in viticoltura bio può avvenire attraverso acqua ozonizzata, perossido d’idrogeno, microrganismi antagonisti, ecc.

«Si conferma così – deduce Mugnai- l’importanza delle corrette tecniche colturali, in particolare per la gestione dei portinnesti». «Occorre lavorare di più per migliorare la qualità sviluppando sperimentazioni sui protocolli migliori».

Metodi d’innesto a confronto

Sotto indagine, nel progetto VitisBio, anche l’efficienza vascolare delle barbatelle.

L’innesto non è infatti una semplice unione, ma un vero e proprio matrimonio che deve durare il più possibile nel tempo. Per questo sono stati posti a confronto diversi metodi di innesto manuali e meccanici:

  • doppio spacco inglese, innesto manuale con taglio “a Z” caratterizzato da alto costo e bassa resa;
  • spacco semplice “a V”, innesto semi-meccanico;
  • incastro “a omega”, meccanico.

«L’ipotesi allo studio - ricorda Divittini - è che il tessuto morto, che si può sviluppare nel caso in cui la saldatura del punto di innesto non sia perfetta, ostacoli il contatto tra il cambio dei due bionti innestati determinando la colonizzazione dei microrganismi, arrivando addirittura ad avere un impatto su malattie come il Complesso del mal dell’esca». Una ipotesi che si cercherà di verificare con successive indagini.

Sara Falsini, Università di Firenze

È Sara Falsini dell’Università di Firenze a riportare i risultati delle osservazioni istologiche e delle prime valutazioni su diversi metodi di innesto della vite.


Osservazioni istologiche e prime valutazioni su diversi metodi di innesto della vite: scarica la relazione di Sara Falsini


Lo studio ha messo a confronto, su Kober 5BB, marze di tre varietà con diversa suscettibilità al complesso dell’esca, ovvero: Teroldego (bassa); Cabernet sauvignon (media); Glera (alta).

In più le marze di Glera sono state valutate anche in rapporto a due range diversi del calibro del portinnesto (fino: 6-8 mm; grosso: 9-11 mm).

Le valutazioni hanno verificato la presenza di callogenesi e di necrosi nel punto d’innesto e l’integrità funzionale dei vasi xilematici per ognuno dei 250 innesti per diversa condizione effettuati nella sperimentazione.

«La ricerca -spiega Falsini - ha evidenziato che la tempistica di differenziazione del callo e degli elementi vascolari ha un ruolo fondamentale per la qualità dell’innesto».

Al proposito, nelle condizioni della prova, l'innesto a spacco semplice ha mostrato una risposta di callogenesi inferiore in tutte e tre le cultivar, con lo sviluppo di callo necrotizzato rispetto agli innesti a omega e a doppio spacco che hanno mostrato invece un callo bianco e ben idratato.

L'innesto può quindi rivelarsi un’operazione che espone i tessuti vascolari delle future viti innestate ad una potenziale contaminazione che potrebbe rivelarsi pericolosa in caso di necrosi di una quantità significativa di tessuti vascolari (una nicchia ottimale per lo sviluppo dei patogeni del legno). Nelle analisi istologiche: i metodi d’innesto a omega e a spacco semplice hanno dato una risposta di callogenesi veloce mentre quello manuale, ovvero il doppio spacco inglese, ha una vascolarizzazione più lenta ma più forte.

Riguardo al calibro, quello più fine ha mostrato la migliore connessione e una percentuale di area necrotizzata significativamente inferiore.

Virus e disaffinità

Passando dai funghi ai virus, l’ipotesi del lavoro di VitisBio è che la disaffinità d'innesto, un fenomeno ben conosciuto dai vivaisti e che rende off limits alcune combinazioni tra marza e portinnesto, sia correlato alla presenza di virus.

Elisa Angelini, Crea Viticoltura Enologia di Conegliano

«Nella vite – ricorda Elisa Angelini del Crea Viticoltura e Enologia di Conegliano - sono stati scoperti più di 80 virus, la maggior parte dei quali per fortuna non causa alcun danno».


Influenza di alcuni virus sulla disaffinità d’innesto:
scarica la relazione di Elisa Angelini


La certificazione sanitaria ufficiale ne comprende 5: due associati all’accartocciamento fogliare (GLRaV-1 e 3), due alla degenerazione infettiva (ArMV e GFLV) ed uno al complesso del legno riccio (GVA).

Altri virus come GLRaV-2 (arrotolamento fogliare), GVB (legno rugoso), GRSPaV (vaiolatura dei tralci della vite rupestris), GPGV (virus del Pinot grigio) sono comunque rilevanti e tenuti sotto controllo dai vivaisti.

Dalle prove eseguite per tre anni su 2mila innesti con marze di varietà sane o infette di Petit Verdot, Arneis e Syrah innestate su 3 portainnesti sani o infetti è emerso che un’infezione virale importante nella marza influisce negativamente sul numero delle viti di 2° scelta e delle morte alla cernita di fine anno.

«Nella prova eseguita nel 2020 – dice Angelini - il virus RSP, e in minor misura il GPGV, presenti nel portinnesto, causano un aumento dei diaframmi al punto d’innesto». «Relativamente al virus RSP, ci sono effetti positivi e negativi: va approfondito il ruolo di questo virus, ma in realtà nelle prove eseguite non ci sono differenze sulle rese finali rispetto alle viti innestate e cernite».

Cristina Micheloni, presidente Aiab Friuli Venezia Giulia

«Il Progetto VitisBio – commenta Cristina Micheloni di Aiab Friuli Venezia Giulia – dimostra che anche nel vivaismo viticolo il bio può assumere il ruolo di “corridore in fuga”, testando e applicando nuove tecniche sostenibili che poi vengono rincorse e adottate anche nel comparto convenzionale».


Dalla barbatella alla bottiglia, cura, conoscenza e tecnica come elementi della produzione biologica:
scarica la relazione di Cristina Micheloni


La vite bio continua infatti ad essere in forte crescita «nonostante il clima, il mercato e le difficoltà fitosanitarie». Nel 2022 ha superato 135mila ettari, pari al 20% della Sau vitata nazionale.

«E la possibilità di superare alcuni limiti normativi che oggi frenano il vivaismo bio viticolo, chiudendo il ciclo che va dalla barbatella alla bottiglia, può consentire di raggiungere di slancio gli obiettivi di sostenibilità della Farm to Fork».


Partner e obiettivi

VitisBio è un progetto di innovazione e trasferimento tecnologico sostenuto nel quadro del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Friuli - Venezia Giulia.

Giacomo Manzoni, direttore tecnico-commerciale Vitis Rauscedo

È coordinato da Vitis Rauscedo in partenariato con il CREA - Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia di Conegliano, l’Università degli Studi di Firenze e il Consorzio di Tutela Vini Collio, e punta allo sviluppo di una filiera vivaistica viticola sostenibile e biologica efficiente nel controllo delle fitopatie emergenti.

«Un’attività – afferma Giacomo Manzoni, direttore tecnico-commerciale Vitis Rauscedo – che conferma la nostra visione orientata alla riduzione dell’impatto ambientale, oltre al miglioramento qualitativo della produzione vivaistica.

«In questa direzione si colloca la strategia di sviluppo di una filiera rispettosa dell’agroecosistema, attraverso la riduzione delle pratiche agricole convenzionali e l’incremento del valore aggiunto del prodotto finale».


Domande e risposte

Il webinar è stato seguito in diretta da quasi 500 utenti. Queste alcuni quesiti postati sulle piattaforme di Tecniche Nuove:

D. Nell’allevamento impalcato del portainnesto risultano meno microrganismi patogeni. Essendo questi per lo più opportunisti, non è meglio mantenere in salute la pianta in modo che si possa difendere da sola rispetto a ridurre l'inoculo iniziale di funghi?

R. La forma impalcata – risponde Angelo Divittini - riduce molto l'entità del microbioma complessivo e di conseguenza anche la parte patogena. La forma a testa di salice, associata alla forma strisciante, presenta inoltre criticità legate ai numerosi coni di disseccamento, per cui allevandola impalcata otteniamo un maggiore rispetto del legno poliennale come nelle forme di allevamento di uva da vino. Piante in regime bio meno "forzate" sono, inoltre, meno predisposte agli eccessi vegetativi, mai utili.

D. Le barbatelle da varietà resistenti (su cui lavora anche Vitis) potrebbero essere un'occasione per la vivaistica bio?

R. Molto spesso – risponde Giacomo Manzoni - le barbatelle di varietà resistenti sono bio. Sicuramente possono essere una soluzione interessante e sostenibile sotto questo punto di vista.

D. È stata valutata la contaminazione da virus in fase di realizzazione dell'innesto?

R. L'infezione da virus – risponde Elisa Angelini - avviene fortunatamente solo per innesto, non esiste la contaminazione "ambientale" quindi i virus che abbiamo trovato nelle viti da innestare sono quelli che troviamo poi nelle barbatelle innestate.

D. Il taglio radicale che viene praticato su barbatella a radice nuda in fase di impianto può contribuire a nuove infezioni di malattie del legno?

R. Fra le malattie del legno – risponde Laura Mugnai - le uniche che si instaurano a livello dell'apparato radicale sono il Piede nero da funghi cosidetti Cylindrocarpo-like. Certamente l'immersione dell'apparato radicale in una sospensione di Trichoderma è un'ottima cosa in generale, per lo stimolo alla radicazione (produzione di più radici fini) e alla risposta di difesa, e in particolare è la soluzione migliore proprio per questi patogeni.

D. Avete dati/notizie a livello nazionale di aziende che hanno scelto in controtendenza, di lasciare il biologico e ritornare all'integrato/convenzionale?

R. Sì - risponde Cristina Micheloni - soprattutto a causa delle difficoltà di gestione di peronospora e flavescenza. Quasi sempre si tratta di casi che riguardano aree poco vocate alla viticoltura, in sistemi troppo intensivi o con viticoltori poco preparati. Altro motivo (in altre aree) che può portare all'uscita dal sistema di certificazione è la terminazione dei premi PSR. Però, a fronte di queste fuoruscite, si registra un continuo ingresso di nuove aziende a tassi superiori.

Barbatelle sane, di qualità e pure biologiche - Ultima modifica: 2023-10-27T12:07:58+02:00 da Lorenzo Tosi

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