Il bio avanza a grandi falcate nella filiera vitivinicola.
Le superfici aumentano a un tasso medio annuo superiore al 10% (110% in 10 anni), il mercato galoppa con un tasso medio annuo di crescita del 31% dal 2013, anno in cui è stata normata la fase di cantina e sdoganata la definizione di vino bio.
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Export al galoppo, gdo in ritardo
La fetta maggiore di questa produzione prende la strada dell’export, mentre nel nostro Paese solo 4 bottiglie di vino su 100 vendute nella Gdo sono biologiche, un dato che però nasconde una crescita annuale travolgente in un canale in cui il vino bio è entrato con un certo ritardo.
Il fenomeno è d’altronde in forte crescita in tutto il mondo sia in termini di estensioni delle superfici vitate che di interesse del consumatore, sempre più attento all’impatto della produzione alimentare sull’ambiente.
Il report di Ismea
A fotografare la dimensione strutturale del settore e le tendenze in atto, con particolare riferimento al contesto italiano, è il report “La filiera vitivinicola biologica”, l’ultimo quaderno di una collana tematica dedicata al mondo del bio promossa dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e realizzata dall’ Ismea in collaborazione con CIHEAM-Bari, nell’ambito delle attività del SINAB.
Una sfida che è anche un’opportunità
«Questo quaderno tematico rappresenta un’importante fonte di informazione per gli attori della filiera vitivinicola biologica. - dichiara Francesco Battistoni, sottosegretario all’agricoltura - Il biologico italiano è un prodotto di grande qualità, non a caso siamo primi esportatori europei e secondi a livello mondiale». «Abbiamo il più alto numero di operatori biologici del vecchio continente ed un mercato costantemente in espansione. Il nostro modello di filiera è un esempio virtuoso, ma siamo consapevoli di avere ancora un grande margine di crescita».
«Per un agricoltore, dedicarsi al biologico rappresenta certamente una sfida, ma al tempo stesso anche una preziosa opportunità di fare impresa rispettando i canoni della sostenibilità economica, ambientale e sociale”.
Il vigneto diventa green
A livello mondiale, dei 7 milioni di ettari di superficie viticola complessivamente censita, una quota pari al 6,7% è coltivata secondo i metodi di produzione dell’agricoltura biologica, per un’estensione complessiva vicina ai 500 mila ettari, più del doppio rispetto a 10 anni fa. In Italia, al 2019 si contano 107.143 ettari di vigneto biologico (+109% nel decennio), con un incidenza sulla superficie vitata complessiva del nostro Paese di quasi il 19% , la più alta in Europa e nel mondo.
Più nel dettaglio a livello regionale e in ottica dinamica, emerge chiaramente una rincorsa da parte del Centro-Nord a recuperare nell’ultimo decennio il gap di superfici con il Mezzogiorno. Un percorso di crescita che ha portato a un maggior equilibro nella distribuzione di vigneti tra Nord (22,8%), Centro (22,5%), Sud (25,5%) e Isole (29,2%).
Venticinquemila operatori
Sempre nel nostro Paese sono oltre 18 mila i viticoltori bio ai quali si aggiungono tutti gli altri attori della filiera, per un totale di operatori del settore vitivinicolo biologico prossimo alle 25.000 unità.
Sul fronte dei consumi, è invece soprattutto all’estero che il vino biologico gode di maggiore apprezzamento, con la Germania e la Francia capofila tra i Paesi consumatori, mentre l’Italia detiene un ruolo importante nelle esportazioni del settore.
La fotografia (mossa) di un settore vivace
«Questo lavoro –commenta Maria Chiara Zaganelli, Direttore generale di ISMEA - ha il merito di consegnare il quadro del settore vitivinicolo biologico sia in ambito mondiale che nazionale e ci restituisce una fotografia di un Paese, il nostro, ancora una volta competitivo e sul podio per la viticoltura biologica, sia per superfici coltivate che per il ruolo che riveste nelle esportazioni del comparto».
«L’analisi dei principali indicatori economici fa emergere a tutto tondo la vivacità del settore e le sue potenzialità nel contribuire all’accelerazione del processo di transizione ecologica del nostro sistema agroalimentare».
Vai al report sul sito di Ismea