Tagliacuci del DNA per ottenere nuove varietà su misura. Una metafora un po’ semplicistica che dà però l’idea dell’innovazione che può portare anche nel campo del miglioramento genetico della vite la tecnologia CRISPR/Cas, lo strumento di precisione alla base del genome editing.
Anteprima dell'articolo in uscita sul numero 8/2020 di VVQ
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La più promettente tra le Tea
È la più promettente all’interno del paniere delle Tecnologie di evoluzione assistita (Tea, un tempo chiamate Nbt, new breeding techniques). Un vero salto evolutivo per la ricerca, a cui corrisponde però un’innovazione ready to use, perché assicura, almeno a livello potenziale, un immediato trasferimento tecnologico per ottenere nuove varietà del tutto uguali a quella di partenza tranne che per il carattere desiderato.
L’impulso del premio Nobel
Il premio Nobel per la chimica attribuito quest’anno alle due ricercatrici che hanno messo a punto questo meccanismo molecolare (era il 2012), Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna apre nuove speranze per vedere finalmente in campo queste innovazioni che ora in Europa sono frenate da alcuni ostacoli normativi (ma la Commissione Ue, nella Strategia From Farm to Fork, si è espressa per un loro rapido sblocco).
Difficoltà tecniche non banali per vite
Le nuove varietà ottenute con questa tecnica sono già realtà in Nord America ed Estremo Oriente per alcune specie erbacee. In Europa ci sono richieste di registrazione (varietà di colza) da alcuni anni. Per la vite occorre superare difficoltà non banali, ma anche per questa coltura i primi cloni ottenuti attraverso la tecnologia CRISPR/Cas potrebbero essere dietro l’angolo.
Il futuro sta arrivando
Entro quanto? Lo spiegano Sara Zenoni, Annalisa Polverari, Giovanni Battista Tornielli e Mario Pezzotti del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona e di EDITIVE in un articolo in uscita sul numero di dicembre di VVQ, Vigne, Vini & Qualità magazine.
«Editing genomico, il salto quantico del breeding della vite» è il titolo del pezzo in cui Pezzotti e i suoi collaboratori spiegano tutti i vantaggi di «far evolvere le piante nella direzione voluta dall’uomo», i limiti dell’incrocio tradizionale, o assistito da marker, nel risolvere criticità che stanno condizionando la viticoltura, come la suscettibilità alle malattie fungine e l’impatto del climate change, le prospettive aperte per l’applicazione del genome editing su vite grazie ad una metodologia che sfrutta l’Embriogenesi somatica a partire da protoplasti.
Gli ambiti di applicazione: resistenza, ma non solo
Una tecnica promettente per ottenere non varietà diverse come nel caso degli incroci assistiti da marker, ma cloni della pianta di partenza, caratterizzati però dalla modifica genetica desiderata.
Gli ambiti di applicazione sono vari: innanzitutto la resistenza a malattie, ma anche caratteri di qualità e di resilienza al cambiamento climatico, una volta che i geni responsabili di certi caratteri siano stati identificati e studiati a fondo.
Con l’editing genomico è anche possibile pensare di modulare l’espressione dei geni senza disattivarli, e ottenere fenotipi con livelli differenti di manifestazione del carattere.
Servono protocolli sperimentali per ogni varietà
L’applicazione del genome editing sulla vite richiede però la messa a punto di protocolli sperimentali adattati e specifici per ogni varietà, per preservare un’efficiente capacità rigenerativa.
La nascita dello spin-off EDIVITE
Per arrivare a realizzare i nuovi cloni editati, a partire dal 1 dicembre 2020, presso il laboratorio di Genetica Agraria dell’Università di Verona opererà lo spin-off universitario EDIVITE. Questo impegno si inserisce in un’imponente ondata di ricerca che si sta alzando in tutto il mondo, con applicazioni di CRISPR/Cas nei campi più diversi della biologia. «È importante – riflette Pezzotti - che l’Europa non perda questo treno a causa di legislazioni obsolete e miopi».
E aggiunge: «Il nostro Paese deve poter giocare un ruolo di primo piano per salvaguardare la competitività dei suoi vitigni di eccellenza».
Quello della vite è infatti un caso unico in cui può essere la tradizione a supportare l’innovazione, perché la grande ricchezza e peculiarità del panorama ampelografico italiano, che il CRISPR/Cas aiuta a preservare, non ha competitori al mondo e rimane il punto di forza della viticoltura nazionale.
LA TECNOLOGIA CRISPR/ CAS 9
La tecnologia CRISPR/Cas si avvale di un enzima, generalmente la nucleasi Cas9 che,
opportunamente guidata, è in grado di tagliare il “DNA bersaglio” in un punto preciso. In questo punto il DNA potrà essere riparato da meccanismi naturali della cellula generando piccole inserzioni/delezioni di qualche base nucleotidica, oppure potrà essere riscritto e corretto con precisione modificando alcune basi della sequenza del gene, a seconda della strategia di mutazione prescelta.
Nel primo caso avremo come effetto la “disattivazione” del gene bersaglio, mentre nel secondo caso, a seconda dell’obiettivo finale, potremmo ottenere ugualmente una disattivazione o invece una variante più efficace del gene stesso. In entrambi i casi è quindi possibile “riscrivere” l’informazione genetica senza introduzione di DNA estraneo. Infine, un’ulteriore recente evoluzione della tecnologia CRISPR/Cas permette di modificare in maniera mirata la struttura chimica di una base nucleotidica senza neanche tagliare il DNA.
Da anni presso l’istituto agrario di Castelfranco Veneto è in produzione un vigneto con vitigni più o meno resistenti a peronospora ed oidio , provenienti sia dalla Germania che dal Friuli, molti di questi però non sono resistenti ad altre malattie come la flavescenza , il mal dell’esca…