I biostimolanti possono agire a livello del suolo e della pianta, ma poco studiato è il loro effetto nel mosto e nel vino. Fra i biostimolanti più conosciuti vi sono gli aminoacidi ‒ che rappresentano il 50% dei prodotti di questo tipo utilizzati in agricoltura ‒ di origine sia animale sia vegetale. Ma si citano anche le vitamine, gli enzimi, gli ormoni, gli antiossidanti, i fenilpropanoidi, i polisaccaridi, le fitoalessine (resveratrolo), gli acidi umici e fulvici, le umine, le chitine, gli estratti di alghe etc. Fra i composti di natura inorganica si annoverano i fosfiti, l’acido salicico, i silicati e altri.
Il ruolo degli aminoacidi nel terreno, nella pianta e nel vino
In viticoltura, gli aminoacidi svolgono importanti funzioni nel terreno e nella pianta.
Nel terreno agiscono come complessanti di microelementi e in particolare come stimolanti della produzione di etilene, che esercita un’influenza positiva sulla crescita radicale. Nella pianta le azioni degli aminoacidi vanno dal rifornimento di azoto (costituente delle riserve azotate della radice e del fusto) e di carbonio, alla funzione di precursori di aromi, allo stimolo delle resistenze agli stress termici, idrici e salini (prolina in particolare), nonché ai parassiti. Essi inoltre esercitano uno stimolo enzimatico della fecondazione fiorale e dell’equilibrio delle sequenze del DNA (mRNA) a livello genomico.
Gli aminoacidi presenti nelle bacche vanno a costituire l’APA (azoto prontamente assimilabile), il cui contenuto nel mosto deve risultare entro certi range (140-200 mg/l) al fine di permettere ai lieviti ‒ per i quali gli aminoacidi costituiscono un nutriente ‒ di condurre una regolare fermentazione. Livelli troppo bassi di APA possono determinare arresti fermentativi, mentre in presenza di APA troppo elevati si possono verificare eccessi di temperatura del mosto, con ripercussioni negative (ossidazione) sugli aromi, sui polifenoli etc. Oltre agli aromi genetici varietali, nel vino si ritrovano anche quelli di origine fermentativa, prodotti dai lieviti. In tal senso pertanto l’APA può influenzare il profilo organolettico del prodotto finito.
Aminoacidi e aromi nel vino
Gli aminoacidi sono precursori di diversi aromi, quali l’acetato di isoamile (sentori fruttati di mela e banana), l’acetato di etile (gradevolezza sensoriale), il propanolo e così via. L’eccesso di APA provoca la riduzione di alcol feniletilico (note di rosa e garofano) e l’incremento di acido solfidrico (nota di pipì di gatto). La carenza di APA riduce gli alcoli superiori e gli esteri, incrementa i composti solforati volatili e le molecole che si combinano con la SO2, e può agire negativamente sulla fermentazione alcolica e sullo svolgimento della fermentazione malolattica.
Gli aromi negli spumanti sono fondamentali per la qualità e la tipicità. È noto che gli Champagne hanno aromi in generale e tipici che sono associati ad alti livelli di APA, in particolare da aminoacidi. Molti di questi aromi si formano alla fine del ciclo di maturazione della bacca, ma molti altri vengono prodotti durante la fermentazione del mosto.
Le prove effettuate
Sono state condotte ricerche sui vitigni da spumante Pinot nero, Chardonnay e Cortese, nel piacentino (Az. Manara) e in Piemonte (Az. Bava e Enosis), al fine di valutare la possibilità di incrementare il livello di determinati aromi varietali negli spumanti, mediante tre trattamenti fogliari ‒ in pre-invaiatura, all’invaiatura e in post-invaiatura ‒ con concimi a base di aminoacidi di origine animale (A) e vegetale (V) . Gli stessi sono stati saggiati su vitigni per vini tranquilli, quali Sauvignon (presso Enosis) e Gaglioppo (Az. Librandi, in Calabria).
Le ricerche sono state ripetute per due anni (2010 e 2011) e nel 2012 sono state estese anche a Nebbiolo (Az. Giuseppe Mascarello, Barolo, CN) e Sangiovese (Az. Agr. Case Basse, Montalcino, SI).
Sono state trattate grandi parcelle e per ogni tesi sono stati prelevati 30 grappoli alla base del germoglio, da ceppi diversi e distribuiti all’interno delle singole parcelle, al centro del cordone speronato o del tralcio del Guyot.
Presso Enosis è stato analizzato il mosto non fermentato, per escludere gli aromi fermentativi dei lieviti e per valutare gli aromi della buccia, sede di deposito quasi totale degli aromi genetici varietali. Gli aromi analizzati appartenevano alle seguenti famiglie chimiche: alcoli e benzenoidi (12), terpeni (9), norisoprenoidi (9).
Cosa è emerso
Gli aminoacidi delle bacche
La sommatoria di tutti gli aminoacidi contenuti nel mosto non fermentato è variata da un minimo di 267 mg/l a 430 mg/l, con contenuto di APA assai elevato. Quest’ultimo risulta più elevato in presenza di trattamenti a base di aminoacidi vegetali, sia nello Chardonnay sia, soprattutto, nel Pinot nero. Gli aminoacidi animali non hanno fornito risultati positivi sullo Chardonnay ma contenuti più elevati nel Pinot nero. Sul Cortese, invece, il testimone è risultato avere una sommatoria più elevata rispetto alle tesi trattate.
Dall’esame dei singoli aminoacidi è emerso che:
- tutti gli aminoacidi di derivazione vegetale erano più elevati nel Pinot nero trattato con Vitaven;
- nello Chardonnay erano presenti in contenuti più elevati gli aminoacidi vegetali acido L-aspartico, acido L-glutammico, serina e alanina, mentre gli altri aminoacidi avevano contenuti simili a quelli animali. Sul Cortese sono andati generalmente meglio gli aminoacidi vegetali rispetto a quelli della tesi trattata con Drin, ma nel complesso questa varietà ha reagito peggio degli altri due vitigni.
Gli aromi nelle bucce
Il quadro aromatico determinato sulle bacche nel biennio di prova ha rilevato i seguenti risultati:
Chardonnay: nessuna influenza su alcoli e benzenoidi, incremento dei terpeni, uguali contenuti di norisoprenoidi. Complessivamente la varietà è rimasta poco sensibile ai trattamenti.
Pinot nero: incremento di alcoli e benzenoidi, nonché dei terpeni, elevato aumento dei norisoprenoidi. Nel complesso la varietà ha ben reagito ai trattamenti con aminoacidi, sia animali che vegetali.
Cortese: parità di contenuti con il testimone per alcoli e benzenoidi, così come per i terpeni, mentre si è rilevato un incremento degli isoprenoidi. Complessivamente la varietà ha reagito abbastanza positivamente alla concimazione fogliare con aminoacidi, specie di origine animale.
Sauvignon: sono risultate incrementate tutte le tre categorie di aromi con i trattamenti a base di aminoacidi vegetali. È un vitigno che assorbe bene questi biostimolanti.
Gaglioppo: sono aumentati i primi due gruppi aromatici, in particolare i terpeni, con gli aminoacidi animali, mentre sono sostanzialmente apparsi uguali gli alcoli e benzenoidi, nonché i norisoprenoidi, con gli aminoacidi vegetali. La varietà usufruisce abbastanza bene di questi biostimolanti.
Gli aromi che hanno subito i maggiori incrementi, in particolare nel Pinot nero e nel Sauvignon, sono i seguenti:
alcoli e benzenoidi: alcol benzilico, 4-vinilguaiacolo, diidroconiferilalcool, 3.4.5-trimetossifenolo;
terpeni: p-ment-1-ene-7, 8-diolo;
norisoprenoidi: 3-OH-β-damascone, 3-oxo-α-ionolo, 3-idrossi-7,8-deidro-β-ionolo.
Il comportamento non è stato, comunque, costante nella varietà e negli anni. Inoltre alcuni aromi sono diminuiti anziché aumentare, come se esistesse una concorrenza fra essi.
I grafici relativi ai risultati sopra riassunti sono consultabili negli approfondimenti.
L’effetto positivo sull’APA
I trattamenti fogliari con aminoacidi di origine animale e vegetale hanno incrementato l’azoto prontamente assimilabile (APA), specialmente nel Pinot nero. Tra gli aminoacidi di origine animale e quelli di origine vegetale ovviamente non ci sono differenze chimiche, mentre variano il rapporto tra i diversi aminoacidi e la composizione dei concimi che contengono gli uni o gli altri.
La maggiore disponibilità di APA offre una garanzia: i lieviti possono utilizzarlo nella fermentazione e sintetizzare aromi di tipo fermentativo, dato che gli aminoacidi sono precursori degli aromi. Pertanto queste analisi effettuate sulle bacche devono essere estese ai relativi prodotti finiti per constatare gli eventuali incrementi aromatici, controllando il duplice effetto sulla fermentazione alcolica sostenuta dai lieviti e sulla fermentazione malolattica effettuata dai batteri, anch’essi utilizzatori di aminoacidi.
Gli Champagne sono più ricchi di aromi rispetto ai nostri spumanti proprio, e non solo, per la maggiore ricchezza in APA. Se si esaminano i dati sugli aromi, si rileva che esiste una correlazione, nelle bacche di Pinot nero, fra livelli di aminoacidi e contenuti di aromi, anche se non per tutti i gruppi aromatici. Il campionamento varietale è stato comunque diversificato nel contenuto aromatico, perché lo Chardonnay non ha reagito ai concimi fogliari aminoacidici, il Cortese abbastanza, il Sauvignon positivamente, il Gaglioppo sufficientemente.
Le differenze varietali possono essere imputabili anche all’assorbimento fogliare degli aminoacidi, al loro accumulo nelle bacche e alla loro utilizzazione nella sintesi degli aromi.
Il potenziale di questi concimi aminoacidici risulta comunque interessante e va adattato alle singole varietà ed ai terroir di coltivazione.
[box title= "I profili aminoacidici in Pinot nero e Chardonnay" color= "#c00"]
Nel 2011 è stato determinato il profilo aminoacidico in uve di Pinot Nero e Chardonnay con HPLC (su mosti non fermentati provenienti dall’Az. Manara, PC). I risultati sono riassunti nella tabella e nel grafico qui riportati. Si è notata una correlazione tra contenuto in aminoacidi e contenuto in aromi, in particolare in uve di Pinot Nero.
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[box title= "La degustazione" color= "#c00"]
Vigna Monprivato 2012 (Az. Giuseppe Mascarello e Figlio, Barolo - CN)
Non si percepiscono significative differenze di intensità colorante tra i due campioni presi in esame, testimone e trattato. Dal punto di vista olfattivo il testimone sembra essere più intenso nei profumi ed avere una componente fruttata maggiormente evidente. Entrambi i campioni godono di elevata finezza olfattiva. Il testimone risulta avere anche maggiore intensità gusto/olfattiva e la percezione di astringenza dovuta ai tannini risulta essere leggermente più rotonda, alla degustazione sembrerebbero leggermente più polimerizzati. Questo si rispecchia anche nella persistenza gustativa e nell'impressione di maggior struttura rispetto al campione trattato.
In sintesi si è percepito una condizione di uguaglianza nella materia colorante e una maggior espressione olfattiva e gusto olfattiva nel testimone.
Chardonnay 2010 (Az. Bava, Cocconato - AT)
Decisamente più completo nei vari stadi della degustazione il campione trattato, che risulta avere profumi più freschi e una luminosità maggiore nel colore. Nel campione trattato risulta una maggiore intensità e persistenza gustativa, dove si percepisce una nota ammandorlata decisamente più elegante al gusto e meno amara rispetto al testimone. È evidente come il campione trattato risulti sicuramente più fresco in tutti gli aspetti, sembra essere più giovane in quanto si presneta meno evoluto del testimone, che nei confronti del campione trattato risulta un po’ più fiacco al gusto e con meno nervo. Qui la differenza è significativa a favore del campione trattato, che ha mantenuto in tutte le fasi di degustazione una maggiore eleganza sia olfattiva che gustativa e un riscontro fruttato e di freschezza maggiore.[/box]
Articolo a firma di:
Mario Fregoni
Accademico d’Agricoltura di Francia
Donato Lanati, Dora Marchi
Enosis (Fubine, AL)
Lorenzo Gallo, Valeria Contartese, Fabio Bordoni
Green Has Italia S.p.A. (Canale d’Alba, CN)
Giorgio Rinaldi
Ais, Associazione Italiana Sommeliers
Approfondimenti a cura degli Autori
PER APPROFONDIRE
Consulta il PDF Risultati relativi agli aromi nei mosti non fermentati