Non solo peronospora e oidio, ma anche altre resistenze (contro antracnosi e black rot) sono nel mirino dei genetisti.
È questo uno dei nuovi aspetti emersi dal recente 13° simposio internazionale sulla genetica e breeding della vite che si è tenuto nel mese di luglio 2022 a Landau/Pfalz (Germania), organizzato da Reinhard Töpfer, direttore del Julius Kühn Institut (JKI) di Geilweilerhof (Siebeldingen, Renania-Palatinato, Germania).(Leggi maggiori informazioni sulla manifestazione cliccando qui)
La digitalizzazione rivoluziona la fenomica
Le tematiche di genomica (studio delle basi genetiche dei caratteri, della loro espressione, ecc.) hanno visto moltissimi lavori presentati, alle quali si sono aggiunte come innovative quelle della fenomica, cioè la fenotipizzazione non più basata su osservazioni empiriche, ma supportata da tecnologie digitali (sensori e telecamere) in grado di “leggere” la morfologia e certi comportamenti fisiologici delle viti. Una oggettiva descrizione del fenotipo è infatti la pietra miliare per sviluppare efficaci programmi di breeding (selezione clonale, ibridazione) per qualsiasi obiettivo (resilienza stress abiotici, biotici e aspetti quanti-qualitativi), sia per i portinnesti che per i nesti.
Una certa importanza continuano comunque ad avere i classici argomenti del mantenimento e valorizzazione delle risorse genetiche e soprattutto i risultati del miglioramento genetico tradizionale (nuovi vitigni resistenti/tolleranti le malattie).
L’avanguardia dei Piwi
Significativo a questo proposito il fatto che il motto del convegno sia stato “Pioneering Wines (PIWIs) – Innovation and Tradition”. Si ricorda che PIWI è un acronimo tedesco che sta per “pilzwiderstandsfähige rebsorten” cioè vitigni resistenti alle malattie. Si tratta di una vera e propria sterzata verso la concretezza cioè l’ottenimento e la valutazione dei nuovi vitigni (e vini) resistenti (o tolleranti) alle malattie, dove gli studi di genomica rappresentano strumenti (ad esempio la MAS-Selezione Assistita da Marcatori) ma non il fine. («Il futuro passa dai Piwi» salta al riquadro in basso cliccando qui)
Resistenza ma anche profili organolettici irreprensibili
La comunità scientifica si sta sempre più convincendo che è la qualità organolettica (del vino) il campo su cui si gioca il successo dei nuovi vitigni PIWI (resistenti alle malattie); in altre parole devono avere un profilo sensoriale che riconduca a quello dei vitigni tradizionali di V. vinifera, non avere cioè sapori estranei (come nei vecchi ibridi); ognuno poi avrà il suo profilo sensoriale, che sarà diverso dai genitori e che li diversifica tra di loro; le resistenze/tolleranze devono ovviamente essere presenti e durature, ma paradossalmente diventano quasi un fattore collaterale (ovviamente positivo); ottima qualità organolettica significa anche adeguata interazione genotipo-ambiente.
I programmi di breeding sviluppati a livello internazionale, come il VitisGen2 negli USA, il programma francese (INRAE-ResDur), quelli italiani sviluppati soprattutto dal CREA-VE Conegliano, dalla FEM S. Michele all’Adige, dai VCR, dall’IGA, ecc., il programma tedesco, spagnolo (Catalogna), portoghese e altri tengono infatti conto di questi aspetti.
Vitigni resistenti: clicca per approfondire
L’origine è dentro al DNA
Sul fronte della caratterizzazione genetica del germoplasma viticolo (a tutti i livelli) acquisisce sempre più importanza la metodica GBS (Genotyping by Sequencing), mentre anche il sequenziamento del DNA plastidiale aiuta negli studi filogenetici relativi alla V. vinifera, con gli obiettivi di valorizzare la variabilità (biodiversità) soprattutto intravarietale e di avere nuove conoscenze di carattere tassonomico e/o storico.
L’analisi epigenetica (studio della metilazione del DNA) è un altro elemento che entra in gioco nel caratterizzare le due sottospecie di V. vinifera (silvestris e vinifera).
La scoperta di nuove resistenze
Finora le malattie (fungine) considerate nei programmi di breeding sono state la peronospora e l’oidio e recentemente è stato individuato un nuovo locus di resistenza a peronospora, Rpv32 da V. coignetiae (Malagol et al. , JKI Geilweilerhof), ma altri funghi possono attaccare la vite, quali ad esempio il black rot e l’antracnosi per ciascuno dei quali è stato individuato un QTL (quantitative trait locus) per la resistenza (Bettinelli et al., FEM; Lenon et al., JKI Geilweilerhof). Per quanto riguarda i virus è stata trovata una fonte di resistenza al leafroll nella cv Norton (V. aestivalis x V. vinifera) (Qiu et al., Missouri State University).
Le caratteristiche di 21 Piwi messe in luce da una prova sperimentale pluriennale
Da un punto di vista applicativo è stato presentato dal sottoscritto, in collaborazione con Alberto Vercesi, Michele Borgo e con altri autori appartenenti a ExtendaVitis (Paolo Belvini, Lorenzo Dalla Costa, Jacopo Fogal, Luana Marcon, Loredana Masaro, Giovanni Pascarella, Mattia Pastro, Angelo Pizzolato, Giacomo Traversari, Bruno Zanatta) e con personale dell’ISISS Domenico Sartor di Castelfranco Veneto (Daniele Carnio, Giuseppe La Malfa, Alessandro Leoni) una sperimentazione pluriennale (2015-2021) sulle caratteristiche agronomiche di 21 vitigni PIWI (tedeschi e italiani) coltivati a Castelfranco Veneto (TV), con indicazioni sulla fenologia, potenziale produttivo e qualitativo delle uve e resistenza/tolleranza a peronospora, antracnosi e black rot.
La sperimentazione ha messo in evidenza la buona resistenza/tolleranza a peronospora di tutti i vitigni (con 3 trattamenti /anno) ma per alcuni di essi una sensibilità ad antracnosi e black rot. Tutti i vitigni bianchi sono risultati a maturazione precoce (da 4 a 2 settimane prima di Glera), mentre tra i rossi alcuni sono risultati più precoci, altri più tardivi di Merlot.
I colli di bottiglia delle Nbt
L’interesse per le NBT (New Breeding Technologies) è sempre molto alto, anche se non ci sono ancora risultati concreti (cioè nuovi individui), permanendo delle criticità da affrontare e risolvere, sia sul piano scientifico che su quello dell’interazione con la società. L’argomento è stato affrontato in maniera organica da Riccardo Velasco (CREA-VE) che ha trattato del genome editing (definito in italiano come TEA - tecniche di evoluzione assistita); i colli di bottiglia sono rappresentati soprattutto da vitigni recalcitranti in vitro, da specifici protocolli di trasformazione, dalla rigenerazione da protoplasti.
Molti gruppi di lavoro sono attivi in questo campo a livello internazionale; durante il convegno hanno presentato i loro risultati i gruppi italiani della FEM e CREA-VE, gruppi americani e francesi; le prospettive sono positive, ma resta ancora molto lavoro da fare.
Dal punto di vista dell’interazione con la società, bisogna considerare che se anche questa nuova tecnologia venisse riconosciuta ufficialmente nell’UE come non generatrice di OGM, resta il fatto che siamo sempre di fronte ad una manipolazione del DNA per cui bisogna tenere in conto un atteggiamento dell’opinione pubblica sospettoso se non ostile; per superarlo è necessario instaurare con la società stessa un dialogo su basi razionali e non emotive. Solo se ciò avverrà l’innovazione scientifica rappresenterà un reale vantaggio per il viticoltore e tutto il sistema vino ne risulterà migliorato.
L’enciclopedia web del breeding della vite
Il convegno è stato integrato da alcuni workshops (fillossera, Vitis silvestris, PIWI, INTEGRAPE); quest’ultimo ha avuto il compito di riassumere i risultati dell’ omonima azione COST e di lanciare una nuova iniziativa denominata GRAPEDIA (Grapevine Genomics Encyclopedia, portale web) che ha lo scopo di essere punto di incontro di conoscenze biologiche, genetiche e genomiche, come strumento per futuri programmi di breeding.
Sono stati molti i vini PIWI in degustazione, essenzialmente tedeschi, che hanno dimostrato di essere assolutamente vinifera-simili, a volte con profili sensoriali molto complessi e quindi non banali, alcuni neutri, altri aromatici. L’avventura della vite ideale (resistente alle malattie e di ottima qualità organolettica), iniziata più di cento anni fa in Francia e negli USA ha fatto progressi enormi e ancora ne farà, in attesa che le nuove tecniche di breeding come il genome editing possano rendere disponibili nuovi individui teoricamente ancora più performanti rispetto agli attuali.
Le sinergie tra breeding e biocontrollo
Nell’ottica della sostenibilità il breeding per la resistenza alle malattie si pone quindi come una opportunità interessante, assieme ad altri approcci come ad esempio il biocontrollo che sta attualmente suscitando grande interesse (compreso l’uso del RNA interference) e che prevede di coltivare i vitigni tradizionali ma con interventi obbligatori durante tutta la vita del vigneto, anche se poco o per nulla impattanti; si ricorda comunque che i vitigni PIWI non sono completamente refrattari alle malattie, cioè necessitano di qualche trattamento, con eccezioni per alcuni di loro (come il Solaris) in certi ambienti e in certe annate.
Luigi BAVARESCO
Università Cattolica S. Cuore, Piacenza
Segretario Gruppo Esperti
“Risorse genetiche e selezione della vite”,
OIV, Parigi
Il futuro passa dai Piwi
Come sarà la viticoltura italiana (da vino) del futuro, in rapporto ai vitigni PIWI? Per prima cosa bisogna fare in modo che continui ad esistere, cioè che il consumo di vino permanga (ricordiamo che non è obbligatorio nella dieta) e che il sistema consenta alle aziende di fare reddito. La lobby antialcol è sempre in agguato e va fronteggiata con tutti i mezzi a disposizione (implementare la sostenibilità ambientale e sociale del sistema vino; enfatizzarne la valenza culturale; sensibilizzare i consumatori ad un bere consapevole consci del suo potere salutistico).
Attualmente ci sono 36 vitigni PIWI (soprattutto tedeschi e italiani) iscritti al Registro Ampelografico italiano, ma pochi sono autorizzati nelle diverse regioni. Da quest’anno (2022) è possibile inserirli anche nelle DOP (a livello UE) mentre per i vini da tavola e per gli IGP il loro utilizzo era già permesso. Le loro caratteristiche agronomiche, i relativi profili sensoriali dei vini (negli ambienti di origine) sono informazioni a disposizione dei viticoltori; stanno arrivando anche dati (su questi parametri) da altre zone italiane e ci sarà quindi a breve un quadro più diversificato dell’interazione genotipo-ambiente.
Spetta ora alle diverse IGP e DOP valutare se e come inserire questi individui, tenendo conto di molti fattori contingenti che possono favorire/frenare la loro diffusione. Il mercato (quindi i consumatori) resta il giudice finale e gli strumenti per sondarlo e studiarlo non mancano.
Il successo della manifestazione
Essendo a cadenza quadriennale (il precedente a Bordeaux nel 2018) il 13° simposio internazionale sulla genetica e breeding della vite è riuscito a saltare l’emergenza Covid-19 e si è volto completamente in presenza. Quasi 200 persone da 23 paesi hanno avuto modo di incontrarsi, confrontarsi, discutere durante una settimana di lavori, anche se alcuni ricercatori non hanno potuto partecipare a causa di divieti (legati al covid) dei loro istituti/organizzazioni di appartenenza.
Questa tipologia di convegni è iniziata nel 1973 a Siebeldingen, presso l’Istituto di Ricerca sulla Genetica della Vite di Geilweilerhof (lo stesso di cui sopra) guidato allora dal Prof. G. Alleweldt, il quale è stato l’ideatore di questa serie di congressi. Il sottoscritto ha avuto l’onore di ricordare questa importante personalità scientifica, tracciandone un breve profilo.