Dalla rizosfera nuove strategie di adattamento al cambiamento climatico

Viticoltura franca di piede della caldera del Lago di Bolsena (VT)
Un approccio bottom-up per potenziare sostenibilità e resilienza dei sistemi viticoli, sfruttando la capacità dei funghi micorrizici arbuscolari, microrganismi della rizosfera, di incrementare l'adattamento al climate change

Può lo sfruttamento degli effetti positivi delle micorrize sulla fisiologia della vite incrementare le possibilità del suo adattamento al cambiamento climatico?

Le incertezze causate dagli effetti della crisi climatica sui sistemi viticoli, e in particolare dalle plurime interazioni tra fattori abiotici e biotici, hanno evidenziato la necessità di individuare strategie di gestione a breve termine, volte ad adattare la pratica viticola al cambiamento climatico, e a lungo termine, per potenziare le molteplici funzioni ecologico-ambientali che i sistemi viticoli possono svolgere se opportunamente gestiti.

La rizosfera come area cruciale di intervento

Dal 2010 a oggi si osserva una crescita esponenziale delle pubblicazioni scientifiche in viticoltura dedicate ai temi della crisi climatica, soprattutto nei Paesi tradizionalmente vocati alla pratica viticola del bacino del Mediterraneo, dove emergono come temi cruciali la gestione della risorsa idrica e il contenimento degli effetti degli stress abiotici estivi. Molti di questi stress vengono percepiti nella rizosfera, ovvero la porzione di suolo a contatto con le radici, dalle quali vengono rilasciate sostanze organiche e inorganiche (essudati radicali) dall’attività attrattiva rispetto a determinati microrganismi che albergano nel suolo e che costituiscono nel loro insieme il microbiota rizosferico. L’area di contatto fra radichette e microbiota rappresenta un’area critica di intervento per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e l’adattamento alle mutate condizioni ambientali. Le piante attuano strategie per compensare gli effetti negativi degli stress ambientali (ondate di calore, siccità, inondazioni, salinità) basate sull’adattamento delle relazioni tra consorzio microbiologico rizosferico e pianta, che possono comportare alterazioni nell’architettura, nell’anatomia e nella fisiologia delle radici e nella crescita ed esplorazione del suolo.

Gli effetti benefici delle micorrize

I funghi micorrizici arbuscolari (Amf) forniscono servizi ecosistemici di natura simbiotica alle piante ospiti e sono in grado di sviluppare una rete complessa e ramificata di ife fungine nel terreno, migliorandone la struttura, la stabilità e la ritenzione idrica. Inoltre, la rete di micelio fungino micorrizico aumenta in modo significativo il volume del suolo esplorato dalla pianta, rendendo la radice in simbiosi più efficiente nell’assorbimento di fosfato e acqua. È stato stimato che la simbiosi micorrizica è in grado di determinare una riduzione dell’80% della fertilizzazione fosfatica, riducendone l’impatto economico e ambientale. Inoltre, la simbiosi Amf può stimolare la sintesi di metaboliti secondari nella pianta, importanti per una maggiore tolleranza delle piante agli stress abiotici e biotici, con benefici per la salute umana grazie alla loro attività antiossidante.

Il progetto MICOVIT

Il progetto MICOVIT (“Biotech applicate alla micorrizazione della vite in vivaio e sistemi di rilevamento della performance di piante micorrizate in vigneto su base geomatica”), con- centrando la propria attenzione su tali problematiche, ha unito la tradizione, rappresentata della coltivazione della vite franca di piede del territorio del Lago di Bolsena, all’innovazione, introdotta mediante il monitoraggio sito-specifico delle performance della vite con un sistema prototipale di tecnologia proximal sensing (non distruttiva) integrata a tecnologia di remote sensing volta a studiare a scala di detta- glio (singola pianta, singolo vigneto) l’interazione radice-suolo-Amf autoctone, come strumento biotecnologico e sostenibile nelle vigne.

La coltivazione della vite sui colli vulcanici della Conca del Lago di Bolsena ha radici antiche, risalenti alla civiltà Etrusca. È una viticoltura che beneficia di un clima mite e di suoli sabbiosi, ricchi di scheletro, ceneri e lapilli, ed è caratterizzata da produzioni enologiche di alta qualità basate su genotipi autoctoni, come l’Aleatico, coltivato ancora a piede franco in una piccola area residuale di circa cinque ettari, riconosciuta nella Doc Colli Etruschi Viterbesi.

I vigneti del progetto MICOVIT sono gestiti secondo una tecnica conservativa del suolo che prevede l’allettamento del tappeto erboso spontaneo, con un apposito rullo sagomato (roller crimper), per assicurare l’incisione degli steli erbacei e l’interruzione dei fasci vascolari. Per effetto di tale incisione, il tappeto erboso allettato si disidrata, andando a costituire uno strato di materiale vegetale con funzione di pacciamante naturale.

Parametri influenzanti la micorrizazione

Gli studi condotti hanno permesso la microzonazione dei caratteri fisico - chimici del suolo, la caratterizzazione delle Amf in termini di abbondanza, frequenza, diversità di specie e stadio di colonizzazione raggiunta (micelio, arbuscoli e vescicole), in relazione a due genotipi utilizzati nell’area di coltivazione: piede franco (V. vinifera L.) e portinnesto americano (V. berlandieri x V. riparia).

I risultati mostrano come il potenziale di micorrizazione degli Amf (MyCP-%) e le strategie di colonizzazione varino non solo in base alle caratteristiche chimiche e fisiche del suolo, ma anche in funzione del genotipo dell’apparato radicale.

La tipologia di suolo (Tabella 1) rappresenta anch’essa un fattore determinante nella composizione e nella ricchezza delle comunità di Amf: in particolare il pH, il contenuto di argilla e la capacità idrica del terreno (Fwc) sono stati confermati come determinanti nella definizione dell’abbondanza e della ricchezza delle specie di Amf.

TABELLA 1 - CARATTERI FISICO-CHIMICI DEL SUOLO E DELLA RIZOSFERA DEI DUE VIGNETI COLTIVATI AD ALEATICO A PIEDE FRANCO (AL-ORV) E CON PORTINNESTO AMERICANO (AL-420A) NELLE COLLINE DEL LAGO DI BOLSENA (GRADOLI, VT). DATI RIPORTATI IN BIASI ET AL., 2023 

In entrambi i vigneti i suoli tendenzialmente sabbiosi, sciolti e ben drenati (maggiore porosità e minore Fwc) favoriscono un aumento della colonizzazione micorrizica, che raggiunge valori compresi tra il 77 e 86%, rispettivamente per le viti con portinnesto (AL-420A) e a piede franco (AL-ORV). Infatti, in condizioni di bassa Fwc (<40%), e quindi in condizioni idriche limitanti, gli Amf supportano la resilienza delle piante favorendo l’emissione di ife miceliari (MyCP - %) e arbuscoli (A-%). Un possibile meccanismo dietro questo processo è legato alla capacità delle ife degli Amf di aumentare l’assorbimento di acqua e nutrienti da parte delle piante, in particolare quando queste sperimentano stress abiotici. In particolare, le piante di vite coltivata a piede franco hanno evidenziato caratteri di maggior resilienza (conduttanza stomatica discreta, ritardo della senescenza fogliare e regolare accrescimento radicale) in condizioni ambientali limitanti rispetto alle viti con portinnesto americano. Dall’analisi degli Amf presenti nella rizosfera dei due vigneti, emerge come nel vigneto con vite a piede franco la percentuale di colonizzazione di Amf sia minore e minore sia anche la presenza di arbuscoli (A-%) ma non di vescicole (V- %), segno di una maggiore stabilizzazione del meccanismo di colonizzazione. La presenza simultanea di una rete fungina, arbuscoli e vescicole evidenzia l’esistenza di una strategia di colonizzazione equilibrata, basata su processi di colonizzazione - proliferativi, di stoccaggio e di trasferimento dei nutrienti.

La caratterizzazione del pool di funghi micorrizici

Le differenze rilevate in termini di colonizzazione micorrizica (MyCP-%), frequenza e intensità della colonizzazione micorrizica (F e M-%) e presenza di arbuscoli (A-%) e vesci- cole (V-%) nei frammenti di radici micorriziche delle viti innestate (AL-420A) rispetto alle viti a piede franco (AL-ORV) hanno confermato il ruolo del genotipo del portinnesto come uno dei principali biofattori in grado di influenzare la colonizzazione radicale da parte degli Amf e al tempo stesso la composizione e la ricchezza delle comunità di Amf. Infatti, oltre alla caratterizzazione quantitativa del potenziale di micorrizazione, si è anche giunti a un’analisi qualitativa, caratterizzando le specie di Amf presenti nella rizosfera dei due vigneti. Dall’analisi morfologica e molecolare si riscontrano specie di Amf comuni a entrambi i genotipi radicali, come Paraglomus laccatum e Scutellospora alterata, ma emergono anche differenze, come nel caso di Acaulospora laevis, caratterizzante la rizosfera delle viti innestate (AL-420A), mentre per le viti franche (AL-ORV) è stata riscontrata la specie Acaulospora baetica. Il genere Acaulospora spp. è diffuso e considerato tollerante allo stress, con diverse specie recentemente descritte, provenienti da ambienti sia freddi sia tropicali, con suoli acidi e salini, funzionali in quanto contri- buiscono ad aumentare l’efficacia nell’assorbimento del fosforo. In particolare, Acaulospora baetica è stata recentemente descritta come una nuova specie trovata attorno alle radici di piante che vivono in ambienti limitanti nella Sierra Nevada e nella Sierra de Baza (Anda- lusia, Spagna). Correlazioni mo- strano come tra gli elementi che determinano questa biodiversità ci sia non solo il genotipo del portinnesto ma anche i caratteri del suolo. In particolare, Acaulospora baetica è stata individuata in zone del vigneto franco di piede con livello bassi di argilla e con concentrazioni più alte di Cu e Ni (ma non superiori ai limiti di legge). D’altra parte, nella rizosfera delle viti innestate (AL-420A) è stata rilevata Acaulospora laevis in campioni con una ridotta concentra- zione di Cu e Ni e massima attività dell’enzima ß-glucosidasi, che svolge un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio, fungendo da fonte di energia per gli organismi presenti nel terreno.

Piede franco e agro-biodiversità, strategia vincente

Capire la natura e le caratteristiche di alcuni componenti dell’agro-bio-diversità, come gli Amf, rappresenta una strategia per preservare questo prezioso patrimonio ambientale. In condizioni semi-aride, come quelle degli ambienti mediterranei, la conservazione della diversità degli Amf potrebbe essere considerata come un metodo per indirizzare le piante verso l’adattamento ai cambiamenti climatici. Inoltre, il ricorso alla viticoltura a piede franco, dove possibile, rappresenta ancora una volta una strategia di resilienza alle alterazioni climatiche.

Gli autori sono parte del Dip.to per l’Innovazione nei sistemi biologici, agroalimentari e forestali (DIBAF) dell'Università degli Studi della Tuscia (Viterbo)

I riferimenti bibliografici sono disponibili su richiesta alla redazione.

Articolo tratto da VVQ n. 6/2024

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Dalla rizosfera nuove strategie di adattamento al cambiamento climatico - Ultima modifica: 2024-09-06T20:49:08+02:00 da Redazione

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