Il lockdown spinge il vigneto pantesco alla deriva

I vigneti di Pantelleria
La crisi coronavirus allontana le piccole isole dalle coste. Un effetto che si sente forte sui vigneti patrimonio dell’umanità rimasti senza manodopera, senza turismo e con sbocchi di mercato sempre più risicati.  Benedetto Renda, presidente del Consorzio del Pantelleria Doc: «Servono misure ad hoc e servono subito».

Sull’isola più vicina alle coste dell’Africa, a 45 miglia dalla Tunisia, nasce uno dei più grandi ed “esotici” vini d’Italia, il Passito di Pantelleria, un nettare ambrato dai profumi d’albicocca, datteri e fichi maturi.

Ed è solo la tipologia più pregiata di una Doc che prevede altre otto “versioni”, dai bianchi secco e frizzante al Moscato di Pantelleria fino al Liquoroso.

Benedetto Renda, presidente del Consorzio del Pantelleria doc

Pantelleria è anche il simbolo di una vitivinicoltura estrema fatta di suoli vulcanici, assenza d’acqua, lavoro manuale, ripidi pendii, terrazze e una tecnica di coltivazione – l’alberello pantesco - che dal 2014 è Patrimonio dell’Umanità.

Situata a 68 miglia nautiche dalla Sicilia, regione che in questi giorni ha dato una forte stretta ai collegamenti con la terraferma. Dopo i rientri precipitosi di molti siciliani dal Nord Italia (31mila in pochi giorni) il governatore Nello Musumeci ha infatti decretato la sospensione dei collegamenti aerei, nazionali e internazionali.

L’isola di Pantelleria si trova così ad affrontare problematiche ancora più specifiche del resto d’Italia, che si annodano ai problemi di sempre.  Ne abbiamo parlato con Benedetto Renda, il presidente del Consorzio del Pantelleria Doc.

Senza manodopera

Per i produttori delle piccole isole l’emergenza coronavirus aggiunge difficoltà a una situazione già di per sé complicata. Servono misure speciale per la vitivinicoltura delle piccole isole?

Sì, tra i tanti problemi c’è quello della manodopera, credo che andrebbero previsti contributi diretti ai piccoli agricoltori panteschi, sgravi fiscali e incentivi alla produzione di uva, qualcosa di molto concreto e tangibile in breve tempo, con poca burocrazia. Sull’isola ci sono circa 450 piccoli agricoltori, anche piccolissimi, con un’età media di 70 anni, che contribuiscono a mantenere vivo il vigneto pantesco con un lavoro manuale faticoso, non meccanizzabile. Un lavoro che è senza ricambio generazionale perché i giovani preferiscono lavorare nel turismo. E così tra una decina d’anni si rischia di perdere un grande patrimonio viticolo e paesaggistico.

Vigne a terrazza con piccolo Dammuso sopra Piana Ghirlanda verso Scauri

Pasqua troppo vicina

Però adesso uno dei problemi più urgenti per le cantine è la giacenza. Come si sta affrontando a Pantelleria?
La situazione è in itinere, ogni giorno cambia tutto, fare previsioni è difficilissimo, ma per ora è sotto controllo perché nelle scorse settimane la Gdo ha fatto le scorte anche in vista della Pasqua, ormai vicina, che insieme al Natale è uno dei grandi momenti di consumo di vini passiti. Siamo speranzosi, ma bisognerà vedere se in un periodo così difficile i consumatori acquisteranno beni voluttuari come lo sono tanti vini di Pantelleria, a partire dal Passito. Al momento però gli scaffali sono pieni, valuteremo quindi tra due-tre settimane. Ma attendiamo speranzosi anche la riapertura dei ristoranti e delle enoteche. Se non avverrà troppo tardi la situazione potrebbe risolversi più velocemente.

La speranza e-commerce

Invece lo sviluppo dell’ecommerce? Ed eventuali prezzi promozionali in via eccezionale?
Con il mondo dell’ecommerce abbiamo preso diversi contatti e per ora sta dimostrando di essere un canale in crescita, anche se i numeri sono piccoli, però funziona e fa sperare anche per il futuro. I prezzi promozionali non sono necessari, squalificherebbero il nostro prodotto, che è un vino di nicchia ad alto valore.
La situazione in termini di export si può quantificare?
Il nostro export è molto limitato, neanche il 10%. All’estero non abbiamo la stessa notorietà che riscontriamo in Italia. Quindi è una quota bassa che per ora non ci preoccupa, anche se negli ultimi anni abbiamo puntato attraverso il turismo a far conoscere il vino di Pantelleria e l’isola con azioni di promozione.
E questo ci rimanda al rilancio del Made in Italy. Cosa suggerisce?
Penso che il rilancio debba avvenire insieme al turismo e alla promozione del territorio. Bisogna far conoscere l’isola e i luoghi di produzione.

Cura Italia, un pannicello caldo

Siete soddisfatti dalle prime misure del decreto Cura Italia?
Soddisfatti no, ma dipende dalla durata della crisi. Se il tutto dura un paio di mesi forse sono sufficienti. Però bisogna pensare a strumenti straordinari mai messi in atto, come i prestiti trentennali o il reddito irredimibile di cui si sta parlando. Sperando che rimangano solo ipotesi allo studio.
Sospensione di rate di mutui e prestiti fino al 30 settembre. E’ sufficiente?
E’ un pannicello caldo, non risolutivo. Abbiamo soltanto due aziende su 22 con una struttura imprenditoriale-industriale che rappresentano il 70-75% della produzione dell’isola. Tutte le altre cantine sono a conduzione familiare e fanno poche bottiglie con uno sbocco di mercato per lo più sull’isola. Invece la cassa integrazione salariale in deroga è di poca utilità perché parliamo di piccole e piccolissime aziende a conduzione familiare.

Infine l’aumento degli anticipi dal 50% al 70% dei contributi Pac per agricoltori per un totale di 1 miliardo di euro? E’ utile per il vigneto pantesco?
Utile, ma non sufficiente.

Il laghetto Specchio di Venere e il mar mediterraneo
Il lockdown spinge il vigneto pantesco alla deriva - Ultima modifica: 2020-03-30T23:19:29+02:00 da Lorenzo Tosi

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