L'Australia ha denunciato la Cina all'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) per l'imposizione di dazi fino al 218% sulle sue esportazioni di vino.
La decisione di Pechino ha paralizzato quello che era il principale mercato per il vino australiano, che è crollato da 1,1 miliardi di dollari australiani (circa 695 milioni di euro) ad appena 20 milioni.
Anche l’orzo soffre
Sei mesi fa Canberra si era rivolta al Wto in seguito ai dazi imposti dalla Cina sulle esportazioni di orzo australiane. Nel dare l'annuncio, il ministro del Commercio Dan Tehan ha detto che il governo non aveva altre opzioni ma che è ancora disposto a trattare con la Cina per risolvere la questione. «Poiché questo finora non è stato possibile, useremo ogni altro meccanismo per cercare di risolvere questa ed altre dispute che abbiamo con il governo cinese», ha detto Tehan.
Le ritorsioni di Pechino
Negli ultimi mesi Pechino ha imposto sanzioni economiche su una serie di prodotti agricoli australiani, oltre a restrizioni sull'ingresso dei turisti australiani nel Paese e sull'iscrizione di studenti cinesi in università australiane. Iniziative queste viste in Australia come risposte alle misure prese da Canberra contro operazioni di Pechino volte a imporre la sua influenza su investimenti in aree sensibili per la sicurezza e alla decisione dell'Australia di chiedere un'indagine indipendente sulle origini della pandemia di coronavirus.
L’Italia ne approfitta, ma la Francia di più
Analizzando i risultati doganali del primo quadrimestre l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine monitor rivela come in Cina il crollo australiano (-80% a valore sul pari periodo 2020) ha determinato crescite a doppia cifra di tutti i competitor, con l’import italiano a +22%.
Meno della Francia (+41%), protagonista di un autentico boom degli Champagne (+110%). A riprova che anche una domanda “rossista” come quella cinese si stia aprendo agli sparkling nel post-emergenza, è il dato di crescita delle bollicine: +75% nel primo quadrimestre, a fronte di un -15% dei fermi. Per i vini italiani, rileva l’Osservatorio, sono in netta crescita quelli di fascia premium con i fermi (85% dell’import dal Belpaese) che crescono del 19% a valore e di appena il 2% a volume, denotando così un incremento significativo del prezzo medio.