Usa, prima flessione nel consumo di vino da 25 anni

In attesa della decisione sui superdazi di Trump lo stato di salute del mercato americano non appare ottimo. Iwsr registra il primo calo dei consumi dal 1994 (-0,9% nel 2019 rispetto all’anno precedente). A rischiare di più è l’Italia, visto che il mercato a stelle e strisce pesa per il 28% sull’intero export di vino nazionale

In attesa dell’evoluzione della questione dazi in Usa, qual è lo stato di salute di quello che è il mercato trainante per il vino internazionale?

Non ottimo direi, visto il responso dell’ultimo bollettino diramato da Iwsr (https://www.theiwsr.com/).

L’analisi londinese

L’International Wines and Spirits Record, la realtà con sede a Londra che è considerata uno dei più attendibili tracciatori del mercato internazionale delle bevande alcoliche ha infatti registrato la prima flessione da 25 anni del volume di vino consumato negli Stati Uniti. Il bollettino di lunedì 13 gennaio   registra infatti la flessione dello 0,9% accusata nel 2019. Il vino scende così all’11 % del mercato totale degli alcolici in America. Una riduzione che è attribuita al passaggio ad una generazione come i millennial che si rivolgono sempre più a alternative come seltzer, cocktail e birra analcolica.

Millennial salutisti

Brandy Rand di Iwsr

«I millennial – ha detto Brandy Rand, Chief Operating Officer di IWSR per le Americhe in un intervista per The Wall Street Journal - non abbracciano il vino a braccia aperte come le generazioni precedenti».

«Con l'aumento dei prodotti a basso contenuto di alcol e senza alcool, il trend generale dei consumatori verso la salute e il benessere, il vino è in una situazione difficile».

Il calo del vino non è infatti un caso isolato. Secondo i dati IWSR i volumi complessivi di alcol negli Stati Uniti sono scesi dello 0,8 per cento nel 2018, rispetto a un calo dello 0,7 per cento nel 2019.

E ad essere più colpita è stata la birra, con volumi in calo dell'1,5 per cento nel 2018, rispetto a un calo dell'1,1 per cento nel 2017.

Le pressioni sulle etichette

Il rapporto arriva quando un certo numero di consumatori e gruppi di sanità pubblica spingono per apporre etichette di avvertimento sul cancro sulle bevande alcoliche, contestando l'idea di lunga data che bere determinate quantità di alcol come il vino rosso potrebbe potenzialmente offrire benefici per la salute.

Lo scorso giugno, CBS News ha riferito che una dozzina di gruppi di difesa, tra cui la Consumer Federation of America (CFA), ha inviato una lettera al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti per le tasse e l'ufficio del commercio, nel tentativo di convincere l'agenzia ad adottare la nuova etichetta.

La minaccia di Trump

Donald Trump

In questo scenario rischia di essere ancora più deleteria la minaccia rappresentata dalle battaglie commerciali di Trump e dalla possibile imposizione di nuovi dazi pari al 100% del valore dei vini francesi ma anche italiani importati negli States. Una minaccia che rappresenta una ritorsione per la nuova tassa imposta da Parigi sui servizi digitali destinata a giganti della tecnologia americana come Google e Amazon.

Intanto l’Italia cresce del 5%

L’Italia è il Paese che rischia di più da eventuali superdazi americani. Secondo l'Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor - che utilizza le stime su dati doganali - l'Italia nel 2019 chiuderà infatti le vendite verso gli Usa in crescita di circa il 5%, per un corrispettivo record che sfiorerà 1,8 miliardi di euro. Si tratta di un'incidenza di quasi il 28% sull'export globale di vini Made in Italy.

Molto più della Francia, nostro primo competitor, che pure è il principale fornitore a valore, ma la cui quota negli Usa non arriva al 20%, per effetto di una più ampia e organica scacchiera dei mercati di riferimento. Gli Stati Uniti hanno anche finora registrato nell'ultimo quinquennio il maggior incremento tra i 5 top mercati mondiali per il vino italiano, con un +38,6% a valore.

Usa, prima flessione nel consumo di vino da 25 anni - Ultima modifica: 2020-01-14T21:25:51+01:00 da Lorenzo Tosi

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