Non più nicchia ma realtà consolidata. Il vino biologico si fa strada e, numeri alla mano, erode spazio, nel vigneto e sullo scaffale, ai vini non certificati bio.
In un solo anno il vigneto biologico è aumentato di quasi ¼ in termini di superficie, superando i 100 mila ettari, così come le vendite di vini e spumanti in Gdo, principale canale commerciale dei prodotti biologici, hanno registrato, sempre su base annua, un incremento di oltre il 40%.
Una domanda quindi costantemente in crescita che, accompagnata da un continuo incremento degli ettari in conversione al regime biologico, conferma un trend ormai strutturale che riguarda, oltre al settore vitivinicolo, l’intero comparto primario.
E se da un lato il recente Reg. (Ue) 848/2018 è nato proprio per cercare di rimanere al passo di un settore vivace e intraprendente, dall’altra parte la legge 12 dicembre 2016, n. 238, il cd. Testo Unico del vino, già prevedeva una revisione della disciplina nazionale del vino biologico, arrivata al traguardo con il DM 8 maggio 2018 pubblicato sulla GURI 147 del 27 giugno 2018.
La questione delle deroghe
Tenendo conto della nuova norma Ue orizzontale, il settore vitivinicolo biologico risponde al Reg. (CE) 203/2012, norma verticale recepita in Italia con il DM 12 luglio 2012 che, dal 1° agosto 2012, ha introdotto (dopo anni di attesa) i requisiti qualitativi e la disciplina di certificazione, oltre che per il vigneto, anche per il processo di cantina.
E se tra i punti critici del nuovo regolamento c’è quello delle ampie deroghe, in alcuni casi confermate fino al 2035, anche il nuovo DM 8 maggio 2012, limitatamente al settore vitivinicolo e sempre su input normativo del Reg. (CE) 203/2012, conferma la regola e l’eccezione: rimane infatti la possibilità, in caso di indisponibilità dei prodotti e delle sostanze ottenuti con metodo biologico, di utilizzare le corrispondenti sostanze di origine non biologica così come, in caso di condizioni meteorologiche eccezionali, tali da determinare l’insorgenza di patologie fungine e batteriche e quindi il deterioramento delle uve biologiche, è concesso, sempre in deroga alla regola generale, di poter impiegare dosi di anidride solforosa superiori ai limiti fissati al livello Ue per i vini biologici (100 mg/L per i vini rossi e 150 mg/L per i vini bianchi e rosati).
Cosa cambia
Spetta alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano determinare i criteri che giustificano, in caso di condizioni meteorologiche eccezionali, l’impiego di dosi di anidride solforosa oltre i limiti previsti per i vini biologici dal Reg. (CE) 606/2009. Ma ciò dovrà avvenire, precisa il DM 8 maggio 2018, sulla scorta di quanto previsto da specifiche Linee Guida che, entro fine agosto 2018, dovranno essere emanate dal MiPAAF in accordo con le Regioni.
Per quanto riguarda invece la procedura di utilizzo di sostanze per uso enologico non ottenute con metodo biologico, l’operatore è autorizzato a impiegare le corrispondenti sostanze non biologiche dopo aver interpellato, con esito negativo, due – e non più tre come previsto dal precedente DM – fornitori di prodotti biologici.
Un ulteriore approfondimento sull’argomento sarà pubblicato, sempre a firma di Stefano Sequino, nel fascicolo 6/2018 (Settembre) di VVQ.