130 anni di vita come associazione, 30 anni dal riconoscimento del titolo di enologo, una proposta di legge per l’ordinamento della professione, il riconoscimento che la degustazione di vini è un lavoro intellettuale.
I risultati in favore della professionalità del settore
Sono solo alcuni dei brindisi con i quali Assoenologi ha punteggiato a Verona la tre giorni del suo 75esimo congresso annuale. I numeri della forza della categoria li ha dati, insieme al presidente Riccardo Cotarella, il direttore Paolo Brogioni. Oggi Assoenologi conta 4.486 iscritti (nel 1991 erano 2984), di cui l'11% donne (erano appena il 2,5% trenta anni fa); il 55% risiede nelle regioni del nord, i restanti equamente ripartiti tra centro, sud e isole, anche qui con una suddivisione per aree geografiche decisamente più equa rispetto al 1991 quando il 70% degli enologi era espressione del settentrione d'Italia.
Enologi ed enotecnici, un dualismo da aggiornare
La consacrazione del titolo di enologo, fondamentale per la valorizzazione della professione, con l'individuazione di uno specifico percorso di formazione universitaria, fu un importante passo in avanti nella normativa sulle professione tecniche, ma sono appunto passati trent'anni ed è quindi in corso un progetto di aggiornamento della normativa inerente i titoli di enologo e enotecnico.
A parlarne, nel corso del congresso, è stato tra gli altri il senatore Dario Stefàno, Presidente della 14esima Commissione delle Politiche dell'Unione Europea. Sue le proposte per introdurre l’insegnamento di storia e cultura del vino nelle scuole e, appunto, per l’ordinamento della professione di enologo e della professione di enotecnico. All’interno della stessa Assoenologi è in corso un approfondimento sui vari percorsi formativi e su quali siano le competenze necessarie per mantenere un adeguato standard qualitativo del settore.
Stefàno: «Un quadro da aggiornare per valorizzare le nuove competenze»
«Si tratta di un passo necessario - ha detto Stefàno - per la valorizzazione della figura dell'enologo, a sua volta fondamentale per l'eccellenza del vino italiano. Trent'anni, con la velocità dei cambiamenti che viviamo equivalgono ad un’era.
Sono tanti i mutamenti che si sono verificati, nella società in generale e nel settore enoico nello specifico, che richiedono senza dubbio un aggiornamento anche nella declaratoria delle competenze delle attività svolte da enologi ed enotecnici, anche in ragione dell'evoluzione organizzativa, tecnologica e qualitativa del settore. Tutto ciò chiama noi legislatori alla responsabilità di ridefinire un quadro di disciplina normativa più attuale e maggiormente rispondente al ruolo e alle specificità professionali che l'enologo ha assunto nel settore».
Il rafforzamento della rappresentanza
L'Assoenologi non è comunque restata ferma in questi tre decenni, anzi. Soprattutto nell'ultimo periodo, sotto la presidenza Cotarella insediatosi nel 2013, ha macinato riconoscimenti.
Nel 2014 l'associazione è stata ufficialmente iscritta, con decreto del Ministero della Giustizia, nell'elenco delle associazioni professionali consultabili dall'Unione europea, mentre nel 2019 Assoenologi è stata inserita presso il Ministero dello sviluppo economico nell'elenco delle associazioni professionali riconosciute. Si è così consolidato il percorso di rappresentanza come organizzazione professionale che ora ambisce ad ulteriori traguardi, in questo forte anche della guida dell'Union Internationale des Onenologues, alla quale aderiscono oltre 15 Paesi e al cui interno quella italiana è l'associazione con il maggior numero di iscritti.
Degustare è un lavoro da professionisti
Altra tappa, comunicata sempre nel corso del congresso, è stato il riconoscimento della degustazione dei vini quale lavoro intellettuale. Lo ha stabilito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro rispondendo ad un argomentato quesito predisposto dall’avvocato Mario Antonini di Roma per conto di Assoenologi e Valoritalia, società leader nella certificazione dei vini a Denominazione di Origine.
"Una decisione importante - è stato sottolineato - perché recepisce completamente le articolate motivazioni esposte nel quesito, nel quale si evidenziano i contenuti tecnici che questi professionisti esercitano nella loro attività, in particolare quando sono chiamati a valutare se un vino abbia o meno i requisiti per fregiarsi di una indicazione di origine, DOC o DOCG. Prima di diventare un Barolo, un Brunello di Montalcino o un Prosecco DOC infatti, l’iter di certificazione prevede una serie di verifiche, l’ultima delle quali è rappresentata dalla degustazione da parte di una commissione formata da professionisti riconosciuti e accreditati. Un ruolo delicato e centrale per tutta la filiera vitivinicola, dal quale dipende, in sostanza, l’accesso al mercato di decine di migliaia di aziende italiane. Allo stesso tempo, questi professionisti svolgono una funzione di garanzia per i consumatori, perché valutano che ogni singola partita di vino destinata al mercato possegga o meno gli standard di qualità stabiliti dallo specifico disciplinare di produzione".
Una semplificazione delle procedure
Il quesito è stato sollevato per risolvere un macchinoso procedimento burocratico previsto da una recente legge dello Stato, la 215 del 17 dicembre 2021, che obbliga le imprese che utilizzano lavoratori autonomi occasionali alla comunicazione preventiva all’Ispettorato del Lavoro, disposizione che tuttavia non si applica alle prestazioni di natura intellettuale. Per gli enologi e per Valoritalia, che nel solo settore vitivinicolo certifica 229 denominazioni di origine e gestisce ogni anno migliaia di commissioni di degustazione, la decisione costituisce una riduzione sostanziale degli obblighi burocratici e una velocizzazione dell’iter di certificazione.
Per Riccardo Cotarella "L’ispettorato ha riconosciuto formalmente ciò che nel nostro settore è noto da sempre, ossia che la degustazione professionale dei vini è un lavoro che richiede esperienza, preparazione e competenze molto elevate. Tutti i grandi vini nascono e si affermano con il contributo di questi professionisti, nella grande maggioranza dei casi rappresentati da enologi ed enotecnici".
"La decisione dell’Ispettorato – gli fa eco Giuseppe Liberatore, direttore generale di Valoritalia – è una buona notizia per due validi motivi: il primo è che abbiamo ottenuto dallo Stato una semplificazione delle procedure; la seconda è che viene riconosciuta la professionalità dei nostri collaboratori e del nostro modo di lavorare. La certificazione di un vino non è un compito banale, tantomeno semplice. Implica competenze non indifferenti e un’esperienza che si matura in anni di appassionato lavoro".