Con la riapertura della ristorazione in tutto il mondo e la ripresa delle esportazioni si stima un fatturato superiore agli 11 miliardi per il vino italiano nel 2021.
È quanto emerge dal report congiunto elaborato dall’area studi di Mediobanca, dall’ufficio studi di Sace (Gruppo Cdp) e Ipsos, presentato a Milano l’8 luglio.
I numeri
Dal report, focalizzato sui bilanci delle grandi aziende del settore, emerge:
- la stima di crescita del 3,5% nel 2021 (era -4,1% nel 2000) grazie alla spinta dell’export nei principali mercati internazionali;
- il migliore potenziale di crescita si registra in Cina (+6,3% annuo), Canada e Giappone (+5,9%);
- il boom dell’e-commerce nel 2020 (+75% le vendite sui siti aziendali) e di investimenti nel digital (+55,8%);
- crescono i formati alternativi al vetro (+5,8%);
- il record per il bio (+10,8%), un bevitore italiano su quattro si dichiara bio-fan.
Inversione di tendenza
Dati che mettono in evidenza la netta inversione di tendenza dopo che nel primo trimestre del 2021 a causa degli effetti della pandemia le esportazioni italiane di vino sono risultate in calo di quasi il 4% (dati Istat).
L’Italia nonostante le difficolta dell’anno del Covid resta – rileva la Coldiretti commentando i dati Mediobanca – leader mondiale nella produzione con 49,1 milioni di ettolitri ed anche primo esportatore sia nei vini fermi che spumanti con un totale di 20,8 milioni di ettolitri davanti alla Spagna con 20,2 e alla Francia con 13,8.
Coldiretti contro la dealcolazione
Un primato consolidato grazie a 602 varietà iscritte al registro viti contro circa la metà dei cugini francesi – sottolinea la Coldiretti – con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola.
Un pericolo di cui Mediobanca non tiene contro è però il via libera dell’Unione Europea nuove pratiche enologiche come la dealcolazione parziale e totale che secondo la Coldiretti rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo permettendo di chiamare ancora vino un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino.
«Particolarmente grave – sottolinea la Coldiretti – è la decisione di considerare i vini de-alcolati e parzialmente de-alcolati come prodotti vitivinicoli e di consentire tale pratica anche per i vini a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta. L’ unica nota positiva – precisa la Coldiretti – chiarito non sarà permessa l’aggiunta di acqua durante il processo di de-alcolizzazione».
«Resta il fatto che – conclude la Coldiretti - rischia di essere omologata al ribasso una produzione di eccellenza come il vino di cui l’Italia e il principale produttore ed esportatore mondiale di vino la cui produzione di eccellenza».
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