Da oltre un anno le imprese vitivinicole si trovano a fronteggiare forti incrementi dei costi delle materie prime, dell’energia, dei trasporti e della logistica.
Rincari che, stando all’analisi Censis-Alleanza delle Cooperative Italiane, andrà a generare considerevoli extracosti per il settore, stimati in oltre 1,1 miliardi di euro, che già oggi si riflettono anche sui materiali utilizzati per il confezionamento dei vini. Una situazione critica che – oltre all’incremento dei costi, che erodono i margini e diminuiscono la capacità competitiva sui mercati – è accompagnata dalla difficoltà di approvvigionamento di alcuni materiali, tra cui le bottiglie di vetro. Ricorrere alla gamma dei materiali idonei per venire a contatto con gli alimenti, anche per il confezionamento dei vini Doc, potrebbe sostenere la continuità delle attività di imbottigliamento e attenuare gli effetti della crisi?
articolo tratto da VVQ 6/2022
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Non solo rincari
Nel 2021 la produzione di vetro cavo – si legge in un comunicato dell’Associazione nazionale degli industriali del vetro che rappresenta il 96% del fatturato delle imprese che producono vetro cavo – è cresciuta del +6% e anche il primo trimestre 2022 conferma questa tendenza. Tuttavia, sempre nel primo trimestre 2022 i costi del vetro sono aumentati di circa il +9%, così come di altri materiali di imballaggio e dell’energia, senza contare che, al di là dei rincari, rimangono le difficoltà di rifornimento e di consegna in cantina delle bottiglie. Una situazione preoccupante in termini di operatività delle imprese vitivinicole e che fa riflettere rispetto alla possibilità di poter utilizzare e di aprire – seguendo la strada dei sistemi di chiusura (v. box in fondo) – ai contenitori alternativi, idonei per venire a contatto con gli alimenti, cd. MOCA di cui Reg. (CE) 1935/2004 come, ad esempio, plastica e alluminio.
Le alternative al vetro
La guida dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv) per una viticoltura sostenibile afferma che i contenitori per il confezionamento del vino possono essere di vetro, plastica, carta ricoperta di plastica o di metallo, tutti materiali riciclabili che dovrebbero essere di volume limitato e, alla fine della loro vita, recuperati e riutilizzati (si veda l’articolo “Etichettatura ambientale, pubblicate le linee guida” su VVQ 4/2022). Se, da un lato, le bottiglie di vetro sono ancora un packaging molto diffuso e apprezzato sul mercato interno, si fanno strada, soprattutto per i clienti esteri, i materiali alternativi, come bag-in-box, contenitori plastici e lattine.
Un tema articolato che certamente tocca, oltre alla tutela del prodotto - rispetto alla capacità dei materiali di conservare le proprietà chimico-fisiche ed il profilo organolettico di differenti tipologie di vino – anche la tutela dell’ambiente, in termini di impronta carbonica, peso e volume degli imballaggi e capacità di riciclo nonché riflessioni che riguardano il marketing e il posizionamento dell’impresa sul mercato.
Ma non sempre utilizzabili
C’è un limite normativo che è essenzialmente legato alle tipologie di vino e alla capacità dei contenitori. L’attuale formulazione del DM 13 agosto 2012, che disciplina l’etichettatura e la presentazione dei vini, ammette infatti, per i vini Dop in recipienti di capacità < 6 litri, il confezionamento in bottiglie e in altri recipienti tradizionali di vetro, ceramica, porcellana e legno, senza alcun vincolo colorimetrico.
Inoltre, per il confezionamento dei vini Doc è anche consentito utilizzare contenitori di altri materiali idonei a venire a contatto con gli alimenti ma limitatamente a quelli confezionati in recipienti di capacità compresa tra 2 e 6 litri: una formulazione che quindi esclude i volumi nominali al di sotto dei 2 litri che rappresentano il segmento più importante e significativo dei vini posti in commercio.
Non c’è dubbio che la possibilità di prevedere una maggiore apertura, svincolata dal volume nominale dei contenitori, potrà eventualmente rappresentare – oltre a un’eventuale opportunità commerciale, in particolar modo per i mercati esteri – uno strumento che, tenendo conto dei rincari e dei problemi di rifornimento delle bottiglie, sarebbe in grado di ridurre il rischio di rallentamenti e fermi di produzione, perdita di contatti commerciali e di commesse.
La valvola dei disciplinari
Per i vini Doc il DM 13 agosto 2012 stabilisce che l’apertura ai recipienti alternativi – come detto oggi limitata ai recipienti di capacità compresa tra 2 e 6 litri – deve essere esplicitamente previsto negli specifici disciplinari di produzione. Si tratta di una formula che consente alle filiere vitivinicole Doc di poter accogliere (o meno) la possibilità di utilizzare i materiali alternativi al vetro, considerando che il decreto, in questa formulazione, di fatto prevede un’elencazione positiva di ciò che è ammesso per il confezionamento.
Un altro approccio rispetto ai vini Igp, tenuto conto che il DM, richiamando l’applicazione della normativa vigente a livello Ue e nazionale, affida ai disciplinari di produzione Igp la possibilità di stabilire delle regole più restrittive.
L’ultima parola spetta quindi, come previsto, ai disciplinari che, come oggi già avviene per i sistemi di chiusura, dovranno esprimere – per il tramite del Consorzio di tutela, qualora riconosciuto per le specifiche Doc e Igp – una posizione utile per aprire o chiudere all’utilizzabilità dei materiali alternativi, in considerazione delle legittime valutazioni di carattere tecnico-commerciale a cui oggi, e per un tempo ancora non determinabile, si aggiungono anche altre variabili economiche e logistiche connesse ai rincari e alle difficoltà di rifornimento delle bottiglie.
Si tratta di una riflessione che in ogni caso non riguarda i vini spumanti, per i quali il DM 13 agosto 2012, utilizzando uno spazio lasciato dal legislatore europeo, ha stabilito, anche per le categorie senza Dop né Igp, un utilizzo esclusivo delle bottiglie di vetro.
La deregulation (ragionata) dei tappi
Da dieci anni scegliere il tappo in sughero piuttosto che quello a vite o in silicone è diventata una questione tecnica e non più una limitazione normativa. In questo caso, l’ultimo spazio di apertura ha riguardato l’utilizzabilità dei materiali alternativi al sughero anche per i vini Docg rivendicati con indicazioni aggiuntive come, ad esempio, la sottozona, la menzione vigna e le altre menzioni geografiche e tradizionali previste dagli specifici disciplinari di produzione. In effetti, prescindendo dalla rivendicazione di un vino Docg, Doc o Igt, è possibile scegliere ed utilizzare un sistema di chiusura differente dal sughero considerando le caratteristiche chimico-fisiche del vino, il processo tecnologico, l’obiettivo enologico e, tenendo conto di questi parametri, la shelf-life attesa. Senza contare che al di là delle esigenze enologiche – e, come accennato, questo è anche il caso dei contenitori in materiale alternativo – si deve considerare che in alcuni mercati (Australia, Nuova Zelanda, Paesi Scandinavi) il tappo a vite è particolarmente apprezzato.
Liberalizzare i sistemi di chiusura per tutti i vini significa lasciare all’impresa vitivinicola la possibilità di conciliare le esigenze enologiche e le richieste dei mercati e dei consumatori che in alcuni casi apprezzano e cercano chiusure alternative.
articolo tratto da VVQ 6/2022
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