Capo a frutto alto e reti schermanti, ricetta anti climate change

Reti schermanti su verdicchio
Rigenerazione dei suolo, ma anche della qualità enologica di vini che non subiscono più l’appiattimento causato dalla “vampa” estiva. I risultati del progetto New Vineyard nelle Marche per far fronte ai problemi causati dal cambiamento climatico

Migliorare la produzione delle uve biologiche e ridurre l’impatto del climate change in vigneto e in cantina.

Sono questi gli obiettivi del progetto New Vineyard, finanziato dalla Regione Marche tramite il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020.

Roberto Cantori

«Un obiettivo raggiunto – spiega Roberto Cantori, enologo e titolare dell’azienda omonima, in qualità di capofila del progetto – attraverso l’introduzione di nuovi sistemi di allevamento della vite, l’utilizzo di reti schermanti ed antigrandine e l’adozione di inerbimenti multifunzionali a strisce».

Un nuovo modo di condurre i vigneti mostrato nel corso di un Open day presso la Fattoria Nannì ad Apiro, in provincia di Macerata.

Il cambiamento climatico incide fortemente sulla qualità dei vini anche nelle Marche.

«Sempre più frequentemente – afferma Edoardo Dottori, dell’omonima azienda agricola, altra partner del progetto -, al momento della vendemmia otteniamo uve sbilanciate, con un’elevata concentrazione zuccherina, un alto pH e un basso contenuto acidico, il che si traduce in vini piatti e con un elevato contenuto alcolico».

Il principe verdicchio

Attualmente il mercato globale chiede invece vini freschi e con un moderato contenuto alcolico, «è quindi necessario cercare sistemi di adattamento al cambiamento climatico lavorando sul vitigno principe dell’areale dei Castelli di Jesi: il Verdicchio».

Il progetto ha consentito di mettere alla prova i nuovi sistemi di allevamento High cane e Grape net, calibrati per i vitigni a bassa fertilità delle gemme basali e progettati per le esigenze della viticoltura biologica delle Marche nell’attuale contesto climatico.

Parete vegetativa bassa

Vania Lanari e Edoardo Dottori

«Con l’High cane (capo a frutto alto) – spiega Vania Lanari dell'Università Politecnica delle Marche, partner scientifico del progetto - , il filo portante è assicurato a 1,1 m da terra, così da permettere lo sviluppo di una parete vegetativa bassa controllata con ripetute cimature dei germogli, che andranno a stimolare lo sviluppo di femminelle, la cui azione competitiva nei confronti dei grappoli, indurrà un rallentamento della maturazione degli acini, in termini di accumulo zuccherino».

Resilienza alla siccità, resistenza alle gelate

Le femminelle andranno cosìna costituire un “cappello ombreggiante” che porterà ad una condizione di luce diffusa nella fascia produttiva, riducendo i danni da scottature e mantenendo un maggior livello acidico (per rallentamento della respirazione dell’acido malico), fondamentale per la freschezza dei vini. «E Il limitato sviluppo in altezza delle chiome – continua Lanari - permetterà di ridurre il fabbisogno idrico del vigneto migliorando la sua resilienza nei confronti dei fenomeni siccitosi».

«L’aumento della distanza da terra della fascia produttiva contribuirà invece a mitigare il rischio dei danni da gelate tardive e faciliterà la gestione delle malerbe che crescono nel sottofila dei vigneti gestiti in biologico».

Grappoli protetti da rete

Il dispositivo Grape net è invece basato sull’utilizzo di una rete schermante a protezione della fascia produttiva con un duplice scopo: proteggere i grappoli da eventuali grandinate e schermare i grappoli dalla radiazione diretta, contribuendo al rallentamento della maturazione delle uve, al mantenimento del contenuto acidico e dei precursori aromatici.

Inerbimenti a strisce

Tra i risultati emerge anche un primo miglioramento della fertilità del suolo agrario nei vigneti biologici.

Dimitri Giardini; Rodolfo Santilocchi; Bruno Garbini

«La gestione della fertilità – sottolinea Rodolfo Santilocchi dell'Università Politecnica delle Marche - dei suoli agrari nei vigneti collinari biologici inerbiti è una attività estremamente complessa, soprattutto a causa della scarsità delle risorse tecniche a disposizione e del fatto che si parte da suoli con un contenuto di sostanza organica molto basso, a causa di decenni di attività agricola intensiva».

«Uno dei problemi emersi ultimamente – continua- è la limitata disponibilità di azoto per le piante che, oltre a provocare limitazioni produttive, crea problemi anche nella fermentazione dei mosti».

«Da osservazioni effettuate si è visto che gli inerbimenti naturali sono molto poveri di leguminose, che potrebbero arricchire il terreno di azoto, per cui nel progetto in corso si è voluto verificare la possibilità di traseminare alcune specie leguminose, sia nell’interfila sia sotto la fila. Nonostante l’andamento stagionale molto sfavorevole, con piovosità nettamente più bassa della media stagionale, nella visita tecnica effettuata sono stati rilevati effetti interessanti».

Rigenerazione dei suoli agricoli

Tra i partner del progetto New Vineyard, vi sono anche ARCA Srl Benefit e Marca di Ancona CIA Srl.  «Noi di ARCA svolgiamo, in collaborazione con CIA- Agricoltori Italiani, la funzione di comunicazione e diffusione sul territorio dei risultati ottenuti dal progetto - afferma Bruno Garbini, presidente della società benefit - La funzione strategica del Progetto ARCA è la Rigenerazione dei Suoli Agricoli e dell'ambiente e la valorizzazione del Cibo ottenuto dalle Colture Bio Rigenerative.  Appoggiamo, però, anche tutti quei progetti che, direttamente o indirettamente, come in questo caso, contribuiscono a raggiungere i nostri obiettivi».

L'open day alla Fattoria Nanni di Apiro (Mc)
Capo a frutto alto e reti schermanti, ricetta anti climate change - Ultima modifica: 2021-09-26T02:29:21+02:00 da Lorenzo Tosi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome