Quale fisionomia per la viticoltura italiana

Vasco Boatto

Vasco Boatto “Se l’assetto del settore viticolo odierno risulta profondamente mutato nel giro di pochi anni ciò è dovuto all’azione di due forze concomitanti: da un lato la scelta della politica vitivinicola adottata, in primis al livello comunitario, dall’altro dagli andamenti del mercato, soprattutto di quello internazionale. Per quanto riguarda gli indirizzi della politica, il ruolo del nostro paese è stato determinante sin dalla definizione della prima organizzazione comune di mercato. Assieme alla Francia, le scelte sono state subito orientate a valorizzare la tipicità e la vocazionalità dei territori nell’interesse del consumatore. Nel corso degli anni si sono precisate in modo più definito le strategie della politica viticola comunitaria, imperniata su due cardini di base: la tutela e la valorizzazione della qualità e della tipicità, da un lato; il rafforzamento della competitività sul mercato interno e soprattutto su quello internazionale, dall’altro. Gli obiettivi di questo orientamento sono stati precisati, in modo più definito, con la riforma dell’OCM vitivinicolo del 2008 e ribaditi ulteriormente con l’odierna programmazione comunitaria 2014-2020. Essi sono rivolti a dare più tutela al consumatore sul piano dell’informazione del prodotto e dei processi utilizzati per la sua realizzazione e, al tempo stesso, a offrire ai produttori migliori opportunità di reddito. Queste scelte si sono dimostrate appropriate alla luce della concomitante evoluzione dei mercati. Quest’ultimi, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, hanno subito una profonda trasformazione i cui tratti più significati sono stati: un calo drastico dei consumi del nocciolo dei paesi tradizionali consumatori, Italia, Francia, Spagna; un significativo aumento degli acquisti da parte  dei nuovi paesi interessati al consumo di vino, soprattutto in quelli dell’area occidentale, quali Regno Unito, USA, paesi scandinavi; l’affacciarsi sul mercato dell’offerta dei nuovi paesi con produzioni quanti-qualitativamente significative, in particolare Nuova Zelanda, Australia, Cile, Argentina, Sud Africa. Di fronte al mutato quadro competitivo, le imprese hanno avviato profonde trasformazioni degli assetti strategici organizzativi e di marketing, finalizzate a sfruttare le nuove opportunità del mercato che via via si sono andate definendo. Per il nostro paese queste trasformazioni lungi dall’aver esaurito il loro corso, risultano particolarmente intense e sono accompagnate da forti e profondi cambiamenti, sia a livello produttivo che territoriale. In altri termini si sta delineando una nuova fisionomia del vigneto italiano. In particolare, il quadro che emerge presenta tratti sicuramente positivi, quali l’ulteriore sviluppo delle produzioni di qualità, la forte espansione dell’offerta dei vini spumanti, come ad esempio il Prosecco, il consolidarsi delle produzioni di elevato valore identitario tra le quali spiccano i grandi vini rossi, da quelli piemontesi, toscani, del centro e sud Italia, i prestigiosi vini passiti come l’Amarone e passito di Pantelleria; accanto ad altre meno favorevoli, come quelle relative alla forte contrazione della superfice vitata di aree a lunga tradizione viticola, il ridimensionamento dei vitigni minori, la perdita di importanza della viticoltura di talune aree collinari e l’ulteriore erosione delle viticolture eroica. Siamo in presenza di un passaggio cruciale per il futuro della viticoltura del nostro paese che ci vede protagonisti a livello internazionale, ma al tempo stesso con diversi elementi di criticità negli assetti produttivi. La perdita della produzione è infatti molto grave, non solo per i produttori direttamente coinvolti, ma per i territori che si trovano privati di una risorsa, ancorché non valorizzata adeguatamente, che potrebbe però essere destinata a svolgere un ruolo potenzialmente utile per lo sviluppo dell’economia locale. Come dimostrano le realtà vitivinicole vitali, il successo si basa su un modello di sviluppo dove determinanti non sono solo i buoni risultati ottenuti dalle imprese vitivinicole o dalla filiera enologica o dal sistema dell’economia allargata che ruota attorno alla produzione vinicola, quanto al felice connubio di diverse componenti, da quelle legate alla produzione enologica nel senso stretto a quelle relative ai servizi ecosistemici a quelle culturali. E’ l’economia dell’area ad essere al centro dello sviluppo, la sua identità, la sua vocazionalità, unitamente alla capacità dei produttori di realizzare un prodotto di buona qualità, ricorrendo a metodi di produzione sostenibili che rispettino i valori della cultura del territorio. Si tratta di tutti quegli aspetti che sono sempre più ricercati dal consumatore evoluto. A questo modello di sviluppo sembra guardare anche la nuova politica agricola comune quella che si vorrebbe realizzare dopo il 2020″.

Vasco Boatto, Università degli Stdi di Padova 

Commento a Editoriale VVQ 1, Gennaio 2017  

Quale fisionomia per la viticoltura italiana - Ultima modifica: 2017-01-16T15:56:34+01:00 da Redazione

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