L’Italia che gonfia il petto per il record mondiale di produzione di vino si trova improvvisamente a fare i conti con il problema della crisi di mercato e delle cantine colme.
All’ultima riunione della Conferenza Stato-Regioni quelle più “intasate” (Abruzzo, Puglia, Campania, Sicilia, Sardegna, ecc) hanno invocato la distillazione di crisi.
L’allarme è suonato anche in via XX settembre, sede del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, che ha convocato un tavolo di crisi per ripristinare l’equilibrio tra domanda e offerta.
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Giacenze, un po' di acqua sul fuoco
A metà maggio il quinto report del 2023 di Cantina Italia ha gettato un po’ di acqua sul fuoco: le giacenze complessive di vino al 30 aprile sono infatti scese a 56,6 milioni di ettolitri rispetto al record assoluto di 60 milioni di fine marzo.
Un dato poco rassicurante in realtà. Aprile è il mese in cui le cantine dovrebbero iniziare a svuotarsi dopo gli imbottigliamenti e l’anno scorso il saldo mensile in uscita era stato superiore (3,5 milioni, ma su uno stock di giacenze del 5% in meno). Mancano circa due mesi alla vendemmia e il rischio è quello di svendere sottocosto per fare spazio ai nuovi raccolti. Anche perché qualsiasi decisione in merito alla distillazione ha lunghi tempi di attuazione non compatibili con quelli del ciclo della vite.
Macron si è mosso prima
Per fare in fretta il vino italiano potrebbe fare affidamento sui 324 milioni di euro della nuova Ocm vino. Uiv (Unione italiana vini) ha però chiesto di non toccare i fondi già impegnati per la promozione e gli investimenti. Altri soldi non ci sono e la filiera italiana si è rivolta direttamente a Bruxelles chiedendo un regolamento con misure anti-crisi. La Francia su questo fronte si è mossa decisamente prima.
La debacle dei rossi sta sconvolgendo la geografia delle denominazioni transalpine. Il Bordeaux sta estirpando il 10% delle superfici e lo scorso febbraio il Governo Macron si è dichiarato disponibile a stanziare 40 milioni per avviare una campagna di distillazione fin da questa estate, ribadendo la necessità di un parallelo sostegno comunitario per evitare un flop legato a contributi ad ettogrado troppo bassi (nella distillazione effettuata nel corso della pandemia la Francia aveva mobilitato 211 milioni di euro per 2,6 milioni di ettolitri). Bruxelles però non si è ancora espressa al riguardo.
Un motivetto che stona
La concessione di aiuti per la distillazione stona infatti parecchio con le pressioni ricevute solo pochi mesi fa per salvare la misura di promozione sui mercati terzi. In questo scenario l’Ocm inizia a mostrare la corda, risultando poco flessibile.
Qualsiasi azione comune dovrebbe assumere un carattere strutturale e non congiunturale. Uiv continua a pigiare il tasto della necessità di contenere le rese massime ettariali a livello nazionale. I dati di mercato però non giustificano questa visione.
Soffre l'alta gamma
Le giacenze in cantina crescono infatti soprattutto per le tipologie a più alto valore (+8,6% in un anno per le Dop). La crisi inflattiva sta infatti spingendo i consumatori a spostare gli acquisti verso succedanei meno costosi (limitare le rese sotto i tendoni di Abruzzo e Puglia non farà aumentare le vendite di Brunello e Barolo). Qualsiasi azione di sostegno del vino, per essere efficace, dovrà invece mirare all’obiettivo strategico di rafforzare la capacità (e la volontà) di governare l’offerta a livello locale.
Rilanciare a denari contro la flavescenza
Un decisivo banco di prova può essere quello rappresentato dall’emergenza flavescenza dorata. Gli strumenti per obbligare agli espianti non vengono applicati per non penalizzare ulteriormente la redditività dei produttori colpiti. Invece che “bussare solo a bastoni” le entità locali dovrebbero poter “rlanciare anche a denari”.
L’alternativa è aspettare che parassiti e calamità naturali facciano quello che l’uomo non riesce a fare: limitare il potenziale produttivo, senza sostegni e a casaccio.
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