La luna storta

Vendemmia condizionata da un'annata "lunatica". Il rapporto tra terroir e clima è già entrato nella fase più critica. Inutile sperare nell'influsso degli astri: per salvare i nostri migliori cru serve maggiore flessibilità nei disciplinari di doc e Igt

2025: più che un’odissea, prove tecniche di un vero e proprio esodo nello spazio.

Dopo più di 50 anni la missione intitolata ad Artemide, dea della caccia, raccoglie il testimone dimenticato dal mitologico gemello Apollo per riportare entro questa data l’uomo (e la donna) sulla luna.

La Nasa ha affrettato i piani operativi con il primo lancio test a fine agosto (già fallito e riprogrammato al prossimo allineamento stellare favorevole).

Una decisione su cui deve avere inciso l’accelerazione della crisi climatica con i perduranti stress idrici e termici che nel millesimo 2022 hanno condizionato i cicli di parecchie colture, vite inclusa.

Anteprima Editoriale VVQ 6/2022

Abbonati e accedi all’edicola digitale

Cetrioli spaziali

La vera novità della missione sarà infatti costituita dalla presenza a bordo di una serra spaziale per testare lo sviluppo di colture edibili in condizioni di microgravità. E tra gli obiettivi più avveniristici affidati all’Agenzia spaziale italiana, Thales Alenia Space ed Enea, partner tecnologici di primo piano del progetto, c’è quello di progettare i piccoli orti lunari che consentiranno di riciclare scorie e CO2 nella futuribile base che, nelle intenzioni della Nasa, sarà costruita da robot e droni nei crateri del polo sud del satellite, al riparo da radiazioni solari e cosmiche.

Una colonizzazione vegetale in cui troveranno spazio orticole a ciclo rapido come le insalate e graminacee a fotosintesi “rinforzata” per aumentarne le performance di assorbimento dell’anidride carbonica, ma non la vite.

Le ragioni dello spirito

Una discriminazione su cui pesa l’inclinazione della nostra civiltà pragmatica e salutista a trascurare le ragioni dello spirito. Nella cultura classica a Dioniso è sempre stato riservato un posto d’onore in ogni immaginifico “altrove”. Nel nostro immaginario collettivo trovano invece spazio solo le patate piantate su Marte da Matt Damon nel film The Martian, o i meloni coltivati nelle due capsule di salvataggio in allontanamento dalla Terra del film ecologista Silent Running. La vite era la grande assente anche in entrambe le edizioni del discusso esperimento Biosphere che alla fine del secolo scorso ha ricostruito gli ecosistemi terrestri in ambienti pressurizzati al centro del deserto dell’Arizona.

Il destino della nostra coltura preferita rimane quindi indissolubilmente legato alle sorti del pianeta e alla speranza che la specie umana, galvanizzata dalle prospettive di una conquista dello spazio, non si bruci i ponti alle spalle.

Piedi per terra

I risultati della vendemmia 2022 dimostrano per fortuna che la vite, anche se non è la coltura più efficiente dal punto di vista fotosintetico, può comunque rivelarsi il miglior alleato contro gli effetti del cambiamento climatico. In un anno in cui i record termici e le scarse precipitazioni hanno spinto all’abbandono di vaste superfici coltivate a metà del ciclo, molti viticoltori sono comunque riusciti a portare in cantina aromi e polifenoli variando le tecniche di gestione di chioma e suolo per sfruttare il dato climatico positivo (l’unico) delle escursioni termiche notturne.

Più flessibilità contro il climate change

Una flessibilità nella gestione tecnica che purtroppo è sempre più impossibile per quelle che dovrebbero essere le produzioni vitivinicole di maggiore qualità, quelle ad origine protetta.

L’ultima edizione del Climwine Symposium organizzato a Bordeaux da Inrae in luglio in occasione di Terclim ha infatti messo in evidenza che siamo già nello scenario peggiore dell’involuzione del rapporto tra terroir e clima.

Un lavoro presentato da Sebastian Candiago (Università di Venezia e di Bolzano) ed altri, ha inserito in un database (E-Ambrosia) tutti i disciplinari delle doc e Igt europee scoprendo che spesso, e questo vale soprattutto nel nostro Paese, i maggiori vincoli riguardo al divieto per l’irrigazione, per l’allargamento della base ampelografica e per la densità d’impianto coincidono paradossalmente con la mappa degli areali geografici dove l’impatto del climate change è più violento. Colpa dell’effetto combinato della mancanza di consapevolezza climatica e di una rigidità normativa tutta italiana che scoraggia ogni tentativo di modifica dei disciplinari. Se non riusciamo a curare in fretta questi mali, perderemo i nostri migliori cru.

Il rapporto tra terroir e clima è già entrato nella fase più critica. Per salvare i nostri migliori cru serve maggiore flessibilità nei disciplinari di doc e Igt
La luna storta - Ultima modifica: 2022-09-01T18:49:02+02:00 da Lorenzo Tosi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome