Acido fumarico e fermentazione alcolica, quali interazioni?

L'impatto dell'aggiunta di acido fumarico sull'attività di un pool di ceppi commerciali di S. cerevisiae e dei più diffusi non-Saccharomyces di interesse enologico

L'acidità, intesa come il profilo dei diversi acidi organici, è la spina dorsale del gusto e garantisce la longevità del vino. L'acido tartarico, malico e citrico si accumulano nel grappolo d'uva e da lì vengono trasferiti al vino in quantità e proporzioni diverse a seconda di una moltitudine di parametri, non sempre facilmente prevedibili a priori. Tra i fattori più influenti ci sono il vitigno, le condizioni climatiche e le pratiche agronomiche. Le tecniche applicate durante la vinificazione influenzano il profilo acidico del vino, così come la durata della macerazione delle uve o la temperatura di conservazione del vino.

L’acido fumarico per la gestione dell’acidità

Fino a pochi mesi or sono l'acidificazione del mosto d'uva o del vino doveva essere eseguita, secondo le regole dell'Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), mediante aggiunta di acido tartarico, lattico, malico o citrico, o con una miscela di questi. Questa limitazione non ha ragioni chimiche, è legata alla tradizione di evitare l'introduzione di componenti esogeni nel vino, oltre ai derivati dell'uva, per preservarne il valore e l'autenticità percepita dai consumatori. Pertanto, la recente autorizzazione dell'OIV all’utilizzo dell'acido fumarico come acidificante del vino rappresenta una notevole innovazione che richiede un'attenta valutazione.

Cos'è l'acido fumarico

L'acido fumarico, noto anche come acido trans-2-butendioico (C₄H₄O₄), è un acido organico dicarbossilico a quattro atomi di carbonio, di cui sono previsti numerosi usi, con applicazione primaria nel settore alimentare. Essendo un acido relativamente forte, esso è in grado, anche a basse dosi, di ridurre significativamente il pH dell'alimento, svolgendo un'azione acidificante e conservante.

Impiego e criticità: l'origine non uvica

L'uso dell'acido fumarico in campo enologico è soggetto a specifica regolamentazione da parte dell'OIV che, fino al 2024, ne consentiva l'uso esclusivamente per controllare i batteri lattici e inibire la fermentazione malolattica nel vino, con dosi raccomandate tra 300 e 600 mg/L.

L'uso dell'acido fumarico come acidificante del vino, autorizzato dall’OIV a partire da ottobre 2024, ha provocato un certo dibattito tra i professionisti del settore. Le principali riserve sollevate sono legate alla sua origine non uvica. Sebbene possa essere prodotto da idrocarburi, esistono alternative più sostenibili, adatte alle industrie alimentare ed enologica. Funghi come Rhizopus oryzae e Rhizopus arrhizus possono produrre una grande quantità di acido fumarico tramite vie riduttive citosoliche del TCA in condizioni aerobiche. È stato proposto l'uso di S. cerevisiae per produrre questo acido, così come un processo enzimatico basato sulla maleato isomerasi termoresistente, derivata da Bacillus stearothermophilus o Bacillus brevis.

Le interazioni coi lieviti

Un'altra preoccupazione riguardo all'acido fumarico come acidificante è la sua interazione con i lieviti durante la fermentazione alcolica. Già dai primi lavori sull'uso dell'acido fumarico nei vini era chiaro che la permanenza di un'elevata quantità di questo acido nel vino dipendeva dall'assenza di lieviti vitali, poiché S. cerevisiae può assorbirlo e integrarlo nei propri cicli metabolici portando alla sua degradazione, anche completa, con eventuale accumulo di acido malico e/o acido succinico. Pertanto, l'aggiunta di acido fumarico potrebbe alterare l'attività dei lieviti durante la vinificazione. Inoltre, si dovrebbero considerare le difficoltà nel rintracciare l'aggiunta di acido fumarico nel vino perché questa molecola, esogena alla biosintesi di Vitis vinifera, viene convertita dal lievito in due acidi, malico e succinico, caratteristici del settore vinicolo in quanto già naturalmente presenti nei vini.

Partendo da queste considerazioni, presso i laboratori di Microbiologia Enologica della Fondazione Mach è stata condotta un'indagine dettagliata sull'impatto dell'aggiunta di acido fumarico sull'attività, in termini di vitalità e performance fermentativa, di un pool di ceppi commerciali di S. cerevisiae, sotto forma di lievito secco attivo. L'indagine è stata estesa anche ai principali generi di lieviti non-Saccharomyces di interesse enologico.

Sintesi di articolo tratto da VVQ n. 6/2025

Leggi il numero oppure Abbonati alla rivista

Acido fumarico e fermentazione alcolica, quali interazioni? - Ultima modifica: 2025-09-03T21:44:59+02:00 da Redazione

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome