Il biocontrollo non può attendere

Burocrazia e protocolli pensati per i prodotti chimici di sintesi rallentano eccessivamente l’ingresso sul mercato di queste tecnologie innovative

Il biocontrollo è una realtà e, non da oggi, permette di gestire la protezione delle piante con soluzioni innovative, a basso impatto ambientale e di comprovata efficacia, applicabili in alternativa ai prodotti chimici di sintesi o in sinergia con essi. Sono mezzi di biocontrollo i macrorganismi che agiscono come predatori o parassitoidi, alcune sostanze di origine naturale (i cosiddetti botanical), i semiochimici e i microrganismi. L’azione di queste soluzioni può esplicarsi sia su parassiti che su malattie.

Il settore - che in Europa, dato dicembre 2023, vale circa 1,6 miliardi di euro, pari a quasi il 10% del mercato europeo della protezione delle colture - si trova a fare i conti con una regolamentazione comunitaria formulata per i fitofarmaci di sintesi e pertanto inadatta, nonché fonte di inutili lentezze nell’immissione in commercio di soluzioni di biocontrollo.

Ne abbiamo parlato con Alessandra Moccia, vicepresidente di IBMA, International Biocontrol Manufacturers Association.

Chi è IBMA

IBMA festeggia proprio nel 2025 i trent’anni di attività. Fondata infatti nel 1995, è l’associazione che riunisce i protagonisti della filiera del biocontrollo, rappresentando 212 membri da 37 Paesi. Tra di essi, non solo industrie attive nella produzione di mezzi di biocontrollo, ma anche centri di saggio e consulenti registrativi. IBMA è sostanzialmente una federazione, che si struttura in IBMA Global - con sede a Bruxelles, che dialoga con l’Unione Europea, l’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione lo Sviluppo Economico) e la Fao - e associazioni nazionali. Questo tipo di organizzazione rende IBMA più efficace nelle azioni di comunicazione e advocacy.

«Se oggi in Europa il biocontrollo è oggetto di una maggiore attenzione da parte di istituzioni e decisori e se presso gli agricoltori è cresciuta la consapevolezza dei vantaggi derivanti dall’applicazione delle soluzioni di biocontrollo - afferma Alessandra Moccia - lo si deve in larghissima parte all’attività svolta da IBMA in questi trent’anni».

Il quadro legislativo

«Da sempre - prosegue Alessandra Moccia - e a maggior ragione dall’entrata in vigore del Reg. 1107/2009, i mezzi di biocontrollo, fatta eccezione per nemici naturali e parassiti, che non rispondono a tale Regolamento, sono considerati alla stessa stregua di tutti gli altri prodotti per la protezione delle piante, con tutto ciò che ne consegue: uno schema per l’autorizzazione all’immissione in commercio pensato per i fitofarmaci di sintesi, che sono completamente diversi nel loro modo di interagire col parassita target, i parassiti non target e l’entomofauna utile, e inoltre tempi molto lunghi per portare l’innovazione sul mercato. Questo quadro è ancor più negativo alla luce del fatto che, proprio per effetto dello stesso Regolamento, molte sostanze attive dalle svariate modalità di azione sono uscite di scena e altre spariranno negli anni a venire. Nella pratica, si sottraggono soluzioni di difesa agli agricoltori mettendone a disposizione altre, ma in tempi troppo lunghi. Ecco perché una larghissima parte del lavoro svolto da IBMA ha proprio lo scopo di portare la Ue a definire per tutti i mezzi di biocontrollo iter differenti da quelli stabiliti dal Reg. 1107/2009 e specifici per questa tipologia di soluzioni».

Un’informazione fuorviante

Ma ci sono anche altri fronti su cui IBMA deve agire. Tra questi, quello per promuovere una comunicazione dei temi relativi al biocontrollo rispondente alla realtà e non distorta.

«Di recente - sottolinea Alessandra Moccia - mi è capitato di leggere su alcuni organi di stampa che una delle cause della forte flessione nella produzione di frutta in Europa sarebbe da individuare nelle politiche ambientali comunitarie. Si tratta di un modo approssimativo di descrivere la realtà. Di fatto, come ho già sottolineato, se si vuole individuare una causa legata alle modalità di agire della Ue, questa semmai è la burocrazia che deriva dall’applicazione del Reg. 1107/2009, cui a suo tempo ha lavorato un Parlamento europeo non focalizzato sulle politiche verdi. Il Regolamento in oggetto, peraltro, è entrato in vigore molto prima del Green Deal».

E ancora: biocontrollo e chimica non sono mondi contrapposti ma sinergici: «Avere a disposizione più mezzi di biocontrollo - spiega Moccia - non significa ridurre quelli convenzionali, ma semmai abbinare le due tecnologie, anche con lo scopo di preservare i mezzi chimici dall’insorgere di fenomeni di resistenza, che ne azzerano l’efficacia».

E infine, vanno scardinate due convinzioni ancora diffuse ovvero che il biocontrollo non sia efficace e che esso sia più costoso della difesa basata sulla chimica convenzionale. «A questo proposito mi piace citare l’esempio del Brasile dove, durante la pandemia, non essendo possibile importare prodotti chimici in quantità sufficienti, si è spinto moltissimo sull’introduzione di biofertilizzanti, mezzi di biocontrollo e biostimolanti, con risultati estremamente positivi in numerose filiere. In quella della canna da zucchero, per esempio, non solo si sono mantenute le rese ma anche la redditività degli agricoltori è stata salvaguardata. Sono stati gli agricoltori stessi a fare pressione sulle autorità perché accelerassero l’introduzione dei bioinput sul mercato brasiliano. E stiamo parlando di un’agricoltura decisamente meno premium della nostra».

Risultati ottenuti e fronti aperti

Alcuni risultati nel dialogo con la Ue sono stati ottenuti. «Per l’immissione in commercio delle sostanze naturali e dei semiochimici, l’Unione Europea - spiega Moccia - ha stabilito delle linee guida che consentono di presentare dossier ridotti, che comportano di dover fornire una mole di dati inferiore rispetto a quella richiesta per i prodotti chimici. Ma restano due problemi: il primo è che non essendo le linee guida legally binding, ogni stato fa un po’ a modo suo; il secondo è che, nonostante la semplificazione, i tempi rimangono comunque molto lunghi. Il mercato del biocontrollo cresce - conclude Moccia - nonostante tutto. Sostanzialmente la stragrande maggioranza delle nuove soluzioni per la difesa delle piante approvate dall’Unione Europea è rappresentata da mezzi di biocontrollo. Ma occorre accelerare».

Un nuovo orientamento a livello europeo

Il nuovo Parlamento europeo, insediatosi nel 2024, in diversi frangenti ha sottolineato la necessità del biocontrollo per garantire la competitività dell’agricoltura comunitaria, focus su cui si concentreranno le politiche Ue per i prossimi anni. L’Unione europea riconosce che è l’innovazione il principale driver della competitività e in questo ambito enfatizza la necessità di favorire e accelerare l’immissione in commercio delle soluzioni di biocontrollo.

«La cosa che fa riflettere - sottolinea Moccia - è che nella precedente programmazione del Parlamento europeo, tutta focalizzato sulle politiche ambientali, non si parlava mai di biocontrollo. Ora invece che gli obiettivi sono innovazione e competitività lo vediamo citato in diversi documenti ufficiali. Nel Dialogo strategico per l’agricoltura del settembre 2024, per esempio, si afferma che “la Commissione europea dovrebbe, entro il 2025, creare un solido quadro legislativo per i prodotti e gli approcci di biocontrollo”. Nella lettera di missione al Commissario per la Salute e il Benessere Animale, Olivér Várhelyi, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, lo incarica di migliorare la sostenibilità e la sicurezza lungo la catena alimentare, promuovendo, tra le altre misure, l'uso accelerato del biocontrollo. E infine la Task Force per l'Applicazione del Mercato Unico (Single Market Enforcement Taskforce, Smet), istituita nel 2020 con l'obiettivo di rafforzare l'implementazione e l'applicazione delle normative del mercato unico europeo, ha in atto un progetto finalizzato al miglioramento del processo autorizzativo per le biosoluzioni».

Agire su tutti gli stakeholder

Tutti gli stakeholder del mondo agricolo sono potenzialmente interlocutori di IBMA, che intende consolidare il ruolo da protagonista del biocontrollo nel panorama delle soluzioni per la difesa delle piante coltivate. Occorre dialogare con le istituzioni, come già evidenziato, ma anche con i tecnici e gli agricoltori, per accrescere la loro conoscenza delle corrette modalità di impiego dei mezzi di biocontrollo. E occorre formare sui temi del biocontrollo i futuri professionisti dell’agricoltura, già durante il loro percorso di studi.

Chi è Alessandra Moccia

Alessandra Moccia, vice presidente IBMA

Nata a Varese, è una biologa specializzata in chimica ambientale. Lavora in Suterra dal 2012, dove ricopre la posizione di Senior Director of Global Regulatory Affairs. Dopo aver partecipato al coordinamento del gruppo semiochimici di IBMA per sette anni, è stata membro del suo Global Board, e dal 1° gennaio 2024 ricopre la carica di vicepresidente dell’associazione.

Articolo tratto dal numero 2/2025 di VVQ 

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Il biocontrollo non può attendere - Ultima modifica: 2025-03-07T09:28:08+01:00 da Redazione

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