Autunno, tempo di vendemmie. E di controlli.
Nel mirino c'è soprattutto il lavoro nero.
C’era da aspettarselo nell’anno del terzo provvedimento di regolarizzazione dei lavoratori clandestini, quello voluto dalla ministra Bellanova, inserito lo scorso maggio nel decreto rilancio (ma non del tutto riuscito a dire la verità).
Gli imprenditori insistono sui voucher
Il comparto vitivinicolo insiste da mesi per il ripristino dei voucher, un sistema che consentirebbe una gestione più agile e meno burocratica della manodopera, abbattendo il rischio di multe.
Le istituzioni però sembrano non fidarsi del comparto e preferiscono mantenere in piedi un ingarbugliato sistema di intermediazione dei rapporti di lavoro. Una catena burocratica eccessiva che in alcune aree non riesce comunque a debellare il fenomeno del caporalato.
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La criminalizzazione del settore vino
Un sintomo di questa mancanza di fiducia, che rischia di sconfinare nella criminalizzazione di tutto il comparto vino, è costituito dallo spiegamento di forze dell’ordine in piena vendemmia.
Non solo ispettori del Lavoro: Nas, Icqrf, ispettori delle Asl sono in gara per i controlli tra i filari in questo periodo. Gli elicotteri hanno ripreso così a ronzare sopra i vigneti. Segnalazioni arrivano in particolare da Veneto, Lombardia e Piemonte.
Mascherine e distanziamento, il nodo delle responsabilità
La tecnica è ormai collaudata: gli uomini dell’Ispettorato del lavoro arrivano durante la vendemmia accompagnati dai Carabinieri. Controllano gli operai intenti alla raccolta dell’uva.
Le multe possono scattare con facilità, anche perché la burocrazia imperversa e la nuova normativa ha aggiunto ulteriori nodi: riguardo alle responsabilità per lo stato di salute, il distanziamento interpersonale, i dispositivi di sicurezza e le visite mediche degli operai, riguardo al controllo delle identità dei lavoratori sotto contratto, riguardo a pagamenti che devono essere tracciati (ma poi capita che gli sportelli delle banche italiane trovino il modo di contestare anche sistemi solvibili come gli assegni circolari, bloccandone l’incasso).
Lavoro nero e assembramenti in Franciacorta
A fronte di questo spiegamento di forze, le segnalazioni di irregolarità sul fronte lavoro nero sono in realtà a tutt’oggi estremamente limitate.
Un controllo effettuato dall’Ispettorato provinciale del Lavoro e dall’Ats (Agenzia di tutela della salute) di Brescia a fine agosto ha individuato nei vigneti di un’azienda vinicola della zona a Sud della Franciacorta un gruppo di lavoratori privi di mascherine e non adeguatamente distanziati. Alcuni di loro sono risultati in nero. Si trattava di 120 braccianti per lo più di origine senegalese. Tra questi, 14 lavoratori sono risultati in nero, cioè senza alcun contratto, compreso un addetto che percepiva il reddito di cittadinanza.
La sanzione, tra i 20 e i 50 mila euro, è stata elevata alla ditta appaltatrice con sede in provincia di Bergamo che forniva il servizio di vendemmia in conto terzi. La cantina sarà comunque chiamata a coprire i contributi dovuti nel caso in cui l’appaltante non sia in grado di farlo.
Il precedente caso trevigiano
Per risalire ad altre irregolarità segnalate sul fronte del lavoro nero bisogna uscire dal periodo della vendemmia e risalire a quello delle potature (caratterizzate da estrema penuria di manodopera). Nella Marca trevigiana sono state arrestate a inizio maggio quattro persone di nazionalità pakistana nell'ambito di un'operazione dei carabinieri di Treviso contro il caporalato.
In cantina i Nas vanno sul sicuro
Ben più abbondante la “pesca” di chi effettua controlli in cantina. Nonostante la dematerializzazione dei registri la vinificazione rimane infatti un’attività economica ad alta pressione burocratica e gli ispettori della Repressione Frodi e dei Nas vanno a colpo quasi sicuro quando devono elevare sanzioni.
Ecco le ultime segnalazioni in ordine di tempo.
Mancanza di requisiti sanitari a Viterbo, Lecce e Catanzaro
A inizio ottobre, a quanto riporta l’Ansa, sono state chiuse tre cantine prive di autorizzazioni o in pessime condizioni igienico sanitarie nelle province di Viterbo, Lecce e Catanzaro.
In tutto le operazioni hanno portato al sequestro di 350 ettolitri di mosti e di vini. In particolare il Nas di Viterbo ha denunciato il responsabile di una cantina sociale per aver detenuto vino in un deposito privo dei requisiti igienico-strutturali.
Nel corso dell'operazione, i militari hanno disposto il sequestro di 3 quintali di additivi e circa 350 ettolitri di vino, per un valore di mercato di circa 350mila euro.
Il Nas di Catanzaro ha scoperto un deposito abusivo e ne ha disposto il sequestro. I Nas di Lecce hanno individuato uno stabilimento vinicolo senza la prevista notifica all'Autorità Sanitaria e ne ha disposto la chiusura.
Sequestri per mancanza di tracciabilità
A fine settembre i Nas del nucleo di Latina nel corso di un’ispezione eseguita presso una cantina laziale, hanno rilevato gravi carenze igienico-strutturali nei locali destinati alla vinificazione e rinvenuto 53 ettolitri di vini privi di tracciabilità. Per le violazioni riscontrate, i Carabinieri, insieme al personale ispettivo dell’Asl, hanno elevato sanzioni amministrative per una cifra di 2.500 euro e posto i sigilli sull’intera struttura, dal valore di mercato di 1,5 milioni di euro.
Nello stesso periodo i Carabinieri del nucleo antisofisticazione di Catanzaro, con il personale dell’Icqrf (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari) di Lamezia Terme (CZ) e gli operatori dell’Asl di Vibo Valentia, al termine di un accertamento ispettivo eseguito presso una cantina calabrese, hanno posto i sigilli su un’intera attività in quanto caratterizzata da precarie condizioni igienico-strutturali.
Il Nas di Potenza, invece, ha sequestrato il locale di una cantina lucana utilizzato sia per il deposito sia per l’imbottigliamento per gravi carenze igienico-sanitarie. Il valore dell’attività inibita è di 200.000 euro.
A metà settembre il Ministero della Salute ha informato di un’operazione dei Nas di Bologna presso un’azienda vinicola romagnola. I militari nel corso di un accesso ispettivo hanno proceduto:
- al sequestro cautelativo sanitario di 760 ettolitri di prodotti vinosi, anonimi e irrintracciabili, del valore di 115.000 euro;
- alla contestazione di sanzioni amministrative per un importo complessivo pari a 3.500 euro;
- alla segnalazione delle carenze igieniche al Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda Usl della Romagna, per i provvedimenti prescrittivi di competenza.
Una gestione più professionale
della “contabilità” di cantina
Si tratta nel complesso di casi che possono derivare non da precise volontà di effettuare illeciti, ma da errori amministrativi nella tenuta della “contabilità” di cantina.
Serve la massima professionalità anche in questa attività anche perché la possibilità di effettuare controlli incrociati sui registri telematici offre alle forze dell’ordine armi decisamente più affilate per effettuare i controlli.
Il vino però sconta indubbiamente, dal 1986 in poi, gli effetti di una cattiva reputazione assolutamente da redimere. Magari cercando di non ripetere casi come quello raccontato nel riquadro seguente.
Frodi nel vino, il crimine non paga
Sequestro record di beni per oltre 50 milioni di euro. Sono quelli effettuati in agosto dalla Dia di Bologna, in collaborazione con i colleghi di Firenze e di Brescia, al 51enne di Russi (Ravenna) Vincenzo Secondo Melandri, ora ai domiciliari. L'uomo di recente era stato condannato a nove anni e mezzo di reclusione per associazione per delinquere, riciclaggio e auto-riciclaggio nell'ambito della inchiesta “Malavigna” coordinata dai Pm ravennati Alessandro Mancini e Lucrezia Ciriello.
Questi ultimi sono gli stessi che, sulla base della sproporzione tra redditi dichiarati negli ultimi 20 anni e i beni nella disponibilità dell'uomo, hanno proposto il provvedimento di sequestro emesso dal Tribunale di Bologna presieduto da Francesco Caruso. In totale sono stati interessati 74 immobili tra fabbricati e terreni situati in Emilia Romagna e Lombardia, numerose partecipazioni societarie e compendi aziendali, 9 veicoli (tra cui 5 d'epoca) e 20 rapporti bancari di cui uno da 9 milioni di euro in un istituto bancario di San Marino.
Melandri, noto come "il re del vino", nel 2012 era stato già coinvolto nell'operazione “Baccus”, coordinata dalla Dda di Bari, riguardante la criminalità organizzata di Cerignola (Fg), all'esito della quale la Corte di Appello della città pugliese lo aveva condannato a 4 anni di reclusione per reati associativi finalizzati alla truffa aggravata e ai reati fiscali. Nel 2017 il ravennate era stato arrestato dalla Dia di Bologna nell'ambito appunto dell'operazione “Malavigna” coordinata dalla Procura di Ravenna: ciò aveva consentito di disarticolare un gruppo criminale specializzato nel riciclaggio di ingenti capitali di provenienza illecita e nelle frodi fiscali realizzate mediante l'uso di fatture per operazioni inesistenti.
L'attività - si legge in una nota della Dia- aveva consentito di arrestare oltre al Melandri, ritenuto a capo del sodalizio, anche i cerignolani Gerardo Terlizzi, fratello del più noto Giuseppe, reggente dell'ex-clan Piarrulli-Ferraro, e i fratelli Pietro e Giuseppe Errico, anch'essi pregiudicati vicini al citato clan attivo nella provincia di Foggia.