
Ha preso il via a inizio 2025 la nuova sperimentazione di viticoltura rigenerativa di Maso Martis: la maison spumantistica trentina, certificata biologica dal 2013, ha infatti deciso di fare un passo ancora più in là e di intraprendere un percorso di agroecologia.
Un nuovo approccio di coltivazione rigenerativa e biologica che pone al centro la salute della pianta, del suolo e dell’ecosistema, nell’ottica di una sostenibilità a lungo termine anche attraverso il riciclo a favore di un’economia circolare e di una rete di collaborazione tra aziende locali.
Attualmente, il test si sta svolgendo su 8 filiari di Chardonnay e Pinot Meunier: sono circa 2.000 mq di vigneto destinati a questa sperimentazione, guidata da Maddalena Stelzer, che dirige l’azienda con la sorella maggiore Alessandra.
Un nuovo approccio rigenerativo che riutilizza anche alcuni scarti alimentari per produrre preparati e trattamenti da utilizzare nei terreni e sul fogliame. Valorizzare lo scarto come risorsa, anziché rifiuto, è uno dei principi agroecologici alla base di queste innovative tecniche centrate sulla relazione mutualistica tra microbiologia e vite.
Con la consulenza tecnica di Mattia Brignoli di Fattoria Radis (Val Rendena), Maso Martis sta collaudando un progetto triennale con l’obiettivo, nel 2027, di ridurre del 50% i trattamenti fitosanitari consentiti dalle pratiche dell’agricoltura biologica.
Certificata ICEA dal 2013, la cantina Maso Martis ha sempre fatto della sostenibilità e della cura della terra una priorità: «Con la viticultura rigenerativa, alla quale mi sono avvicinata recentemente dopo aver frequentato un corso di Eitfood Education – spiega Maddalena Stelzer – vogliamo integrare la microbiologia benefica nella nostra coltivazione e, attraverso analisi del terreno, delle acque e della linfa fogliare durante il ciclo vegetativo, creare un ecosistema il più naturale possibile utilizzando per il trattamento del vigneto alcuni preparati biologici naturali che vanno a riattivare il microbiota suolo/pianta e integrare la pianta aiutando il suo sistema immunitario a contrastare malattie fungine o altre patologie a cui la vite è soggetta».
L’obiettivo che Maso Martis si è prefissato è ambizioso: creare un agrosistema più resiliente e ridurre del 50% gli interventi fitosanitari andando a ottimizzare risorse economiche (con un risparmio di circa 15.000 euro all’anno sull’acquisto di prodotti e trattamenti) ma anche incentivare un virtuoso sistema di economia circolare e zero waste sul territorio.
«Alcuni dei preparati biologici che stiamo mettendo a punto sono creati con scarti alimentari recuperati da aziende alimentari locali, ad esempio riceviamo gli scarti di pesce da una vicina azienda trentina che ce li offre gratuitamente. In questo modo loro risparmiano sullo smaltimento degli scarti e noi possiamo dare nuova “vita” a un rifiuto alimentare, reimmettendolo in un circolo virtuoso e a km zero».
L'utilizzo dell’idrolizzato di pesce come “integratore” per la viticoltura non è una tecnica nuova ma è stata affinata partendo da antiche usanze contadine già impiegate nelle colture dell'Impero Egizio e dell’Impero Romano. «Lo zucchero, per osmosi, estrae tutti i liquidi all'interno delle carcasse e degli scarti di pesce, poi inizia una fermentazione batterica lunga 6-8 mesi che trasforma questo scarto in un liquido dolciastro e dal coloro ambrato, una specie di salsa teriyaki per la vite», spiega Mattia Brignoli, tecnico di Fattoria Radis.
Attraverso il processo di fermentazione si estraggono tutti gli elementi benefici presenti nei pesci che sono ricchissimi di azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e hanno un mix perfetto di tutti i 18 elementi essenziali per la crescita delle piante. Inoltre, i batteri della fermentazione producono vitamine, enzimi, ormoni della crescita e aminoacidi incredibilmente preziosi per le piante.
A febbraio sono state fatte le prime operazioni di agro-ecologia e ne seguiranno altre nei mesi primaverili ed estivi, visto che alcuni preparati richiedono dai 6 agli 8 mesi di fermentazione prima di essere applicati: «Sul vigneto di Martignano abbiamo seminato cover crops e dato un ammendante microbico fatto con lettiera di bosco, sale marino integrale e amido. All'interno vi sono quantità enormi di popolazioni batteriche, fungine e lieviti promotori della crescita delle piante (PGPB e PGPF) e agenti di bio controllo (BCA) – spiega Mattia Brignoli –. È scientificamente provato che il 90% della mineralizzazione del suoloproviene dalla microbiologia. Senza questo nutrimento le piante non possono procurarsi quello di cui necessitano per essere in salute ed efficientare il loro processo fotosintetico, la sintesi proteica e i processi metabolici».
Si tratta di processi che richiedono tempo e impegno costante ma soprattutto una predisposizione alla ricerca di strumenti per salvaguardare l’ambiente e la biodiversità, uno spirito che le sorelle Stelzer hanno ereditato dal padre Antonio. «Nostro padre ci ha insegnato a prenderci cura dei vigneti, che sono anche la nostra casa, ed è stato fin da subito orientato verso la viticoltura biologica – racconta Maddalena –. Tutto quello che Maso Martis è riuscito a fare è frutto del suo grande lavoro, sempre rispettoso della natura, dei vigneti e del territorio; uno stile di coltivazione che voglio continuare a portare avanti con nuove tecniche e innovazioni».
Se il cambiamento climatico obbliga a trovare soluzioni nuove, Maso Martis resta fedele al biologico: «Lavorare con il metodo biologico significa sfruttare la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, limitando o escludendo l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli organismi geneticamente modificati (OGM) – aggiunge Alessandra Stelzer –. Per noi è importante che ogni bottiglia rispecchi l’annata nella quale è stata prodotta e il terroir in cui nasce per questo abbiamo intrapreso questa sperimentazione con la quale curiamo la salubrità della vigna in un lavoro di gruppo che coinvolge i ragazzi in vigna e anche i nostri enologi in cantina: siamo tutti parte integrante del progetto».