Promuovere la cultura del vino senza riserve.
Lo chiedono con forza il senatore Dario Stefàno, presidente della Commissione Politiche europee e la produttrice Donatella Cinelli Colombini, fondatrice del “Movimento del turismo del vino” e inventrice di “Cantine aperte” nel corso della conferenza di presentazione del libro Edagricole “Turismo del vino in Italia. Storia, normativa e buone pratiche”, da loro scritto a quattro mani.
E la straordinaria partecipazione all’evento di ben tre Ministri garantisce che l’accorato appello giunga a buon fine.
Il libro è stato infatti presentato a Roma, nella sala stampa del Senato della Repubblica, in una videoconferenza in presenza “contingentata”, trasmessa anche sulla piattaforma gotowebinar della nostra casa editrice, insieme al Ministro della Cultura Dario Franceschini, del Turismo Massimo Garavaglia e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli. Presenti anche il giornalista Lorenzo Tosi di Edagricole, Federico Quaranta, conduttore e autore Rai e Riccardo Cotarella, Presidente Assoenologi.
Un manuale aggiornato, con indicazioni
per la gestione post-Covid
Si tratta del primo manuale dedicato all’enoturismo pubblicato dopo l’approvazione della relativa norma nazionale, aggiornato con le indicazioni per gestire le visite in cantina nell’epoca del Covid e che contiene un forte messaggio in favore dell’impegno di chi valorizza il made in Italy attraverso un prodotto di punta come il vino.
Perché l’enogastronomia, come rileva un’indagine dell’Osservatorio Vinitaly- Nomisma Wine Monitor, è oggi la prima attrattiva verso l’Italia per i viaggiatori stranieri, soprattutto per quelli giovani (millennials e boomers). O almeno era così prima del forzato stop causato dal lockdown.
Un settore trainante che chiede
più attenzione da parte delle Istituzioni
Eppure, come testimonia Stefàno, autore della legge sull’enoturismo, «non è stato facile arrivare a questa normativa a causa della cronica assenza di dati che non consentiva di dimostrare che la legittimazione di questo fenomeno storico e culturale avrebbe portato dei vantaggi economici al nostro Paese, e non delle mancanze di flussi fiscali».
Colpa anche di un certo “pudore” nei confronti del vino, penalizzato dagli eccessi di una politica sanitaria che non sa distinguere tra un semplice brindisi e la pericolosa moda di esagerare con i superalcolici.
Il vigneto però è il vero tratto comune che caratterizza il nostro territorio, senza soluzione di continuità, dalle dolomiti a Pantelleria.
«L’Italia riesce a essere competitiva – afferma Stefàno – solo se sa valorizzare le sue caratteristiche identitarie. Il vino è una di queste e negli istituti alberghieri e agrari occorrerebbe insegnarne la storia e la cultura».
L'intervento di Dario Stefàno:
«L’anno scorso – ricorda Cinelli Colombini - le città dell’arte erano vuote, mentre quelle del vino erano piene. Se vogliamo riportare in Italia i visitatori stranieri occorre “prenderli per la gola”. Ma dobbiamo impegnarci per superare debolezze strutturali come l’assenza di segnaletica stradale o il digital divide che fa “sparire” da internet cantine e enoturismi delle aree interne».
Gli impegni dei Ministri: sostegni dal Recovery Plan,
un Piano d’azione e maggiore innovazione
«Le motivazioni dei visitatori stranieri – ribatte Dario Franceschini, Ministro della Cultura
– riguardano sia l’arte che la moda e l’enogastronomia. Fanno parte dei molteplici aspetti della nostra cultura e chi viene nel nostro Paese vuole immergersi nel nostro modo di vivere».
Secondo Franceschini è vero che non c’è stata finora un’adeguata attenzione da parte della politica, almeno a livello centrale. «Le Comunità locali – osserva – sostengono invece con orgoglio i propri prodotti e vini tipici, attorno ai quali si è stratificato un patrimonio di sentimenti e tradizioni. Dobbiamo rafforzare questa ricchezza e nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza legato al recovery plan) abbiamo puntato investimenti importanti ad esempio per il recupero di borghi e casali».
«De Gaulle – ricorda Massimo Garavaglia, ministro del Turismo – sosteneva che fosse
difficile governare un Paese come la Francia che vanta più di 246 formaggi diversi, figurateci quanto è difficile farlo in un Paese come l’Italia che vanta più di 600 vitigni tipici».
«Ci si riesce – prosegue – puntando sull’organizzazione e su strumenti operativi come questo manuale, sulle cui pagine viene scritto che il turista è come un amante infedele da fidelizzare».
«Per riuscirci occorre puntare – è l’impegno del Ministro – su un Piano strategico per l’enogastronomia che sappia fissare pratici obiettivi da realizzare e misurare».
«Il vino – concorda Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole - è forse il fattore
più unificante nel nostro Paese. La crisi pandemica che stiamo vivendo è fortemente asimmetrica e sta colpendo molti produttori, soprattutto quelli che non possono accedere ai canali di vendita della grande distribuzione, ovvero la maggioranza. È necessario sostenerli con i 150 milioni di euro messi a disposizione dalla legge di bilancio, più altrettanti dal decreto sostegni».
«Il Ministero – continua – si sta impegnando anche su un altro fronte importante, quello dell’innovazione e della connettività, attraverso i fondi per la banda larga e i progetti di ricerca coordinati dal Crea. Sulla rete digitale dobbiamo sviluppare servizi adeguati per poter vendere prodotti tipici e vini ad alto valore aggiunto».
Il privilegio della ricchezza enologica
Federico Quaranta e Riccardo Cotarella, che con le loro prefazioni hanno tenuto a battesimo il libro, ricordano che «la ricchezza enologica italiana è un privilegio che dobbiamo guadagnarci ogni giorno». «Proviamo a immaginarci - è la sfida di Cotarella - cosa sarebbero le Langhe senza il Barolo, la Toscana senza il Chianti o il Brunello, la Valdobbiadene senza il Prosecco. O anche la Puglia senza i rosati, sviluppati anche grazie alle iniziative messe in opera dal senatore Stefàno».
Distretti, tipicità, sostenibilità:
l’impatto sull’enologia nazionale
«La crescita del turismo del vino – fa notare Lorenzo Tosi, coordinatore editoriale della rivista VVQ, Vigne, Vini & Qualità – ha inciso profondamente non solo sul settore turistico, ma anche sull’enologia nazionale, dando un significato concreto ad una piramide qualitativa incentrata sul concetto di legame con il territorio».
Una testimonianza arriva dalla crescita dei distretti del vino, registrata soprattutto nei territori dove è più forte l’enoturismo (ad esempio la Puglia). «La condivisione dei visitatori impone infatti di fare rete e di realizzare un minimo comune denominatore di coerenza territoriale».
Un altro indice è quello dell’aumento dei vitigni locali tipici, anche di varietà talmente poco conosciute da apparire inedite. «Negli ultimi anni sono infatti aumentate le attività di ricerca e le registrazioni, stimolate anche dall’interesse di cantine che puntavano ad allargare la gamma di vini prodotti, grazie alla chance di illustrare in maniera più efficace ai visitatori concetti come tipicità e sostenibilità. Il vino d’altronde è il testimonial più duttile per descrivere le evoluzioni storiche, stilistiche e tecniche di ogni territorio».
Leggi anche: «Enoturismo da remoto», l'editoriale di VVQ 3
L’emergenza pandemica
Con l’emergenza pandemica le distanze si sono però improvvisamente allungate. L’organizzazione della filiera ha preso di nuovo il sopravvento sul concetto di distretto mettendo a rischio un comparto strategico da oltre 2,5 miliardi di business, sostenuto da 5-8mila cantine attrezzate per l’accoglienza, 20-25mila cantine aperte al pubblico per la vendita del vino, 150 strade del vino.
«Stiamo per riaprire ma il turismo del vino sta cambiando – riconosce Cinelli Colombini -, la dimensione è più nazionale, aumentano le donne e aumenta la richiesta di intrattenimento, esperienze uniche che facciano da contorno di degustazioni che ora, per motivi sanitari, devono per forza avvenire in spazi aperti. Però la minore presenza internazionale è una grossa carenza perché nelle aree più vocate rappresenta il 60-70% delle visite».
«Aver normato l’enoturismo - conclude il senatore Stefàno, presidente della Commissione Politiche europee - è stato un primo obiettivo importante per un Paese come il nostro che vanta una ampelografica unica al mondo e una potenzialità di sviluppo senza eguali, che però necessitavano di una legittimazione normativa. Ora a quel passaggio deve seguire una capacità strategica fuori dal comune, perché l’enoturismo può essere una leva competitiva importante anche in chiave di ripartenza, poiché ci permette di qualificare l’offerta turistica con tratto identitario esclusivo, qual è il nostro vino.
Clicca per accedere alla pagina del libro sul nostro e-store