Terroirmarche è un consorzio di piccoli produttori e vignaioli bio marchigiani con 20 realtà associate per un totale di 1 milione di bottiglie (www.terroirmarche.com).
Un sodalizio nato attorno a valori condivisi di sostenibilità ambientale ed economia solidale, di difesa e tutela della terra, origine e tracciabilità dei prodotti, trasparenza dei prezzi e qualità. L’accoglienza e l’ospitalità agrituristica completano l’offerta di una parte dei soci di una regione, le Marche, che potrebbe rivelarsi una valida alternativa per ripartire nelle prossime settimane anche grazie all’enoturismo.
Abbiamo intervistato Federica Pantaloni, la presidente di TerroirMarche.
La vigna non si ferma
Qual è stata la risposta concreta sul vostro territorio alle prime misure del decreto
Cura Italia, tra prestiti garantiti e cassa integrazione straordinaria?
In generale è stata molto debole, forse sarebbe meglio dire nulla. Oltretutto per il comparto agricolo la cassa integrazione è totalmente inutile dato che la terra va lavorata sempre. Non ne comprendo il senso nel nostro mondo di produttori prima di uva che di vino. Noi non ci siamo potuti fermare, abbiamo la vigna.
La distillazione di crisi può essere una misura utile a cui fareste ricorso?
Il prezzo medio al litro per la distillazione si aggira intorno ai 30-40 centesimi, direi che la risposta è già questa. Noi agricoltori biologici e di filiera abbiamo un’etica per la nostra uva, valore che in questa proposta è assente. Oltre a non coprire neppure i costi di chi fa produzioni di qualità, questo prezzo per noi è doloroso perché ci costringerebbe a vedere un nostro “figlio” perdere la propria identità. Che senso ha una proposta del genere per chi produce vini di qualità?
«Come contenere rese che sono già al minimo?»
E la vendemmia verde?
Non è una proposta sensata per il nostro mondo di vignaioli. Circa 300-400 euro l’ettaro
potrebbe essere un valore medio per la vendemmia verde, ma un vignaiolo come noi ne spende molti, molti di più. Tra l’altro la vendemmia verde è un meccanismo solitamente attivato per il motivo opposto, cioè quando si ha molta richiesta di un vino si promuove la vendemmia verde per abbassare le rese e mantenere il prezzo.
Noi oltretutto lavoriamo con rese basse, il vignaiolo italiano già punta alla qualità, quindi prevede in potatura l’impostazione non numerica dell’uva ma selettiva e qualificativa.
Andare a emarginare ulteriormente parte del prodotto è un danno in più, significa andare a modificare la maturazione, comprometterne la qualità, perché cambia il metabolismo della pianta e quindi del frutto e di conseguenza del prodotto. Non è una proposta per creare, ma per distruggere.
Un settore che deve essere considerato di interesse nazionale
Quali altre misure urgenti chiedete per il settore vino a sostegno dei vostri associati?
Il settore vitivinicolo come tutto il settore dei produttori agricoli dovrebbe essere considerato d’interesse nazionale e quindi essere in parte, o se necessario in toto, finanziato con sussidi a fondo perduto in situazioni di crisi come questa. Stiamo parlando di un settore che attraverso i vignaioli porta avanti l’immagine pura del made in Italy.
Vanno messi in campo interventi diretti per aiutarci, non per incentivarci a distruggere. A grandi linee si può produrre vino in due mondi, come vignaioli o commercianti.
La differenza è sostanziale nel metodo e nelle problematiche. I nostri prodotti sono vini pensati per la qualità e quindi la longevità. Vanno proposte misure concrete per lo stoccaggio. In questo modo noi vignaioli più piccoli per dimensioni, se sostenuti, possiamo avere la forza per migliorare il prodotto che nel tempo può solo crescere e tenere alta la qualità. Dovrebbero addirittura premiarci per questo.
Un vignaiolo, oltre a dare vita a un prodotto preserva un territorio, lo cura, lo fa crescere, è il responsabile della sua bellezza. Il volto di un territorio dipende anche dal lavoro in campagna. Siamo i diretti produttori della qualità della vita, quelli che tutelano la biodiversità, che muovono i turisti, che portano nelle loro bottiglie una cartolina dell’Italia nel mondo. Devono considerare che molti di noi vendono la maggior parte del vino all’estero investendo in Italia.
Se i turisti fuggono dalle spiagge
Marche uguale enoturismo. Le spiagge con i braccialetti acustici, le distanze e i materiali di separazione e il sempre possibile cecchino dell’ombrellone accanto non sono un’opportunità per la vacanza in campagna e tra le vigne?
Assisteremo sicuramente a un cambiamento del turismo, forse le zone meno ambite potrebbero diventare la risposta più consona a questa situazione.
La gente ha bisogno di muoversi, vuole stare all’aperto a contatto con la natura, ora più che mai. Qualcosa forse è stato compreso in questa situazione. Anche qui possiamo essere un supporto. Offriamo più spazio, più vivibilità nel rispetto delle regole, offriamo biodiversità. E non è tutto scontato, è il frutto di chi ha fatto precise scelte di vita.
Quante persone potrebbero ospitare le cantine e gli agriturismi del vostro territorio?
Dobbiamo aspettare le direttive, le indicazioni, i protocolli di sicurezza. Queste realtà sono proliferate nel tempo nelle Marche ma anche loro non sanno se e quante persone potranno ospitare. Se ciò varrà la pena per il loro impegno. Ad oggi molte si chiedono se restare aperte o chiuse.
Come vi state organizzando per avere più enoturisti e quindi introiti anche da vendite dirette?
Nella situazione attuale possiamo solo navigare a vista, dato che la fase 2 di parziale riapertura è appena cominciata. Possiamo soltanto pensare, ma è tutto condizionato dall’evoluzione e dalle direttive governative con tutto il settore turismo che in questo momento è stato abbandonato a se stesso.
So, però, che guide turistiche stanno dando uno sguardo alla campagna, ai paesi abbandonati, come luoghi che offrono una prospettiva di offerta più distanziata e che facilita il vivere i territori. Il mondo del vino ha sempre sostenuto in casi di stagioni altalenanti, piovose, ha aperto le porte ai turisti che non potevano andare in spiaggia, li ha tenuti nel territorio raccontandogli il terroir.
Quanto valeva l’enoturismo tra le vostre cantine nel 2019? Può fare una stima?
Non saprei indicare una stima esatta, non mi sono informata perché il valore delle cose non è solo economico. In questi casi si crea un flusso, una dinamica che non puoi quantificare soltanto ma che è solo qualificante e ti risponde con il movimento che vedi intorno.
Ricordo che noi abbiamo subito il terremoto e con grande caparbietà, da soli, ci stavamo rialzando e pensavamo solo di poter far meglio. Era solo fine agosto 2016. La zona colpita erano le Marche del sud, ma l’immagine delle Marche era quella. Chi non ha vissuto il terremoto qui l’ha comunque subito. Ora le domande sono tante. Quanto inciderà tutto ciò?