Dieci anni per realizzare ambiziosi obiettivi di sostenibilità ambientale.
Un progetto per livelli che vuole aggredire le emissioni di CO2 in vitivinicoltura, vietare l’uso di erbicidi sintetici già dal 2023 e implementare altre misure, tra cui pure una simpatica premiazione annuale del vitivinicoltore più meritevole in biodiversità. Sono i punti cardine di Agenda 2030, il programma decennale del Consorzio dei Vini dell’Alto Adige, di cui parliamo con il Direttore, Eduard Bernhart.
Un progetto decennale
Quali sono in sintesi gli obiettivi di Agenda 2030?
La sostenibilità ambientale – risponde Bernhart - è un concetto di cui tutti parlano, ma che
pochissimi prendono seriamente. Se vogliamo preservare per le future generazioni le stesse risorse che stiamo utilizzando oggi, la sostenibilità va intesa come una necessità globale. Specialmente nella viticoltura, con la sua secolare tradizione, tutto questo è già un must. Ne consegue che gli sforzi di sostenibilità del settore vinicolo in Alto Adige siano una questione di sopravvivenza. Dopo tutto possiamo affermarci sui mercati non con il prezzo e la quantità, ma con la qualità. E i consumatori non la percepiscono più come qualità esclusivamente di prodotto, anche come qualità di produzione, in cui la sostenibilità è un elemento fondamentale. Lavorare in modo sostenibile è quindi un dovere etico e un must economico.
Il programma prevede misure su cinque livelli operativi. Ce li può sintetizzare?
L’Agenda 2030 rappresenta un vademecum per il settore vinicolo dell’Alto Adige per i prossimi dieci anni. Vi vengono esposti cinque livelli operativi contenenti tutti i temi fondamentali che vogliamo affrontare. Come obiettivo ci siamo posti dodici pietre miliari che, da un lato, descrivono lo status quo e dall’altro propongono possibili interventi per puntare in futuro a ottimizzare in termini di sostenibilità diversi ambiti quali la protezione delle piante, la concimazione e l’irrigazione.
Erbicidi addio anche sui vigneti più ripidi
Dal 2023 sarà vietato l’uso di erbicidi sintetici. Quali saranno le nuove norme per i trattamenti fitosanitari?
Negli ultimi dieci anni l’impiego di erbicidi in viticoltura è stato notevolmente ridotto. Oggi su circa due terzi dei vigneti non è più utilizzato alcun erbicida. Dove ancora si utilizzano gli erbicidi è solo sul terreno sotto i filari, cioè su una stretta striscia di circa 30 centimetri di larghezza. L’utilizzo di erbicidi facilita il lavoro soprattutto sui molti terreni ripidi dell’Alto Adige. Adesso la grande sfida sta nello sviluppo di alternative agli erbicidi che possano essere utilizzate anche in questi vigneti più ripidi.
Per quanto riguarda la protezione delle piante, già dal 2011 disponiamo di un programma creato specificamente per tenere in maggior considerazione la tutela dell’ambiente, dell’utilizzatore e del consumatore attraverso varie limitazioni dei trattamenti fitosanitari. Sulla base delle esperienze maturate negli ultimi dieci anni siamo ora in grado di offrire, nell’ambito di Agenda 2030, un innovativo programma di protezione delle piante per l’intero settore vitivinicolo. In questo campo, una parte delle nostre aziende ha già svolto un lavoro straordinario. Alcune, invece, devono impegnarsi di più.
Abbassare la carbon footprint
Invece sul controllo delle emissioni di CO2 cosa avete previsto?
La riduzione delle emissioni di CO2 è il pilastro centrale della tutela del clima ed è pertanto una necessità impellente in tutti i settori della vita. Anche noi – come gli altri comparti economici – siamo incentivati ad agire. Il primo passo è una dettagliata analisi che eseguiremo nei prossimi due anni: ci indicherà anche dove far leva per risparmiare CO2 in maniera più efficiente. A partire dall’analisi della nostra impronta CO2 verranno quindi sviluppate linee guida per le nostre aziende, evidenziate le alternative a minor emissione di CO2 rispetto ai metodi attuali e definite le opzioni di intervento.
Un ambiente più pulito e verde dà un vino più buono?
Al giorno d’oggi il consumatore presume che la qualità del vino sia adeguata. Noi nell’ambito di Agenda 2030 stiamo lavorando per migliorare la qualità dell’intera filiera produttiva, dalla coltivazione della vite a una vinificazione delicata in cantina, fino all’apertura di nuovi mercati. Un domani la viticoltura in Alto Adige potrà essere sostenibile solo se la creazione di valore aggiunto derivante dalla produzione vinicola permetterà, anche in futuro, alle migliaia di aziende a conduzione familiare, di proseguire l’attività tenendo conto delle condizioni generali prevalenti in Alto Adige; cioè un territorio di piccole imprese, molte su terreni ripidi.
Impegni controllati e certificati
Come si integra il vostro progetto con la legge che istituisce il sistema di certificazione di sostenibilità della filiera vitivinicola?
Il Consorzio Vini Alto Adige ha stabilito che il controllo degli interventi verrà eseguito da partner che dispongano di anni d’esperienza, che possiedano le necessarie certificazioni e conoscano la realtà dell’Alto Adige.
Grazie a organismi di controllo certificati con sede in Alto Adige, nonché a istituzioni consolidate da anni, come il Centro di Consulenza per la fruttiviticoltura dell’Alto Adige e il Centro di Sperimentazione Laimburg, il Consorzio Vini Alto Adige può contare sul supporto di partner affidabili in grado di sostenere i nostri viticoltori nella realizzazione dell’Agenda 2030.
L’efficacia dei tetti produttivi
Alla conferenza di settembre di Assoenologi, Ismea e Uiv è stato affermato che l’unica denominazione che mantiene bassa la produzione attraverso i tetti produttivi è in Alto Adige. Abbassare la produzione è un obiettivo delle misure anticrisi. Siete soddisfatti del risultato sui prezzi delle uve e dei vini?
La riduzione della quantità di raccolto Doc in Alto Adige è anche – in questo ha perfettamente ragione – una risposta alla crisi. Risulta efficace perché da un lato riduce la pressione del mercato e, dall’altro, alleggerisce il lavoro delle nostre aziende.
Queste ultime, del resto, a causa delle ritardate vendite dell’annata 2019, sono già al limite delle loro capacità di stoccaggio, una circostanza che avrebbe potuto comportare il rischio di una guerra dei prezzi.