Il climate change scompagina la geografia delle Doc

Il vigneto sperimentale Château La Tour Carnet
Vocazionalità dei territori a rischio: le soluzioni per proteggere i nostri migliori terroir emerse da TerClim 2022

«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».

Le parole che Giuseppe Tomasi di Lampedusa mette in bocca a Tancredi, il nipote del Gattopardo, nell’omonimo romanzo storico, descrivono bene la necessità di un cambio di passo nella gestione del vigneto imposta dal climate change.

Una citazione che viene in mente dopo la partecipazione a TerClim 2022, un azzeccato congresso internazionale dedicato all’evoluzione del rapporto tra clima e terroir (vedi riquadro in basso). In altre parole, con l’accelerazione dei cambiamenti climatici, per mantenere inalterata la qualità dei nostri vini ed in particolare di tante note denominazioni di origine, occorre cambiare anche radicalmente tecniche di coltivazione, forme di allevamento, portainnesti e vitigni, finanche i territori di produzione. E non si tratta più di un’ipotesi, ma di una certezza condivisa dai ricercatori partecipanti all’appuntamento tenutosi nella splendida Bordeaux dal 3 all’8 luglio scorsi.

Articolo tratto da  VVQ 7/2022

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Va poi capita nei dettagli la velocità con cui avverranno questi cambiamenti e quali conseguenze porteranno nei diversi territori su vigneti e vini, così come occorrerà reagire individuando i migliori strumenti di mitigazione/adattamento alle mutate condizioni climatiche e studiare come adottarli correttamente e al momento giusto. Nella pratica i produttori stanno già soffrendo da anni un’estremizzazione di fenomeni metereologici avversi, come:

• l’aumento della frequenza e dell’intensità di danni diretti da insolazione e da alte temperature nelle zone Mediterranee,

• siccità prolungate ,

• distruttive gelate primaverili nelle aree più temperate continentali.

Per evitare danni i produttori reagiscono con costosi interventi agronomici e preventivi in vigneto, per il vero di limitata efficacia, e ancor più con pratiche enologiche in cantina.

Verso varietà più tardive

Rispetto alle previsioni realizzate già alcuni anni fa, si registrano cambiamenti climatici perfettamente in linea con gli scenari più pessimistici.

Questa evidenza, insieme alla constatazione sperimentale della limitata efficacia di modifiche nelle pratiche irrigue, nei sistemi di potatura e gestione della chioma, sposta l’attenzione su interventi più radicali e strutturali come l’uso di protezioni fisiche (ad es. reti ombreggianti, con aggravio sui costi d’impianto/gestione) e la modifica delle forme di allevamento e del germoplasma. Considerando che i maggiori danni quantitativi e qualitativi si registrano sui vitigni precoci, si alza l’asticella valutando la scelta di varietà più tardive e tolleranti a stress abiotici come di portainnesti meno esigenti e più efficienti nell’uso della risorsa idrica. La possibilità di registrare vitigni storici minori trascurati in passato proprio per caratteri (es. tardività, bassa concentrazione zuccherina, eccessiva acidità) oggi ricercati, strada già intrapresa ad esempio con la modifica di alcuni disciplinari di produzione proprio dell’area di Bordeaux, rende la ricchezza di germoplasma di alcuni Paesi mediterranei una grande potenziale risorsa di adattamento ai cambiamenti climatici.

Il Petit Verdot è uno degli 80 diversi vitigni di cui è stata studiata la reazione in relazione all’aumento delle temperature

Le nuove tecniche genomiche

Proprio il tema ampiamente dibattuto dei portainnesti, appena accennato in qualche intervento dal pubblico solo nella XII edizione a Saragozza del 2018, testimonia la pronta risposta della Comunità scientifica agli input emersi nei precedenti congressi. C’è quindi da aspettarsi che alcuni spunti emersi o appena accennati in TerClim 2022, ad esempio sul miglioramento genetico dei portainnesti, il genome editing e le altre New Breeding Technologies, gli aspetti socio-economici, le problematiche normative, l’accettazione/informazione dei consumatori sui cambiamenti di tecniche di produzione e prodotti, vengano affrontati in un prossimo futuro con nuove progettualità e relativi studi interdisciplinari.

Geografia vitivinicola da riscrivere?

Oltre agli aspetti quantitativi sulla produzione, relativamente agli impatti soprattutto su maturità tecnologica (glucidica/acidica), biosintesi/maturazione polifenolica ed aromatica delle uve, emerge come si faccia sempre più fatica a mantenere elevata la qualità e tipicità dei prodotti. La vocazionalità dei territori sta cambiando anche rapidamente ma in maniera non uniforme, stravolgendo in prospettiva la geografia viticola mondiale, evidenziando fragilità di zone e denominazioni già quasi al limite della condizioni di coltivazione della vite, nuove potenzialità di zone in passato poco o per niente vocate. In questo senso va segnalato un interessante lavoro di ricercatori italiani, austriaci e portoghesi (Sebastian Candiago, Simon Tscholl, Leonardo Bassani, Helder Fraga & Lukas Egarter Vigl, 2022.  A geospatial inventory of regulatory information for wine protected designations of origin in Europe. Scientific Data volume 9, Article number: 394 - 2022) che, inventariando ed analizzando tutti i disciplinari delle Dop europee circa informazioni utili per l’adattamento ai cambiamenti climatici (es. vitigni, forme di allevamento, produttività e densità massime, irrigazione, etc.) hanno predisposto un dataset utile per analisi di scenari di vulnerabilità/resilienza delle denominazioni nonché di supporto alle decisioni in materia di politica vitivinicola nello scenario dei cambiamenti climatici.

la piattaforma per scaldare l’area del grappolo attraverso una resistenza elettrica per lo studio dell’impatto del climate change presso Château La Tour Carnet

Nuove infrastrutture di ricerca

Tra le novità metodologiche e tecnologiche presentate al Congresso, oltre alle novità nella sensoristica, analisi d’immagine, son degne di nota due infrastrutture di ricerca viticola finalizzate a studiare direttamente in campo gli effetti dell’incremento della CO2 in atmosfera (incremento prodotto artificialmente mediante erogazione nella Face vineyard presso l’Università di Geisenheim)  e della temperatura dell’aria vicino al capo a frutto di oltre 80 diversi vitigni (ottenuto con un riscaldamento di una resistenza elettrica) in una prova dell’Università di Bordeaux presso la cantina Château La Tour Carnet (nelle foto).

Se molti ricercatori son seriamente preoccupati, la consapevolezza dei produttori sulla necessità di “cambiare” sta lentamente aumentando ma quella dei policy maker è largamente insufficiente. O almeno questa consapevolezza non sembra uniformemente distribuita tra i grandi Paesi produttori, come è testimoniato dai lavori presentati al Congresso o dalla numerosità delle delegazioni di ricercatori partecipanti. Sinceramente, rispetto alle precedenti edizioni ed in relazione alla rilevanza del comparto vitivinicolo nazionale, la pur qualificata partecipazione italiana appare ancora troppo limitata, lamentando assenze eccellenti di alcuni Enti di ricerca specializzati.

Meno burocrazia nei disciplinari

Anche perché è da appuntamenti come quelli di Bordeaux che emergono auspici e soluzioni per reagire ai cambiamenti climatici, proposte di regolamentazione e nuove grandi progettualità.

Una prima cosa non impossibile da realizzare riguarda infatti la necessità di incidere sul quadro normativo sui marchi di origine, palesemente inadeguato alle nuove esigenze di repentino cambiamento.

Di fronte a problemi comuni a tutti i Paesi europei basterebbe infatti la volontà di snellire le procedure o meglio adottarne di nuove che, pur garantendo la volontà e la rappresentatività della filiera e fermo restando il rigore dei dati scientifici a supporto, possano consentire di modificare i disciplinari di produzione (ad es. in termini di caratteristiche dei vigneti, varietà e pratiche viticole/enologiche ammesse) in tempi ragionevoli.

Zonazione viticola su scala nazionale

Un’atra priorità riguarda l’avvio di bandi per grandi progetti di studio, reti per la rilevazione di dati su scala nazionale, infrastrutture ed impianti per verificare sperimentalmente in campo ed in cantina soluzioni anche radicali di mitigazione degli effetti e di adattamento ai cambiamenti climatici. Forse non è tardi per sognare un progetto per caratterizzare tutti i terroir italiani. Di sicuro è ormai però una necessità attivare un grande progetto di zonazione viticola che, prendendo ad esempio alcune recenti esperienze balcaniche (es. Serbia e Montenegro), consenta di riorganizzare il sistema dei Vqprd (vini di qualità prodotti in regioni determinate), definendo le esigenze e priorità di adattamento al climate change.

Ritardi cronici

La preoccupazione ricorrente espressa dai ricercatori è quella di essere già in estremo ritardo. Non solo sugli impegni politici per la riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera o al cambio delle fonti energetiche, ma anche sulla disponibilità di sufficienti studi ed informazioni sui reali impatti dei cambiamenti, sugli strumenti per mitigarne gli effetti e soprattutto sulla consapevolezza e preparazione del comparto viticolo a reagire, adottando tempestivamente le più opportune contromisure.

A fronte del grande impegno dei ricercatori, i cambiamenti sono troppo veloci e serve quindi aumentare informazione/comunicazione sul tema, incrementare attenzione e consapevolezza, sviluppare una strategia nazionale, moltiplicare energie, finanziamenti e progetti dedicati, per non farsi trovare del tutto impreparati.

Pierfederico La Notte

CNR, Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, UOS Bari

Accademia della Vite e del Vino

Articolo tratto da  VVQ 7/2022

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Le 9 sessioni scientifiche

TerClim non è un misterioso neologismo ma semplicemente la crasi delle parole Terroir, il cui Congresso internazionale è arrivato quest’anno alla XIV edizione, e Clima, per riferirsi al secondo appuntamento del ClimWine symposium. La contaminazione delle expertise viticole, enologiche, climatologiche, etc. e la decisione di fondere gli appuntamenti è stata un’intuizione ma soprattutto una chiara esigenza di trattare insieme due temi ormai inscindibili: quello dei terroir enoici e quello del climate change che ne minaccia le caratteristiche, le peculiarità, fino alla loro stessa sopravvivenza.

TerClim 2022

Finalmente in presenza dopo la lunga pausa pandemica, l’appuntamento, organizzato dall’Istituto di Scienze della vite e del vino a Bordeaux dal 3 all’8 luglio, è stato un successo di partecipazione e contenuti: con 308 adesioni da 22 paesi, 94 comunicazioni orali, 79 poster e 3 visite tecniche nei vigneti e nelle cantine di Saint Emilion, Médoc e Sauternes. Le 9 sessioni scientifiche erano focalizzate su:

a. studi integrati sui terroir;

b. tecnologie intelligenti per gli studi sul terroir;

c. proprietà fisiche, chimiche e microbiologiche del suolo e loro impatto sulla fisiologia della vite;

d. adattamento al climate change attraverso pratiche colturali;

e. proiezioni sui cambiamenti climatici;

f. interazione climatica della vite;

g. adattamento al suolo e al clima attraverso la scelta del materiale vegetale;

h. approcci globali e multidisciplinari per la sostenibilità del vigneto;

i. impatto del terroir e del cambiamento climatico sulla qualità e la tipicità del vino.

Per approfondimenti ed abstract:

https://terclim2022.symposium.inrae.fr/

Proceedings of Terclim 2022

Il climate change scompagina la geografia delle Doc - Ultima modifica: 2022-12-12T05:23:51+01:00 da K4

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