Sulle mappe geografiche XIV secolo Tenerife era nominata Isla del Infierno a causa delle frequenti eruzioni del Teide, il grande vulcano formatosi 200mila anni fa, il cui ultimo “ruggito” con colata lavica risale al 1909.
Sotto le falde del vulcano si è sviluppata una viticoltura con una forte impronta di originalità per fare fronte alle condizioni climatiche estreme, come in tutto il resto dell'arcipelago delle Canarie. (leggi l'approfondimento sulla vicina Lanzarote a pagina 80 del numero di giugno di VVQ).
Un po' di storia
Abitata per secoli dai Guanci, una popolazione proto-berbera, l’isola fu conquistata definitivamente dagli spagnoli nel 1495; i nativi ridotti in schiavitù oppure contagiati da malattie a cui non erano immuni. A inizio ‘500 Tenerife fu sottoposta a massicci disboscamenti di foreste di pini per far posto alla canna da zucchero. Arrivarono in seguito i bananeti, la coltivazione della cocciniglia per la tintura dei tessuti e l’introduzione della vite, oggi coltivata con un sistema a “intreccio” veramente unico.
Un cordone sospeso per i lunghi tralci della Malvasia
Introdotta nel XVI secolo la vite ha contribuito a lungo allo sviluppo economico dell’isola. L’origine vulcanica e la particolare orografia, con pendii scoscesi, hanno indotto gli agricoltori a ingegnarsi con un sistema di allevamento originale: el cordòn mùltiple o braidzado. La coltivazione, in particolare della malvasia, richiedeva lunghi rami con gemme sufficienti alla fruttificazione e un gran numero di foglie per catturare energia solare e per il benessere della pianta.
Così per ottimizzare la superficie disponibile nella Valle de la Orotava i tralci venivano intrecciati e attorcigliati a fasci tenendoli sospesi dal suolo. In questo modo potevano essere leggermente spostati e lasciati e in sospensione di oltre mezzo metro, facendo spazio ad altre colture promiscue nel terreno ombreggiato. La lunghezza dei rami di vite può arrivare a 15 metri. Questa tecnica resiste nei villaggi di La Orotava e Los Realejos, grazie ad alcune cantine che ne hanno fatto tesoro. Info www.dovalleorotava.com