Una migliore gestione della risorsa acqua

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I primi dati di Acquavitis, un progetto di ricerca che mira ad utilizzare, secondo logiche di precision farming, le risorse idriche di un territorio transfrontaliero attraverso un Dss e un portale dedicato. L’occasione per imparare ad usare bene l’acqua in vigneto prima che qualcuno chiuda il rubinetto

Non si scherza con il fuoco,
ma nemmeno con l’acqua.

All’agricoltura viene attribuita la responsabilità del maggiore consumo di risorse idriche (il 60% delle disponibilità).

Il climate change e in particolare le ondate estive di calore fanno aumentare gli attingimenti idrici e la vite è tra le colture più esigenti per questo utilizzo. Un fabbisogno che diventa massimo proprio nei momenti in cui è minore la disponibilità e massima la competizione con gli altri settori produttivi.

Articolo pubblicato su VVQ 5/2021

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Una situazione che rischia di diventare insostenibile: il climate change ha reso infatti l’acqua un fattore sempre più limitato, fonte di contrasti anche all’interno dello stesso territorio. La viticoltura rischia di avere la peggio, soprattutto se non conosce il suo reale fabbisogno di questa risorsa.

Ottimizzare l’uso dell’acqua regolando la quantità, il metodo e il tempo di irrigazione in base ai reali bisogni della vite: l’obiettivo principale del progetto Acquavitis

Serve più scienza

L’irrigazione del vigneto è passata infatti in poco tempo dall’essere considerata pratica negativa (per la qualità della produzione) a necessaria per fare fronte agli effetti dei cambiamenti climatici (disciplinari di produzione permettendo).  Il guaio è che, nell’era della precision farming, gli input irrigui continuano spesso ad essere gestiti con criteri empirici.

Serve più scienza e progetti di ricerca ambiziosi come Acquavitis, finanziato dal Fondo europeo di Sviluppo regionale nell’ambito del programma Interreg Italia-Slovenia, puntano a colmare questo gap partendo da un punto di vista che non si riduce al singolo vigneto o alla singola azienda, ma allargando lo sguardo ad un intero comprensorio transfrontaliero con gli obiettivi, tra l’altro, di fornire servizi come un Dss per l’irrigazione di precisione, un portale dedicato in favore dei viticoltori del Friuli Venezia Giulia e della Slovenia e di capire quali risorse idriche alimentano le falde che dissetano i vigneti.

I primi risultati sono stati illustrati nel corso di una recente videoconferenza intitolata “Il ciclo idrologico in viticoltura” con l’intervento di VVQ, Vigne, Vini & Qualità.

Paolo Sivilotti, Klemen Lisjak, Barbara Stenni, Luca Zini e Lorenzo Tosi nel corso della videoconferenza di presentazione di Acquavitis

Un equilibrio delicato

«Il rapporto tra acqua e vino– ammonisce Paolo Sivilotti dell’Università di Udine – è un tema delicato. La pianificazione dell’irrigazione è complicata dalla necessità di trovare un punto di equilibrio tra il fabbisogno idrico della coltura e il raggiungimento di un target di qualità delle uve, un obiettivo che si realizza pianificando un’irrigazione in deficit».

Da una parte occorre infatti contrastare l’aumento delle situazioni di stress idrico innescate dal climate change, che determina un anticipo delle fasi fenologiche e una maturazione delle uve non ottimale che penalizza la qualità dei vini. Dall’altra lo stress idrico va gestito perché può produrre effetti positivi nell’accumulo di metaboliti secondari utili proprio per la qualità delle produzioni. Il punto di partenza è il bilancio idrico e il calcolo dell’evapotraspirazione potenziale (secondo la formula Etc=Kc X Et0). Il primo problema che sta affrontando il team guidato da Sivilotti deriva dalla mancanza di una calibrazione territoriale del coefficiente colturale (Kc – vedi riquadro in basso).

La gestione dello stress idrico

Poi occorre considerare la pioggia utile, la riserva idrica utile del terreno che dipende dalla tessitura, il ruscellamento superficiale, la percolazione profonda, la risalita capillare: alcuni di questi elementi vengono analizzati dai diversi partner del progetto Interreg Acquavitis.

L’attenzione dei ricercatori dell’Università di Udine si è rivolta in particolare sulla vite. Innanzitutto verificando, attraverso strumenti come la camera di Scholander, il potenziale idrico fogliare di diversi vitigni in differenti condizioni di coltivazione (un valore che si esprime in termini di pressione negativa: da -0,6 a -1,2 MPa indica uno stress idrico lieve o medio; valori più negativi uno stress più intenso. Poi misurando l’effetto dello stress idrico sulla concentrazione di molecole di interesse enologico.

I confronti tra tesi irrigate a pieno regime e tesi con diversi livelli di stress idrico hanno messo infatti in evidenza: la riduzione del peso degli acini e dei grappoli, l’aumento degli antociani, dei carotenoidi e degli aromi. Una prova recente su varietà Terrano gestita con due livelli di deficit idrico (restituendo il 20% e 50% dell’Etc) ha messo in evidenza variazioni nelle caratteristiche fenoliche delle uve.

Più qualità enologica

La riduzione dell’irrigazione (dal 50 al 20% dell’Etc) ha infatti determinato la riduzione del peso (acini da 2,26 a 1,86 g, grappoli da 164 a 145 g) e un aumento degli antociani nelle bucce, mentre la concentrazione delle proantocianidine (una classe di polifenoli presenti nei vinaccioli e anche nelle bucce) apparentemente non è cambiata, ma si è modificata la loro struttura, con una maggiore percentuale di galloillazione nella tesi con maggiore stress idrico.

Una caratteristica che incide sulla percezione di astringenza dei vini e che quindi può essere positiva o negativa a seconda delle varietà coltivate (da limitare nel caso di vitigni già naturalmente ricchi di tannini, da ricercare nel caso contrario).

Dati di cui tenere conto per programmare a tavolino, in maniera efficace, un’irrigazione che preveda il mantenimento di un preciso stato di stress idrico in periodi critici come quelli tra invaiatura e vendemmia. Un obiettivo che, all’interno del progetto Acquavitis può essere raggiunto attraverso un sistema di supporto alle decisioni (DSS) per l’irrigazione messo a disposizione nell’ambito del progetto per calibrarlo in alcune situazioni di campo a confronto sia in Friuli Venezia Gilia sia in Slovenia.

«Il modello previsionale in valutazione – spiega Sivilotti - è complesso e utilizza diversi parametri legati a: varietà, tessitura del terreno, profondità delle radici, forma di allevamento, evapotraspirazione di riferimento e legame tra contenuto idrico del suolo e potenziale idrico fogliare».

Nelle prove di Sivilotti la programmazione e la gestione di uno stress idrico moderato attraverso l’utilizzo del DSS è fondamentale per migliorare l’accumulo di zuccheri, antociani, la struttura dei tannini, mantenendo comunque la vite entro un valore di potenziale idrico ottimale.

Questa è una condizione che evita danni e che può essere salvaguardata solo se si conoscono con esattezza le caratteristiche idrologiche dei terreni e se si sa “di quale acqua si nutre la vite”.

La firma isotopica dell’acqua

«La water footprint – ricorda Klemen Lisjak dell’Istituto agrario della Slovenia, coordinatore del progetto Acquavitis - calcolata per ogni bottiglia di vino arriva a oltre 700 litri di acqua, un valore elevato. Per ottimizzare l’uso delle risorse idriche è necessario aumentare le conoscenze sulla circolazione di acqua e sul fabbisogno da parte della vite».

Per aumentare queste conoscenze il progetto Acquavitis ha fatto ricorso a valutazioni molto sofisticate verificando le modificazioni stagionali della firma isotopica dell’acqua nel sistema vigneto.

«Le molecole di acqua non sono tutte identiche – puntualizza Barbara Stenni dell’Università Ca’ Foscari di Venezia –. I diversi isotopi di idrogeno e ossigeno formano infatti molecole caratterizzate da peso diverso e diversa tensione di vapore».

La molecola H-H-16O è la più abbondante e la più leggera, ma esistono altre forme più pesanti (ad esempio H-H-18O). Le loro diverse concentrazioni caratterizzano la firma isotopica dell’acqua, un valore che è condizionato dalla temperatura e che cambia ad ogni cambiamento di fase originando precipitazioni con valori sempre più negativi all’aumentare della quota in cui si verificano.

Un dato che, grazie alla sua stretta correlazione con le temperature, viene utilizzato per lo studio del clima del passato e per misurare l’effetto del climate change, ma che all’intero del progetto Acquavitis viene utilizzato per mappare le precipitazioni ed evidenziarne la stagionalità, per analizzare la provenienza dell’acqua presente nei diversi orizzonti dei suoli dei vigneti.

«L’acqua di ogni precipitazione – spiega Luca Zini dell’Università di Trieste - ha una sua specifica firma isotopica che viene mantenuta quando quest’acqua si infiltra nel suolo e viene utilizzata dalle piante».

«Monitorando l’acqua presente nella linfa xilematica puntiamo a stabilire quali fonti utilizzino le viti nelle diverse stagioni e quanto sono in grado di accedere alle risorse idriche nel terreno in ambienti caratterizzati da diversi profili mineralogici. Al termine del progetto saremo in grado di elaborare modelli della circolazione idrica sotterranea di tutta l’area di competenza del progetto».

Le profonde trincee e le esplorazioni "speleologiche" per il campionamento delle acque sotterranee nell'ambito del progetto Acquavitis

Falde profonde

Un’area particolare perché caratterizzata dal fenomeno del carsismo. L’analisi dei profili è stata compiuta in sei diversi vigneti posti su profili pedologici caratterizzati da matrici con diversa porosità.

In una di queste località (Ceroglie) sono state rinvenute cavità naturali a 7 metri di profondità ed è stata dimostrata la capacità della vite di utilizzare questa fonte idrica.

In altre località (ad esempio a Comeno, in Slovenia), è stata dimostrata la capacità della vite di approfondire le radici nella matrice rocciosa calcarea. «L’annata 2020 – spiegano Stenni e Zini – è stata ricca di precipitazioni anche estive e non ha consentito di mettere in evidenza particolari differenze nell’utilizzo delle fonti idriche nella maggioranza delle località esaminate tranne a Comeno, dove possiamo assumere che le viti abbiano prelevato l’acqua dagli strati superficiali in giugno e da agosto a settembre si siano approvvigionate principalmente negli strati più profondi».

L’analisi verrà ripetuta anche nel corso di questa annata e può diventare significativa alla luce della forte diminuzione delle precipitazioni invernali che stiamo registrando negli ultimi anni, e quindi della possibile difficoltà a rimpinguare le acque di falda. Dati che, una volta che saranno inseriti nel portale www.acquavitis.eu , potrebbero risultare di vitale importanza per la pianificazione dell’irrigazione in deficit.


Gli obiettivi

Acquavitis, soluzioni innovative per l’uso efficiente dell’acqua in viticoltura transfrontaliera (www.ita-slo.eu/it/acquavitis), mira a sviluppare e sperimentare tecnologie e soluzioni innovative per la protezione, l’uso efficiente delle risorse idriche, la pianificazioni dei rischi associati agli eventi estremi, contrastare i cambiamenti climatici. Il progetto vede il coinvolgimento di 15 aziende viticole per implementare efficaci modelli di gestione economica.


Un portale di conoscenza

«La piattaforma bilingue www.acquavitis.eu - illustra Blaz Barboric, dell’Istituto geodetico sloveno – è già online e sarà progressivamente alimentata con i dati ricavati dal progetto di ricerca». Il portale, di libero accesso, è strutturato in 4 moduli dedicati a:

  • temperatura e clima, con i dati agrometeorologici di 8 stazioni meteo;
  • la rappresentazione del potenziale idrico dei vigneti delle diverse località;
  • il rilievo rapido dello stress idrico attraverso immagini multispettrali e iperspettrali ottenute tramite satellite o drone;
  • i riscontri analitici provenienti dai diversi vigneti.

Un modello che può essere adottato anche in altri territori e che ha le potenzialità per rivoluzionare la gestione dell’irrigazione del vigneto.


Il ricalcolo del Kc

Il primo problema che ha dovuto affrontare il team guidato da Sivilotti per la messa a punto del bilancio idrico dei vigneti friulani e sloveni deriva dalla mancanza di indicazioni riguardo al coefficiente colturale (Kc).

«Le valutazioni disponibili in letteratura derivano infatti principalmente da studi eseguiti in climi aridi». Qui siamo invece in teoria nel territorio più piovoso d’Italia (un record messo in discussione dal climate change). Per raggiungere l’obiettivo sono state compiute specifiche esperienze presso l’Azienda Servadei dell’Università di Udine utilizzando 16 lisimetri che consentono di misurare la variazione di peso giornaliero causata dall’evapotraspirazione.


I partner del progetto

Una migliore gestione della risorsa acqua - Ultima modifica: 2021-07-12T20:55:53+02:00 da Lorenzo Tosi

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