I Piwi alla prova dei fatti in Lombardia

Nell’incontro tecnico organizzato nell’ambito del progetto Vitaval, i risultati del primo anno di osservazione di varietà Piwi in diversi ambienti di coltivazione all’interno della regione. Con spunti di mercato e idee chiare per il futuro delle Igt coinvolte nella loro coltivazione

Accolto dall’Aula Magna di Unimont, unità distaccata dell’Università Statale di Milano, con sede a Edolo (BS), si è tenuto lo scorso 16 maggio il secondo incontro tecnico organizzato nell’ambito del progetto Vitaval, finanziato dalla Misura 16.1 del PSR Regione Lombardia e finalizzato alla valutazione dell’adattamento dei vitigni Piwi agli ambienti di coltivazione lombardi.

A fare gli onori di casa, in apertura dei lavori, sono stati la prof.ssa Anna Giorgi, responsabile della sede universitaria di Edolo, e l’Arch. Tino Tedeschi, Presidente del Consorzio Igt Valcamonica, che del progetto Vitaval è capofila, con partner l’Università degli Studi di Milano, la Comunità Montana di Valle Camonica – Ente gestore Parco Adamello, la Fondazione Fojanini e dieci aziende vitivinicole camune, valtellinesi, bergamasche e lecchesi.

Gli oltre trecento partecipanti collegati da tutta Italia e le decine in presenza sono testimonianza dell’elevato interesse che questo argomento continua a suscitare negli operatori del settore.

La Valcamonica culla dei Piwi in Lombardia

Devid Stain, Segretario dell’Associazione Piwi Lombardia e Presidente della Cooperativa Alpi dell’Adamello, che per statuto produce vini solo con varietà Piwi, ha posto l’accento sul fatto che la Valcamonica ha sempre mostrato un forte interesse per le varietà resistenti e ha iniziato a impiantarne piccole superfici molti anni addietro. Le diverse aree vitae della Valle, classificabili in base all’Indice di Winkler, non sono tutte ugualmente vocate alla coltivazione di queste varietà, ma l’auspicio è che presto le varietà attualmente in osservazione passino allo stato di idonee alla coltivazione e che vengano superati i limiti al loro impiego, così come auspicabile sarebbe l’ingresso della zona produttiva di Edolo in una Igt.

PRESENTAZIONE DEVID STAIN

Vini con grandi potenzialità di mercato

Diversamente dalle regioni limitrofe, la Lombardia presenta una viticoltura estremamente eterogenea, ha sottolineato Lucio Brancadoro, Università di Milano. Questo permette, all’interno del progetto Vitaval, di testare l’adattabilità dei vitigni Piwi in ambienti di coltivazione anche molto diversi fra loro. Sono 28 le aziende vitivinicole lombarde che oggi producono vini da Piwi – quasi tutte ubicate nella zona dell’arco alpino - con Bronner, Solaris, Souvigner gris e Johanniter tra le più utilizzate. L’ubicazione delle aree in cui i Piwi sono maggiormente coltivati si spiega con la precocità di queste varietà e il loro relativamente contenuto fabbisogno termico. Esse sono inoltre caratterizzate da una generale buona tenuta dell’acidità e da una semplificazione della loro gestione in vigneto, per il minor numero di trattamenti necessari, e quindi da una minor necessità di manodopera, fatto non trascurabile in ambienti di “viticoltura eroica”.

La prevalenza di coltivazione di varietà a bacca bianca è accompagnata da un’elevata incidenza del numero di vini prodotti come spumanti metodo classico, tipologia per la quale la Lombardia ha una indubbia vocazione. Se a ciò aggiungiamo che questi vini sono potenzialmente più salubri per il ridotto contenuto di residui di fitofarmaci, comprendiamo come i vini lombardi da Piwi abbiano un potenziale di successo di mercato molto elevato nell’attuale contesto storico. Per rendere più riconoscibili questi vini è importante che le Igt all’interno delle quali vengono coltivati i Piwi consentano l’uso del nome della varietà in etichetta, cosa che è già possibile in alcune di esse e che sarà presto possibile anche per la Igt Valcamonica, grazie a un’imminente modifica del disciplinare.

PRESENTAZIONE LUCIO BRANCADORO

Le performance produttive dei Piwi in Lombardia

I dati illustrati da Davide Modina (Università di Miano), desunti dalle osservazioni condotte nel corso del 2023 su diversi Piwi coltivati in ambienti differenti, compresi i due campi di confronto varietale in Oltrepò Pavese e in Valtellina, hanno permesso di giungere ad alcune prime conclusioni sulle performance produttive delle varietà testate. In sintesi, a caratterizzare questi vitigni (in particolare quelli a bacca bianca) è una generalizzata precocità di maturazione spesso unita al mantenimento di livelli acidici molto interessanti. Maggior variabilità si riscontra invece nelle rese, che talora si rivelano più elevate per i Piwi rispetto a vitigni tradizionali presi come riferimento, principalmente per effetto di un maggior peso medio del grappolo.

PRESENTAZIONE DAVIDE MODINA

Gestire al meglio la fase di cantina

Non occorre inventare nuove tecniche di vinificazione per ottenere vini di alto valore qualitativo dai vitigni Piwi, ma semplicemente conoscerne a fondo le caratteristiche compositive, in ogni vendemmia, per sfruttare al meglio tutte le tecniche che l’enologia contemporanea ci mette a disposizione, sempre in un’ottica di un loro impiego più ridotto possibile. Questo il messaggio lanciato da Emilio Celotti (Università di Udine), che ha anche sottolineato l’importanza di effettuare test sensoriali dei prodotti ottenuti, che talora, quando pongono i vini da Piwi a confronto con vini prodotti da varietà tradizionali, ne evidenziano una sostanziale indistinguibilità da questi ultimi. L’esempio portato dal Professore sulle esperienze condotte all’interno della Docg Lison Classico mettendo a confronto Tocai friulano, Soreli e Fleurtai è stato illuminante da questo punto di vista.

PRESENTAZIONE EMILIO CELOTTI

Doc o Igt?

Carlo Alberto Panont, direttore del Consorzio Riviera del Garda Classico – Valtenesi, ha fatto il punto sull’attuale quadro legislativo, che di fatto impedisce l’uso di varietà Piwi per la produzione di vini a Denominazione di Origine. Panont ha tuttavia lanciato la provocazione di lavorare fin da ora, e in attesa di uno sblocco sul fronte legislativo, nella direzione della creazione di una Doc Alpi Lombarde che riunisca le Igt Valcamonica, Sebino, Terre Lariane e Alpi Retiche (che diventerebbero Uga della Doc), prevedendo nella piattaforma ampelografica di questa Doc la presenza delle Piwi rivelatesi più performanti negli ambienti di coltivazione coinvolti.

PRESENTAZIONE CARLO ALBERTO PANONT

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I Piwi alla prova dei fatti in Lombardia - Ultima modifica: 2024-05-22T10:29:52+02:00 da Redazione

2 Commenti

    • Grazie mille per la segnalazione. In realtà avevo tralasciato anche quelle lecchesi, per cui ho provveduto ad aggiungere entrambe.
      Un caro saluto, Costanza Fregoni

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