Un convegno organizzato da Uiv all'interno di Fieragricola 2018

Vocazionalità, conoscenza e trasferimento tecnologico contro i mutamenti climatici

La difesa in vigneto e la qualità di mosti e vini in cantina
La relazione di Dino Zardi. Alla sua destra, Mattia Vezzola. Alla sua sinistra, Massimo Bertamini, Ilaria Pertot e Andrea Lucchi.

Ridurre il fenomeno dei mutamenti climatici a una mera questione di incremento delle temperature medie e a un problema di anomalie pluviometriche è riduttivo. Almeno tanto quanto lo è puntare al semplice spostamento dei vigneti a quote maggiori come unica soluzione agli squilibri compositivi dei mosti di annate calde. O come attendersi necessariamente una gestione della difesa del vigneto più complicata negli anni a venire. Il convegno organizzato da Uiv nell'ambito di Fieragricola 2018 e moderato da Massimo Bertamini (Università di Trento e Fondazione Mach) - I cambiamenti climatici e la difesa del vigneto, questo il titolo - lo ha chiaramente dimostrato.
Il fisico Dino Zardi (Università di Trento) ha descritto la correlazione esistente tra i cambiamenti che intervengono anche in una sola variabile climatica e gli squilibri più ampi che ne conseguono, non sempre di facile lettura. "All'aumento di un grado di temperatura dell'atmosfera si incrementa del 7% la sua capacità di trattenere umidità, il che significa che l'evaporazione di acqua dalla superficie terrestre subisce un incremento più che proporzionale all'aumentare della temperatura dell'atmosfera stessa". E il futuro cosa ci riserva? Le proiezioni fornite dal Panel Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (Ipcc) indicano che nel 2100, in assenza di inversioni di tendenza, gli incrementi di temperatura creeranno situazioni decisamente insostenibili a livello agricolo, mentre decidendo di dimezzare le emissioni ogni 5 anni possiamo sperare di mantenere il riscaldamento globale ai livelli attuali.
I riflessi dei mutamenti climatici sulla fitopatologia e la difesa devono essere valutati interpretando e adattando i dati globali su scala regionale e locale, fatto non sempre semplice e inevitabilmente caratterizzato da elevata incertezza, pur prevedendo l'applicazione di modelli matematici. "Siamo portati a pensare che i cambiamenti climatici favoriscano l'insediamento nei nostri ambienti di nuovi patogeni e parassiti, ma occorre ridimensionare questa convinzione e ricordare che a introdurre specie aliene è soprattutto l'uomo, coi suoi scambi commerciali", ha sottolineato Ilaria Pertot (Fondazione Edmund Mach e Università di Trento). "Anche la sincronia tra patogeni e pianta - ha aggiunto - è stata troppo a lungo sottovalutata. In un sistema complesso come l'attuale viticoltura, dove le scelte tecniche sono in continua evoluzione, a fare la differenza nell'affrontare i mutamenti in corso è la capacità di adattamento: in sintesi, flessibilità e conoscenza". Ma anche la capacità di unire le forze e collaborare, potremmo aggiungere. Ha insistito su questo la relazione di Andrea Lucchi, che ha illustrato i risultati entusiasmanti generati dalla collaborazione tra l'Università di Pisa  e un gruppo di grandi aziende vitivinicole toscane (capitanate da Guado al Tasso, Antinori) in un progetto per il contenimento della cocciniglia Planococcus ficus mediante lanci in vigneto di insetti antagonisti, Anagiridi e Coccinellidi. Partito da alcune decine di ettari, il progetto arriverà a coprire nel 2018 a circa 1300 ettari di vigneto in blocco unico, grazie all'adesione di altre aziende della zona. Un risultato doppiamente importante, per la riduzione di applicazioni di insetticidi e per il trasferimento tecnologico operato sul territorio da parte dell'Università, che ha attivamente formato e informato tutti gli operatori a vario titolo coinvolti.
Le riflessioni emerse durante il convegno hanno riguardato anche la qualità in senso ampio, con particolare riferimento alla longevità del vino, vero generatore di valore aggiunto secondo l'enologo Mattia Vezzola. La gestione del vigneto (potatura verde e rese) ci può aiutare senz'altro a ritardare di qualche giorno la vendemmia nelle annate calde, ma senza vocazionalità territoriale e cernita delle uve (in pianta!) non ci può essere qualità, ha asserito Vezzola. E al centro della preoccupazione del produttore ci deve essere soprattutto la costanza della qualità, ancora una volta legata alla vocazionalità ma anche all'età del vigneto. In questo senso la gestione razionale della sanità della pianta assume un ruolo fondamentale, per ridurre le fallanze e la necessità di frequenti sostituzioni, che abbassano l'età media delle vigne. Tutte le forme di viticoltura, senza distinzione, dovrebbero secondo Vezzola tendere a una coltivazione responsabile e alla massima espressione del territorio. La stessa terminologia con cui descriviamo i vini andrebbe rivisitata e, come sostiene Jacky Rigaux (Università della Borgogna), riscoprire tutti quei descrittori che riportano alla terra di origine del prodotto, in una analisi di tipo geosensoriale.

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Per saperne di più
Si terrà a Rovereto (TN) dal 16 al 18 novembre 2018 la quarta edizione del Festival della Meteorologia (qui le info sull'edizione 2017).
Nel settembre 2018 partirà il nuovo Corso di laurea magistrale in Meteorologia Ambientale. Un percorso di studi che non esisteva in Italia, che si svolgerà nelle due sedi universitarie di Trento (primo anno) e Innsbruck, Austria (secondo anno) e fornirà un diploma di laurea a duplice valenza.

Vocazionalità, conoscenza e trasferimento tecnologico contro i mutamenti climatici - Ultima modifica: 2018-02-06T13:02:32+01:00 da Redazione

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